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Il CICR conosce bene l’Iraq

Il presidente del CICR, Jakob Kellenberger si prepara al peggio Keystone

Presente in Iraq da 23 anni, il Comitato internazionale della Croce Rossa è pronto ad affrontare le conseguenze umanitarie di un eventuale conflitto.

Il suo presidente, Jakob Kellenberger, lo conferma in un’intervista accordata ai colleghi Anna Nelson e Frédéric Burnand.

La crisi irachena sta attraversando un momento cruciale. Gli ispettori dell’ONU presenteranno venerdì al Consiglio di sicurezza un nuovo rapporto concernente il processo di disarmo dell’Iraq.

Un elemento chiave nella battaglia diplomatica che oppone la Francia e i suoi alleati agli Stati Uniti, nell’ambito dello stesso Consiglio.

La posta in palio è nota. O gli ispettori delle Nazioni Unite proseguono il loro lavoro, o gli anglo-americani lanceranno ufficialmente la loro operazione militare contro l’Iraq, con o senza l’adozione di una nuova risoluzione dell’ONU.

Le organizzazioni umanitarie, come il CICR e il suo presidente, Jakob Kellenberger, si preparano comunque al peggio.

swissinfo: Qual è il grado di preparazione del CICR nei confronti di una possibile guerra in Iraq?

Jakob Kellenberger: Lo scorso ottobre abbiamo deciso di aumentare le nostre capacità nel campo dell’assistenza umanitaria in Iraq e nei Paesi vicini. Questi preparativi si sono conclusi nel corso del mese di gennaio.

In questo momento siamo in grado di assistere fino a 150’000 persone, trasferite da una parte all’altra dell’Iraq. Ma con un intervento molto rapido potremmo venire in aiuto di mezzo milione di persone. Una cifra impressionante per una sola organizzazione.

Detto ciò, ci tengo a sottolineare che il CICR non ritiene una guerra inevitabile.

swissinfo: Che cosa significa per il CICR prepararsi per una guerra, in certo qual modo imprevedibile?

J.K.: Sostanzialmente i fattori imprevedibili sono due: il modo con il quale questa guerra sarà fatta e le sue conseguenze.

Sarebbe dunque pretenzioso, da parte nostra, dire che abbiamo previsto tutte le conseguenze di questa guerra.

Non abbiamo comunque lavorato sulla base di speculazioni o di scenari di guerra. Abbiamo pianificato le nostre attività in funzione delle nostre stesse capacità.

Il CICR si trova in Iraq da 23 anni. Conosciamo dunque bene la situazione sul terreno e siamo pertanto in grado di valutare i bisogni umanitari sul posto.

Per questo motivo ci siamo concentrati sul materiale necessario per far funzionare gli ospedali e sui sistemi di approvvigionamento di acqua. Due settori nei quali potrebbero esserci delle difficoltà.

Ci aspettiamo anche che una parte della popolazione lasci le città, a destinazione dell’interno del Paese o dell’estero. Uno dei mandati del CICR è proprio quello di occuparsi di coloro che si spostano, all’interno del Paese.

Coloro che lasciano l’Iraq vengono invece assistiti dall’UNHCR, l’Alto commissariato per i rifugiati.

Se scoppia la guerra bisognerà anche registrare i prigionieri, organizzare le visite. Ci sono tante cose da prevedere.

swissinfo: Ritiene che questa guerra annunciata avrà ripercussioni sul resto del Medio Oriente?

J.K.: Credo che questo conflitto potrebbe avere delle conseguenze umanitarie per tutta la regione. Ma non vorrei fare speculazioni a questo proposito.

swissinfo: La Svizzera ha organizzato di recente a Ginevra una riunione umanitaria. Secondo il CICR quali sono i risultati concreti di questo incontro?

J.K.: Dal punto di vista del CICR questa riunione è stata un’occasione utile per uno scambio di informazioni fra i vari protagonisti. Non ha avuto un impatto sulle nostre operazioni perché le avevamo già coordinate con altre organizzazioni umanitarie e ci eravamo preparati per la guerra per mesi.

swissinfo: Alcune organizzazioni non governative accusano gli Stati Uniti di voler controllare le operazioni umanitarie. Il CICR teme per la sua indipendenza?

J.K.: In questo e in altri conflitti il Comitato internazionale della Croce Rossa non farà concessioni per quanto riguarda la sua indipendenza, la sua imparzialità o la sua neutralità.

E’ stato il caso in Afghanistan, dove le truppe americane erano presenti e attive. Siamo stati in grado di assumerci le nostre responsabilità nel rispetto dei nostri principi.

swissinfo: Avete ricevuto delle garanzie sia da parte di Washington che di Bagdad – per quanto riguarda la sicurezza dei vostri collaboratori sul terreno?

J.K.: Non abbiamo mai garanzie assolute in materia di sicurezza dei nostri collaboratori, ma per noi è una priorità.

Per questo cerchiamo di essere sicuri che la nostra presenza e la nostra attività siano accettate da tutte le parti implicate in un conflitto. Nel caso dell’Iraq, la nostra presenza è accettata dalle parti più importanti.

swissinfo: Tuttavia, a seconda dell’intensità dei combattimenti, potreste essere costretti a ritirare una parte dei vostri collaboratori?

J.K.: Il CICR ha dichiarato di voler restare in Iraq, come nel 1991. È vero però che i problemi legati alla sicurezza potrebbero obbligarci a ritirarci.

swissinfo: L’esercito americano ha lasciato intendere che potrebbe impiegare armi nucleari tattiche, in particolare contro i bunker. Si tratterebbe di una violazione del diritto umanitario internazionale?

J.K.: Il diritto umanitario vieta l’uso di armi chimiche e biologiche. Non esiste invece un divieto formale delle armi nucleari.

Il diritto umanitario bandisce però le armi che provocano sofferenze e danni sproporzionati e inutili. Il CICR ha pertanto sempre ritenuto che fosse difficile considerare le armi nucleari in modo diverso dalle altre.

swissinfo: Molte organizzazioni non governative ritengono che le leggi umanitarie internazionali e i diritti umani vengano violati nell’ambito della lotta al terrorismo. Qual è il punto di vista del CICR?

J.K.: Il CICR ritiene che la lotta contro il terrorismo assuma varie forme, compresa la guerra e il conflitto armato. Quando si presenta uno di questi casi, la legge umanitaria deve entrare in gioco. Sono molti gli aspetti legali che si occupano di questo tipo di lotta e sono convinto che il rispetto dei diritti umani non debba essere di ostacolo alla lotta contro il terrorismo.

Intervista: swissinfo, Anna Nelson e Frédéric Burnand, Ginevra
(traduzione: Elena Altenburger)

Il CICR ha 5 delegazioni in Iraq
Ne fanno parte 35 delegati e 350 impiegati locali
Il CICR dispone di numerose basi logistiche in Giordania, Iran e Kuwait
Nel suo budget 2003, il CICR ha previsto 22 milioni di franchi per l’Iraq

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