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Il denaro di Swisscom appartiene al popolo

Tra gli oratori succedutisi alla tribuna vi erano il presidente dell'UDC Ueli Maurer (in primo piano) e il consigliere federale Christoph Blocher Keystone

Riuniti a Stans, i delegati dell'Unione democratica di centro chiedono di vendere le azioni della compagnia di telecomunicazioni e di versare i soldi al popolo.

L’assemblea ha pure proceduto all’elezione del nuovo vicepresidente romando nella persona del consigliere neocastellano Yvan Perrin.

Al pari del loro consigliere federale Christoph Blocher e della direzione del partito, i delegati dell’Unione democratica di centro (destra nazional-conservatrice) sono dell’opinione che lo Stato debba vendere al più presto le azioni che detiene nella Swisscom e versare i proventi alla popolazione.

Praticamente all’unanimità (326 voti contro 2) hanno adottato un documento strategico in tal senso.

Modalità della ridistribuzione da definire

Il ricavato della vendita di Swisscom, stimato a circa 17 miliardi di franchi, «appartiene al popolo», si legge nel documento.

Il partito di Ueli Maurer vuole costituire un gruppo di lavoro incaricato di elaborare entro la fine di febbraio varianti per la privatizzazione dell’operatore di telecomunicazioni e su come riversare i soldi ai cittadini.

Il testo esige di «liquidare completamente la partecipazione federale in seno all’azienda Swisscom» per consentire all’operatore di imporsi nella libera concorrenza, senza «le restrizioni statali e gli interventi politici». Le concessioni di telefonia per il periodo 2008-2012 dovranno essere assegnate «all’impresa più efficace».

La Confederazione non è «il proprietario adeguato»

Il consigliere federale Christoph Blocher ha nuovamente difeso a spada tratta la privatizzazione del «gigante blu».

In un contesto di libera concorrenza, «la Confederazione non è più il proprietario adeguato», ha detto Christoph Blocher. Il ministro di giustizia e polizia ha puntualizzato che, infatti, «i consiglieri federali non sono eletti per fare gli imprenditori».

Anche con la privatizzazione «il servizio universale sarà garantito dalla legge fino nelle valli più remote», ha sostenuto Blocher invitando a sbarazzarsi «dell’idea che solo lo Stato può assicurare il servizio di base».

«Si tratta semplicemente di una questione di buon senso vendere il più velocemente possibile», gli ha fatto eco il consigliere nazionale friburghese Jean-François Rime. La partecipazione maggioritaria della Confederazione, a suo avviso, rappresenta «un rischio finanziario e politico difficile da valutare».

In caso di problemi, «lo Stato, e dunque il contribuente svizzero, pagherà lo scotto», ha proseguito l’oratore.

Yvan Perrin nuovo vicepresidente

Oltre a soffermarsi su Swisscom, i delegati dell’UDC hanno eletto il nuovo vicepresidente romando del partito: il consigliere nazionale neocastellano Yvan Perrin succede al vodese Jean Fattebert, dimessosi dopo essere rimasto in carica per dieci anni.

In apertura dell’assemblea, il presidente dell’UDC Ueli Maurer ha sferrato un virulento attacco alla politica dei socialisti.

Il consigliere nazionale zurighese ha accusato il Partito socialista di «mettere in pericolo lo Stato sociale». In particolare Maurer si è scagliato contro il sistema di ridistribuzione sostenuto dai socialisti, reo di «accordare prestazioni a coloro che non ne hanno bisogno e di imporre oneri fiscali inutili agli altri».

swissinfo e agenzie

L’Unione democratica di centro è nata nel 1971.
L’UDC è il partito più forte in seno al Parlamento svizzero con 63 membri tra consiglieri nazionali e consiglieri agli Stati.
In occasione delle ultime elezioni federali per il Consiglio nazionale del 2003 ha ottenuto il 26,6% dei voti.
Nel 2003, l’UDC ha ottenuto un secondo seggio in Governo con Christoph Blocher. L’altro ministro è Samuel Schmid, che dirige il Dipartimento della difesa.

Prima di diventare Swisscom, la compagnia di telecomunicazione si chiamava fino al 1997 PTT (Posta Telefoni Telegrafi).

Il 23 novembre 2005, il Governo svizzero annuncia la volontà di vendere il pacchetto azionario del 66,1% che detiene nella Swisscom.

Alcuni giorni dopo, il Governo blocca le acquisizioni di Swisscoma all’estero.

Il 2 dicembre il Governo precisa che il veto riguarda solo gli operatori nazionali di telefonia fissa.

Il 20 gennaio 2006, in disaccordo con il riorientamento strategico del Governo, il direttore generale di Swisscom, Jens Alder, rassegna le sue dimissioni.

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