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Il fascino indiscusso della bio-ricerca

I prodotti dell'agricoltura biologica riscontrano un sempre maggiore successo tra i consumatori swissinfo.ch

Negli ultimi anni in Svizzera (ma anche nel resto del mondo) la bio-ricerca ha fatto enormi progressi, una vera e propria rivoluzione secondo gli scienziati ed i ricercatori impegnati in questo settore della produzione agricola ed animale. Proprio per presentare i risultati raggiunti, martedì a Basilea si è tenuta una conferenza stampa organizzata dall'Istituto di ricerche dell'agricoltura biologica.

In Europa e quindi anche in Svizzera i consumatori sono allarmati dalla recrudescenza dello scandalo della mucca pazza. Sempre più nel piatto del consumatore arrivano alimenti che possiedono un ridotto valore nutritivo, dai contenuti tossici, cancerogeni, allergici, prodotti derivanti dalla speculazione e dalla corsa al massimo profitto che danneggiano la salute del consumatore. In antitesi alla produzione agro-industriale il mercato offre però sempre più anche un’offerta biologica che preserva le qualità degli alimenti ed il loro valore nutrizionale composto di proteine, zuccheri, grassi, vitamine, oligo elementi, eccetera, caratteristiche che rendono i prodotti idonei a nutrire in modo equilibrato, completo e sano.

In Svizzera l’agricoltura biologica, che ha avuto la sua fase pionieristica tra il 1930 ed il 1980, è attualmente in continua crescita e conta oltre 5.300 aziende che producono secondo rigidi e controllati dettami organici. Ma anche di fronte alla produzione bio il consumatore si trova disorientato dalla confusione dei termini esistenti sul mercato, dove si possono indistintamente trovare prodotti provenienti da agricoltura biologica, biodinamica o biotecnologica.

Attualmente la sola differenza esistente è quella tra agricoltura organica e agricoltura industriale. Nella prima categoria rientrano i prodotti dell’agricoltura biologica, di quella biodinamica e di quella eubiotica. Alla categoria dell’agricoltura industriale fanno invece riferimento i prodotti dell’agricoltura biotecnologica, di quella biotech, le biotecnologie e la produzione della cosiddetta rivoluzione verde. Come si può dedurre da quanto sopra, il consumatore si trova confrontato ad un indecifrabile slalom.

La cosa importante da tener presente è perciò quella di acquistare prodotti cosiddetti organici, ossia di origine naturale, non manipolati geneticamente, ottenuti con metodologie di produzione non intensive, privi di additivi ed esenti da pesticidi e da trattamenti bio-chimici che ne alterano l’intrinseco equilibrio naturale. E questo perché è ormai stato scientificamente dimostrato che esiste una correlazione tra alimentazione e cattivo stato di salute.

Per trovare delle soluzioni ai numerosi problemi posti dall’agricoltura moderna, la bio ricerca propone di introdurre in Svizzera un termine di attesa di dieci anni prima di consentire la commercializzazione di prodotti derivati da organismi geneticamente modificati (OGM). Una proposta di moratoria che viene avanzata alla vigilia della prossima sessione parlamentare primaverile che si terrà a Lugano e durante la quale il Consiglio degli Stati dovrebbe, con ogni probabilità, discutere della Gen-Lex.

Una pausa di dieci anni, chiesta dai membri dell’Istituto svizzero di ricerche sull’agricoltura biologica non solo per sottoporre a rigorosi test gli OGM disponibili sul mercato internazionale (non però su quello svizzero in virtù del NO degli elettori), ma soprattutto per sviluppare il potenziale della bio ricerca e dell’agricoltura biologica, come ha ribadito Urs Niggli, dottore in ingegneria agronomica e direttore dell’Istituto di ricerche sull’agricoltura biologica che ha sede a Frick, nel Canton Argovia.

In gioco v’è la produzione di qualità dell’agricoltura svizzera, oggi sempre più richiesta da consumatori stanchi di cibi raffinati ed alterati chimicamente, spaventati di trovarsi nel piatto polli e uova alla diossina, maiali contaminati dagli ormoni della crescita, carne della mucca pazza, salmoni agli antibiotici, frutta e verdura con pesticidi, olio cancerogeno e quant’altro non ancora di pubblico dominio.

Una moratoria di dieci anni che permetta alla bio ricerca di affinare le proprie tecniche di lotta biologica contro le malattie delle piante, così da non dover più utilizzare in dosi massicce nell’agricoltura convenzionale quei concimi azotati che, oltre a pregiudicare la qualità nutritiva delle derrate alimentari, sono la principale causa del ritrovamento di nitrati nelle verdure. Nitrati che, è utile precisarlo, non sono in se stessi pericolosi, ma trasformandosi in nitriti nell’organismo costituiscono un vero e proprio veleno. Infatti nitriti e nitrati si combinano nell’organismo con amine secondarie per formare le micidiali nitrosammine cancerogene.

Contro queste degenerazioni e contro i fattori di rischio lavorano i bio-ricercatori dell’Istituto di ricerche sull’agricoltura biologica. I loro obiettivi sono quelli di migliorare l’ecologia del suolo, salvaguardare la produzione biologica senza OGM, proteggere le piante dalle malattie, ottimizzare la produzione vegetale di qualità, la selezione animale, il sistema di allevamento e la salute degli animali. Il tutto in un paesaggio, come quello svizzero, caratterizzato dalla biodiversità, l’unica vera ricchezza di ogni biotopo.

Sergio Regazzoni

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