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I ticinesi, le pietre e la storia

L'edilizia nell'Italia moderna, il ruolo dei ticinesi swissinfo.ch

Partivano dalle regioni alpine e prealpine per costruire le città. L’attività edilizia dell’Italia e dell’Europa moderna è infatti anche una storia di migrazione.

La storia di lavoratori specializzati e capaci inseriti nei circuiti della manodopera e nell’organizzazione dei cantieri.

Una realtà che tocca da vicino anche il Ticino, la cui vocazione per l’architettura – con i suoi celebri protagonisti – si perde nella notte dei tempi. Sì perché architetti, muratori, capomastri lasciarono le terre ticinesi verso altri mondi, grandi e piccole realtà, da costruire.

I segni della presenza ticinese sono stati ricordati nel quadro di due giornate di studio dedicate a “L’economia della costruzione nell’Italia moderna” e organizzate dall’Istituto di Storia delle Alpi (ISAlp) dell’Università della Svizzera italiana e dall’Archivio del Moderno dell’Accademia di Architettura.

Rileggere la storia con occhi nuovi

L’incontro si inserisce nel quadro di un ampio progetto dell’Ecole Française di Roma coordinato da Jean François Chauvard (Université Marc Bloch di Strasburgo) e Luca Mocarelli (Università di Milano-Bicocca) il cui obiettivo è di guardare con un nuovo sguardo storico l’importanza e l’impatto dell’attività edilizia nell’Italia moderna.

Si tratta, in particolare, di “correggere” lo sguardo degli storici dell’Ottocento, le cui visioni erano legate ad un concetto parziale di economia, nella misura in cui la forza economica veniva attribuita unicamente ad attività mercantili.

Di conseguenza gli apprezzamenti sugli investimenti in campo edilizio dell’età moderna furono viziati dal peccato originale del pregiudizio. Tanto da creare un legame diretto tra il peggioramento della congiuntura economica e il declino degli scambi commerciali da un lato e gli investimenti edilizi nelle città italiane dall’altro.

I “Capo Maestri Luganesi”

La perizia e l’abilità dei ticinesi ha dunque lasciato segni e tracce profonde nella storia, a dimostrazione che l’attività edilizia è davvero parte integrante di questo popolo. Risalendo a ritroso il tempo, scopriamo (o riscopriamo) che le testimonianze, anche quelle meno note, sono numerose.

“Le lettere di Giacomo Quarenghi, con Charles Cameron il principale architetto di Caterina II – ricorda per esempio lo storico Nicola Navone, dell’Archivio del Moderno – attestano ripetutamente la presenza pervasiva di costruttori ticinesi nei cantieri russi”.

Perché pervasiva? In alcuni passaggi dei suoi carteggi Quarenghi, riferendosi ai “Capo Maestri Luganesi”, parla addirittura di una “truce lobby, tanto da indurre l’architetto bergamasco a raccomandare l’assunzione di suoi conterranei”.

Ma la fama dei ticinesi vince ogni sospetto. “E’ nel ruolo di tecnici e costruttori – sottolinea Navone – che si affermano in Russia i numerosi architetti e capomastri provenienti dall’attuale Canton Ticino”. Ai quali si riconosce non soltanto la perizia tecnica, ma anche la capacità di salvaguardare i propri interessi stringendo salde reti di alleanze e di relazioni.

Da San Pietroburgo a Bologna

E queste fitte reti di relazioni sono documentate anche nelle realtà di Bologna e Genova, dove i ticinesi lasciarono importanti tracce. Nella sua relazione Letizia Tedeschi, direttrice dell’Archivio del Moderno, ripercorre la presenza ticinese a Bologna, ai tempi del conte Luigi Ferdinando Marsili.

Nella Bologna di Marsili – uomo di cultura, abile guerriero e fine scienziato – spiccano i nomi delle maestranze ticinesi: Giuseppe Lanfranchini, Michele Pietro Fontana, Andrea Arcioni, tutti con ottime credenziali.

Di origine ticinese, dunque, vere e proprie squadre di lavoratori capaci di disegnare, costruire e decorare qualsiasi manufatto. I lavoratori, che coniugavano sapere e addestramento sul campo, erano inoltre legati da una straordinaria solidarietà.

Partir per Genova e il Ponente ligure

Attraverso una paziente ricostruzione Stefania Bianchi, ricercatrice associata dell’ISAlp, ripercorre le vicende di alcune maestranze della Valle di Muggio (nel sud del Ticino) impegnate nel settecentesco rinnovamento edilizio dalla città di Genova.

In primo piano la famiglia Cantoni di Cabbio (Valle di Muggio), i cui discendenti hanno lavorato nei cantieri genovesi. Il nome dei Cantoni è in particolare legato, nella storia dell’architettura genovese, alla creazione della Strada Nuova, oggi Corso Garibaldi.

Provengono prevalentemente dalla Valle di Muggio anche i costruttori di Palazzo Rosso: dal responsabile del cantiere, ai maestri da muro fino agli stuccatori. Un’abilità rinomata, la loro, che si traduce anche nell’organizzazione dei lavori a Palazzo Ducale.

Non va tuttavia dimenticato che nella trama di queste migrazioni si inseriscono intrecci e tradizioni familiari, saperi e abilità manuali, scambi e conoscenze, esigenze economiche.

“Gli indotti del lavoro lontano da casa – spiega Bianchi – sono spesso rilevanti e consentono di consolidare gli investimenti in patria, valvola di sicurezza per eventuali momenti di magra”. A cui si aggiunge, poi, il riconoscimento sociale.

swissinfo, Françoise Gehring, Lugano

Nella Russia di Caterina II i capomastri luganesi erano conosciuti per la loro unione e solidarietà
A Bologna, nell’epoca di Luigi Ferdinando Marsili (1658-1730), numerosi ticinesi si distinguono per le loro qualità
La famiglia Cantoni della Valle di Muggio lascia un’importante impronta a Genova

La rilettura delle pagine del grande libro della Storia, permette di ricordare quanto sia profonda la tradizione edilizia dei Ticino: non soltanto terra di artisti e architetti, ma anche di muratori, di stuccatori, di instancabili lavoratori della pietra.

Un convegno svoltosi a Lugano ripropone le storie di numerosi lavoratori.

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