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Il ciclone “Victory” sull’industria elvetica

Il gruppo tecnologico bernese Ascom è l'ultimo acquisto "svizzero" dei finanzieri austriaci (foto: Imagepoint) Keystone

Le recenti acquisizioni di società industriali svizzere da parte della holding austriaca Victory hanno suscitato parecchi interrogativi in merito alle reali intenzioni dei nuovi potenti investitori.

I timori riguardano la possibilità di manovre di pura speculazione finanziaria a danno del tessuto industriale svizzero. Nel frattempo, anche i politici chiedono più trasparenza nel settore.

Con una metafora meteorologica, si potrebbe dire che da due anni un ciclone proveniente dalla vicina Austria imperversa su parte del settore industriale svizzero.

Victory Holding, una società di partecipazioni viennese, sta infatti facendo man bassa di aziende che in passato figuravano tra gli esempi più limpidi della lunga tradizione industriale svizzera ma che recentemente hanno dovuto fare i conti con fasi tribolate e con ristrutturazioni più o meno importanti.

Le operazioni sono iniziate nel 2005, quando la Victory Holding è diventata azionista di maggioranza del gruppo Oerlikon (ex Unaxis), che nel frattempo ha pure assunto il controllo della ex-produttrice di veicoli pesanti Saurer. Nuovo botto a metà gennaio 2007, quando gli austriaci conquistano il 20% del capitale del gruppo tecnologico bernese Ascom. E già si parla di una prossima possibile acquisizione di Sulzer.

“Scopo delle transazioni? Ampliare il nostro portafoglio di partecipazioni”, indicava la vaga nota diffusa da Victory Holding dopo l’annuncio della crociata su Ascom. Ronny Pecik, uno dei due proprietari della società austriaca, ha pure dichiarato di puntare ad “una chiara strategia di crescita a lungo termine delle aziende”.

Ma i dubbi permangono: i nuovi investitori sono tutto fuorché degli industriali navigati e l’ipotetica integrazione delle varie aziende risucchiate dal gruppo Victory non sembra rispondere ad alcuna logica industriale.

Le importanti manovre finanziarie della società austriaca su territorio elvetico e le relative strategie restano dunque piuttosto oscure.

Per un’industria sana o utili immediati in borsa?

“Non si tratta di protezionismo”, dice a swissinfo Johann Schneider-Ammann, una delle voci più autorevoli ad aver espresso il proprio scetticismo di fronte a queste operazioni.

Secondo il deputato liberale-radicale e presidente di Swissmem, l’associazione mantello dell’industria metalmeccanica ed elettrica, “non è importante che gli investitori siano svizzeri o meno, ma che abbiano delle strategie chiare e delle logiche industriali: le nostre industrie, che immettono sui mercati numerosi prodotti innovativi, non possono essere trasformate in oggetti di speculazione”.

Il tenore di gran parte dei numerosi commenti apparsi sulla stampa è costante: se i nuovi proprietari opereranno in un’ottica aziendale preservando il capitale ed investendo nel futuro delle società non ci saranno problemi. Ma se, per ottenere vantaggi finanziari a breve termine, imporranno ristrutturazioni, svendite o fusioni, allora le aziende e l’industria svizzera in generale rischieranno di pagare pesanti dazi.

“Effettivamente un fossato tra il savoir-faire industriale e le strategie finanziarie può esistere”, rileva Beat Kappeler, economista ed editorialista per la “NZZ am Sonntag”. “Ciò che ha senso dal punto di vista finanziario, ad esempio la creazione di grandi conglomerati, non sempre è adatto anche per la piazza industriale di un paese”.

“Va pur detto che le intenzioni di questi austriaci non sono ancora chiare: resta dunque il beneficio del dubbio. È tuttavia certo che numerosi finanzieri o gruppi svizzeri operano esattamente allo stesso modo quando effettuano le loro acquisizioni all’estero”, aggiunge Kappeler. “Il tutto è una conseguenza di relazioni economiche internazionali sempre più intrecciate”.

Più trasparenza

Nel tentativo di rendere più complicate scalate aziendali di questo tipo, la Commissione dell’economia e dei tributi del Consiglio nazionale (una delle due camere del parlamento federale) ha appena approvato un’iniziativa parlamentare di Schneider-Ammann che chiede di dare un giro di vite alla legge sulla sorveglianza dei mercati finanziari.

La proposta, che sarà sottoposta alle camere nella prossima sessione di primavera, chiede in particolare di abbassare dal 5 al 3% la quota di acquisizione di capitale azionario oltre la quale vige l’obbligo di annunciare l’operazione e, sul modello della legislazione vigente in Europa, di includere le opzioni nel calcolo di questa soglia (finora in Svizzera erano considerate soltanto le azioni vere e proprie).

“Non vogliamo eliminare le operazioni speculative, ma renderle più trasparenti e dunque più difficili da organizzare”, spiega Schneider-Ammann.

Di tutt’altra opinione Beat Kappeler, secondo il quale la proposta d’inasprimento della legge trasuda della “solita demagogia dei politici, che quando accade qualcosa agiscono come se potessero adottare chissà quali misure al riguardo”.

“In sostanza la modifica della legge non servirà a nulla: in fase di rialzo dei mercati le acquisizioni speculative continueranno a fiorire tanto quanto oggi”.

swissinfo, Marzio Pescia

Il settore industriale in Svizzera impiega circa 1 milione di persone ed è composto da migliaia di piccole e medie imprese e da alcuni leader mondiali nei rispettivi settori d’attività.

All’interno del settore, l’industria metalmeccanica ed elettrica (MEM) conta circa 300’000 dipendenti ed è all’origine di circa il 40% delle esportazioni svizzere.

Precedendo la farmaceutica e l’orologeria, l’industria MEM è dunque il principale esportatore di prodotti industriali svizzeri.

La Victory Industriebeteiligung AG è posseduta in parti uguali dalle fondazioni private Millennium di Georg Stumpf, cittadino austriaco, e RPR di Ronny Pecik, pure austriaco.

Dal 17 gennaio la Victory controlla il 20% del gruppo bernese Ascom. La partecipazione si compone di un pacchetto del 15% di azioni e per un 5% di opzioni.

Dal momento dell’acquisizione il titolo di Ascom alla borsa svizzera vola: da inizio anno ha già guadagnato più del 60%. Reale fiducia degli investitori nei nuovi venuti o “bolla speculativa” in attesa di un’eventuale ristrutturazione?

Dal 2005 la Victory è anche azionista di maggioranza della Oerlikon, la quale a sua volta nel 2006 ha rilevato la Saurer.

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