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Il dramma dimenticato dei profughi in Afghanistan

Keystone

Il conflitto in corso in Afghanistan ha spinto decine di migliaia di persone a lasciare le proprie case. Le possibilità di assistenza da parte delle organizzazioni umanitarie sono estremamente limitate.

Secondo il professor Walter Kälin, incaricato speciale dell’Onu per i diritti dei profughi interni, la situazione degli sfollati è alquanto drammatica.

“Le organizzazioni umanitarie sono confrontate ad enormi problemi e non possono quasi intervenire. Numerosi loro collaboratori sono stati uccisi, aggrediti o rapiti dalle fazioni armate ribelli”, spiega Walter Kälin a swissinfo.

“Alcune zone del paese rimangono troppo pericolose perfino quando le forze militari alleate al governo afghano ripristinano l’ordine e la sicurezza”, aggiunge l’esperto svizzero, appena rientrato da una conferenza delle Nazioni unite a Kabul, dedicata alla protezione delle popolazioni civili nei conflitti armati.

Il ritorno del professore dell’Università di Berna è stato ritardato di alcuni giorni in seguito a problemi di sicurezza. Kälin ne ha approfittato per tenere una serie di colloqui sulla drammatica situazione dei profughi interni con rappresentanti del governo e degli organismi internazionali presenti in Afghanistan.

Insicurezza e siccità

Secondo le Nazioni unite, in Afghanistan vi sono tuttora circa 129’000 sfollati che hanno lasciato le loro case nel 2000/2001, in seguito a violenze, insicurezza o siccità.

A questi si sono aggiunte negli ultimi anni decine di migliaia di persone fuggite dopo le operazioni militari condotte nelle regioni centrali e meridionali del paese.

“Il loro numero è stimato ad almeno 80’000 persone, ma nessuno dispone di cifre precise, dal momento che le regioni in cui si trovano sono praticamente inaccessibili per i rappresentanti delle organizzazioni internazionali e del governo”, sottolinea Kälin.

A suo avviso, tutte le parti coinvolte nel conflitto dovrebbero impegnarsi maggiormente per prevenire nuovi esodi di profughi e “rispettare scrupolosamente” il diritto umanitario internazionale. Le forze ribelli non dovrebbero ad esempio nascondersi tra la popolazione, mentre le truppe internazionali dovrebbero evitare di usare la loro forza in modo sproporzionato, per evitare di provocare la morte di civili.

Necessaria una strategia comune

Negli ultimi anni l’Iran e il Pakistan hanno deciso di respingere alle loro frontiere i profughi afghani. Molti di loro, che non possono neppure ritornare a casa, cercano ora un rifugio nei sobborghi delle città.

Secondo Kälin, le Nazioni unite e le autorità afghane dovrebbero cercare di definire un quadro più chiaro del problema dei profughi e concordare una strategia comune e coerente per trovare una soluzione.

“Ciò che manca in questo paese è un visione globale per sapere che cosa si può fare e in che modo si può intervenire per far fronte ad una situazione molto difficile”.

swissinfo, Adam Beaumont
(traduzione e adattamento Armando Mombelli)

Circa 4,8 milioni di profughi afghani, fuggiti soprattutto in Pakistan e Iran, sono rientrati a casa loro nel quadro delle operazioni di rimpatrio condotte dal 2002.

Mezzo milione di sfollati hanno inoltre potuto ritornare nei loro villaggi.

Circa 3,5 milioni di rifugiati si trovano tuttavia ancora oggi nei paesi vicini.

L’Alto commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati (UNHCR) si impegna in Afghanistan per assicurare la protezione e favorire il rimpatrio dei profughi e degli sfollati.

Tra gli obbiettivi principali dell’organismo dell’ONU vi sono il rimpatrio volontario, l’integrazione nei paesi di accoglienza e il diritto di l’asilo in altri paesi.

L’UNHCR sostiene programmi umanitari in favore di profughi e sfollati in numerosi paesi.

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