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I trattati di Schengen e di Dublino nel mirino elvetico

L'adesione della Svizzera al trattato di Schengen sancirà la fine dei controlli alle frontiere elvetiche con l'UE Keystone Archive

La Svizzera valuta con crescente impegno la possibilità di aprire con l'Unione Europea negoziati di collaborazione in materia di polizia, giustizia asilo e migrazioni, nel quadro degli accordi di Schengen e Dublino. Nei prossimi giorni la Confederazione dovrebbe ricevere dai cantoni un mandato negoziale in tal senso.

Già nel corso del 1999 il nostro paese aveva stretto accordi con gli stati confinanti in materia di assistenza giudiziaria, di polizia e di collaborazione transfrontaliera, per cercare di limitare le conseguenze della sua esclusione dall’Unione Europea. Ma per la sua sicurezza interna, ideale sarebbe che la Svizzera venisse inclusa nello spazio di sicurezza comune degli stati membri dell’UE (dal quale sono per il momento ancora esclusi la Gran Bretagna ed alcuni stati del Nord Europa).

Per sviluppare una politica coerente con quella applicata a livello continentale nel controllo dei movimenti migratori e delle richieste d’asilo, nella lotta alla criminalità e nell’assistenza giudiziaria, da tempo il Consiglio federale aveva auspicato la possibilità di entrare nel sistema di sicurezza interna istituito in seno ad undici paesi dell’UE ed aperto alla partecipazione degli altri paesi membri.

Tale sistema poggia su due trattati: quello di Schengen, che permette lo scambio d’informazioni di polizia e realizza l’unificazione del sistema di controllo alle frontiere dello “spazio Schengen”; e quello di Dublino, in base al quale un profugo che fa domanda d’asilo politico in uno dei paesi firmatari non può presentare la stessa domanda in un altro paese aderente all’intesa.

Il Consiglio federale ha già avviato colloqui a livello di esperti per sondare la fattibilità di un’adesione della Svizzera agli accordi di Schengen e Dublino, soprattutto in vista dell’entrata in vigore dell’accordo bilaterale con l’UE sulla libera circolazione delle persone. L’avvento della libera circolazione sarà comunque la premessa politica – ha precisato la consigliera federale Ruth Metzler – che potrà rendere possibile un’eventuale adesione allo “spazio Schengen”. Ora il governo sta valutando i risultati dei colloqui tenuti finora, alla luce dei «segnali positivi giunti da Bruxelles».

L’eventuale adesione al trattato di Schengen comporta il potenziamento dei controlli alle frontiere esterne, una politica comune in materia di visti e di asilo, un miglioramento della collaborazione transfrontaliera in materia di polizia e uno scambio d’informazioni su persone ricercate o indesiderate. Eventuali lacune nel dispositivo di sicurezza che si vengono a creare con l’abolizione dei controlli alle frontiere interne vengono compensate con misure fiancheggiatrici o compensatorie. Gli stati membri possono decidere autonomamente come impostare dette misure.

Se la Svizzera dovesse aderire al trattato di Schengen, sarebbe trattata come uno stato membro e dovrebbe quindi adottare le proprie misure fiancheggiatrici per compensare la soppressione dei controlli fissi alle frontiere. Questa questione è attualmente oggetto di approfondimento e di colloqui con i cantoni. I controlli delle merci sarebbero comunque mantenuti; ma la Svizzera, pur collaborando alla preparazione di nuove soluzioni, non avrà nessun diritto di codecisione.

Altri temi oggetto d’approfondimento sono la protezione dei dati, la collaborazione in materia di polizia e di giustizia, l’assistenza giudiziaria e amministrativa.I cantoni dovrebbero pronunciarsi al più presto, anche se – ha ribadito la ministra Metzler – «non c’è fretta».

Un secondo incontro a livello di esperti con rappresentanti della Commissione europea è tuttavia già previsto. E il Consiglio federale probabilmente riprenderà in mano il dossier a maggio e darà incarico di preparare mandati negoziali preliminari.

Silvano De Pietro

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