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Il “capitale sociale”, un indicatore di benessere

Chi dispone di una fitta rete di amicizie gode di più il tempo libero, ha più facilità a fare gli scambi culturali e può accedere a delle informazioni che possono procurare benefici anche materiali.

Si tratta quindi di un’importante risorsa personale.

“Il capitale sociale è uno stock che comprende le norme sociali e i valori condivisi, le reti di relazioni interpersonali informali e le organizzazioni volontarie che costituiscono un fattore per la produzione di benessere”, spiega Franco Sabatini, professore all’Università “La Sapienza” di Roma.

Più in generale, il capitale sociale aiuta le persone a coordinarsi e ad agire collettivamente. Per esempio, un’associazione scolastica formata dai genitori degli studenti può migliorare la qualità dell’insegnamento più efficacemente degli interventi dei singoli genitori.

Un bene pubblico

Il capitale sociale presente in una società non va soltanto a vantaggio dei singoli individui. È anche un bene pubblico poiché genera benefici che non riguardano soltanto le persone coinvolte in una data associazione, ma un gruppo di individui più ampio.

Il carattere di bene pubblico delle organizzazioni volontarie viene riconosciuto anche dalla Banca Mondiale, la quale considera il capitale sociale un vero e proprio strumento di politica economica per combattere la povertà.

Il concetto di capitale sociale è stato elaborato all’inizio del 20° secolo ma è finito presto nel dimenticatoio. È stato riscoperto solo verso la fine degli anni Ottanta, soprattutto grazie ai lavori del sociologo francese Pierre Bourdieu e del politologo americano Robert Putnam.

“Il volume del capitale sociale posseduto da un agente dipende generalmente dall’estensione del raggio di relazioni sociali che questi può effettivamente intrattenere e mobilitare in conseguenza del possesso di altre forme di capitale”, ha scritto Bourdieu.

Robert Putnam e le tradizioni civiche in Italia

Con la pubblicazione, nel 1993, del libro “Making Democracy Work. Civic Traditions in Modern Italy” (“La tradizione civica nelle regioni italiane”, Mondadori) Roberto Putnam ha contribuito in modo importante a diffondere il concetto di capitale sociale. Non a caso si tratta della ricerca più citata nelle scienze sociali nel corso degli anni Novanta.

Nel suo libro Putnam spiega perché nelle regioni dell’Italia centro-settentrionale le istituzioni democratiche hanno avuto successo, contrariamente alla situazione nel Sud del Paese. Secondo Putnam il motivo principale è che nel centro-nord vi è una tradizione repubblicana ed egualitaria dei “liberi comuni”, sviluppatasi sin dal Medioevo, mentre nel Sud le strutture del potere erano quasi sempre gerarchiche e autocratiche.

Putnam ha quindi individuato un legame tra la il capitale sociale e l’efficienza delle istituzioni amministrative regionali. La sua ipotesi è che il governo democratico sia rafforzato dal confronto con una vigorosa comunità civica intessuta di relazioni di fiducia, di norme di reciprocità e di impegno civico. Inoltre, laddove il capitale sociale è forte si verifica non solo un buon funzionamento dell’amministrazione pubblica ma anche un miglior rendimento dell’economia e addirittura, a lungo termine, la crescita del reddito.

swissinfo, Nenad Stojanovic

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