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Il “Sonderfall” Ticino

In Ticino ha avuto successo la campagna degli oppositori all'ONU, secondo i quali la Svizzera è già sufficientemente attiva all'estero con le sue organizzazioni umanitarie Keystone Archive

Il Ticino ha bocciato l'adesione alle Nazioni Unite con 56.720 voti, contro 33.913 sì. Una conferma della decisa opposizione dei ticinesi a qualsiasi apertura nella politica estera svizzera.

Ancora una volta sulle grandi scelte di politica internazionale il Ticino sembra distanziarsi nettamente dalle posizioni dei cantoni latini, per arroccarsi con le regioni delle cosiddetta Svizzera primitiva nella difesa dell’isolazionismo elvetico. A sud delle Alpi, i miti nazionali del “Sonderfall” e dell'”Alleingang”, ossia la specificità elvetica e il bisogno di andare avanti da soli sul palcoscenico della storia, non sembrano essere solo prerogativa della destra, ma come notano gli osservatori politici, hanno robuste radici in quasi tutti i partiti e nella società.

Se nel 1986 il Cantone è stato tra i meno decisi nel bocciare il primo tentativo del Consiglio federale di portare la Svizzera nell’Onu, la nascita della Lega dei ticinesi ha contribuito a rafforzare la tendenza isolazionista. Non per niente i primi cavalli di battaglia della Lega – fondata agli inizi degli anni ’90 da Flavio Maspoli e Giuliano Bignasca, oggi entrambi deputati a Berna – sono stati l’opposizione all’Onu e all’Unione Europea.

E’ stata proprio la Lega a trainare con successo nel ’92 la campagna contro l’adesione svizzera allo Spazio economico europeo, e due anni dopo a promuovere la raccolta di firme per il referendum contro i “Caschi blu”, facendo naufragare il progetto per un corpo militare rossocrociato da affiancare alle milizie delle Nazioni Unite. Ed è ancora la Lega, assieme all’Udc, a sostenere nel maggio del 2000 il No agli accordi bilaterali tra Svizzera e Unione Europea, approvati da tutti i Cantoni ad eccezione del Ticino e di Svitto.

Un Cantone che si sente a disagio e sulla difensiva, secondo il Consigliere nazionale liberale radicale Fulvio Pelli:” Da qualche anno vota sempre No, senza riuscire a concentrarsi sul proprio futuro. Ci si limita a reagire negativamente a tutte le proposte che arrivano da Berna”.

Quasi una costante

Con il voto di domenica, il Ticino si distanzia per la quarta volta dalla politica estera del Consiglio federale e del Parlamento. Un’opposizione in cui giocano diversi fattori, abilmente sfruttati dalla Lega e dall’Udc.

Valori come la neutralità svizzera, la difesa della sovranità nazionale e del modello di democrazia diretta, vengono mixati con il risentimento verso Berna, che secondo leghisti e democentristi, continua a ignorare e snobbare bisogni e rivendicazioni del Ticino. Un risentimento che si alimenta anche da croniche paure legate alla posizione di frontiera, come ha dimostrato il rifiuto dei Bilaterali, per l’impatto che i trattati sulla libera circolazione delle persone e sui trasporti terrestri possono avere sull’economia cantonale. Timori, che a torto o a ragione condizionano ogni tentativo di apertura.

Reazioni discordanti

Chiara Simoneschi Cortesi, consigliera nazionale popolare democratica è soddisfatta per il risultato nazionale, ma amareggiata per il voto ticinese: “Un atteggiamento di chiusura – dice – motivato dalla paura su cui la destra, Lega e Udc, fanno sempre leva. In occasione dei Bilaterali si è ventilata la minaccia del dumping salariale, della disoccupazione e della concorrenza delle imprese estere. Senza rendersi conto che proprio questi accordi possono stimolarci a migliorare i nostri atout economici e imprenditoriali”.

Per la deputata, ora, invece, si è agitato lo spettro della perdita della neutralità: ” Un discorso – afferma – che non poteva più reggere agli occhi dell’opinione pubblica, poiché la nostra posizione di semplici osservatori nell’Onu era ormai insostenibile. I cittadini hanno capito che questa apertura non comporta pericoli di sorta. Che, anzi, entrando a pieno titolo nelle Nazioni Unite possiamo direttamente influire su tutti quei problemi internazionali che interessano direttamente anche la Svizzera”.

Per il Consigliere nazionale leghista Flavio Maspoli, l’adesione non ha riscosso una grande vittoria, e il voto mostra un Paese nettamente spaccato in due: ” Comunque – dice – bisogna sempre accettare la volontà del popolo. Però è altrettanto certo che nel Paese, non c’è un grande entusiasmo per l’ingresso della Confederazione nelle Nazioni Unite”.

Roger Etter, Gran consigliere dell’Udc e membro del comitato cantonale per il NO, si dice, invece, preoccupato per il futuro: “La Svizzera ha perso un’occasione per restare un paese credibile, ma perdiamo anche un pezzo della nostra libertà. Vedremo se il Governo sarà di parola nel salvaguardare la nostra neutralità, non trascinare i soldati svizzeri in guerre che non ci riguardano e non scaricare sui cittadini nuovi costi per finanziare questa adesione”.

Libero D’Agostino

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