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Il Giura, dallo Stato di combattimento alla cooperazione

Ancora oggi, la «questione giurassiana» è visibile nei paesaggi swissinfo.ch

Oggi il clima è molto più disteso. Non si ragiona più in termini di scontro, ma di collaborazione intercantonale, in particolare grazie all’«Assemblea intergiurassiana» (AIJ).

Quello che è certo però è che la «questione giurassiana» non è stata risolta dal plebiscito del 23 giugno 1974.

«Il governo giurassiano ha sempre in mente un cantone composto da sei distretti (i tre che costituiscono il canton Giura e i tre del Giura bernese), ma ha smesso di pensare che questo obiettivo possa essere realizzato con la forza», ha dichiarato recentemente il capo dell’esecutivo giurassiano, Jean-François Roth, in un’intervista all’ats. «Cerchiamo di evitare di riaccendere la tensione».

Conferma così la svolta adottata nel 1993 dal Canton Giura, che a partire da quella data ha ufficialmente chiuso con la strategia dello «Stato di combattimento» propugnata dall’ideologo dell’indipendenza giurassiana, Roland Béguelin, che rifiutò qualsiasi compromesso con Berna e privilegiò la strategia dello scontro per ottenere la riunificazione del Giura storico.

Le autorità giurassiane hanno riconosciuto l’esistenza del Giura bernese, lasciando a quest’ultimo l’iniziativa per un’eventuale fusione con il cantone autonomo.

Caos, sotterfugi giuridici e precarietà degli equilibri

L’accordo ha messo termine a diversi anni di confusione. Perché il plebiscito del 1974 invece di placare le tensioni le ha semplicemente spostate. Se il Nord ha infatti acquisito lo statuto di cantone, il Sud si è trovato in piena ebollizione, soprattutto il distretto di Moutier.

Forse una soluzione sarebbe stata possibile prima, «se non ci fosse stato un moto di reazione straordinario da parte degli anti-separatisti proprio a causa della sconfitta. Il fatto di ritrovarsi in minoranza dopo il plebiscito li ha colti totalmente di sorpresa», spiega il giornalista Alain Pichard, autore de «La Question jurassienne » (Collana Le savoir suisse).

Gli anni 70 e 80 sono stati molto duri, caratterizzati dagli scontri tra i «Béliers» e il movimento creato in risposta dai giovani anti-separatisti, i «Sangliers».

E poi c’è stata la famosa questione delle «casse nere», nel 1985, quando si scoprì che le autorità bernesi avevano copiosamente finanziato i movimenti separatisti, già a partire dal 1974.

Uno scandalo che, sommato al precedente creato dai voltafaccia del distretto di Laufon, spinse i giurassiani del Nord a tentare di rimodellare e ingrandire la carta del loro cantone attraverso una serie di procedimenti legali. Una decisione del Tribunale federale mise termine a questi tentativi nel 1991.

Fu dunque solo nel 1993 che la «questione giurassiana» entrò in una nuova era, grazie a una mediazione promossa dalla Confederazione che, attraverso il «rapporto Widmer», permise di arrivare al riconoscimento reciproco tra canton Giura e Giura bernese.

La creazione, l’anno successivo, di un’ «assemblea intergiurassiana» (AIJ), fu la traduzione in termini concreti dell’avvenuto cambiamento di rotta. Il suo scopo fu quello di promuovere il dialogo, di favorire la collaborazione nei settori in cui era possibile, di proporre convenzioni e istituzioni comuni.

Dal sogno alla realtà

I militanti del Rassemblement jurassien sognavano uno stato modello, progressista e sociale. Anche loro sono stati però costretti a fare i conti con la realtà. La crisi economica che ha investito molti cantoni svizzeri non ha infatti risparmiato il canton Giura.

Deficit dei bilanci pubblici, misure di austerità, disoccupazione. La collocazione periferica del cantone lo ha reso ancora più vulnerabile. Se la popolazione del nuovo cantone era in continua crescita, i rischi di un declino demografico sono oggi reali. Una situazione comune anche al Giura bernese…

Dal punto di vista politico, l’atteggiamento costruttivo delle autorità è accompagnato dall’indifferenza delle generazioni più giovani. «E’ evidente che per le nuove generazioni, la nascita del cantone è già una storia vecchia», constata Alain Pichard.

«E’ d’altronde uno dei problemi dell’Assemblea intergiurassiana : il suo è un lavoro lungo, di lenta ricomposizione delle ferite passate. Parallelamente però, più il tempo passa, più il sentimento di solidarietà, la nostalgia dell’antica unione si affievolisce», aggiunge.

Eppure c’è ancora chi, di tanto in tanto, tenta di riesumare la lotta : il Movimento autonomista giurassiano (erede del Rassemblement jurassien) ha per esempio lanciato nel 2003 un’iniziativa popolare intitolata «Un solo Giura». Ma l’esecutivo cantonale ha invitato il Parlamento ad annullare l’iniziativa, ritenuta incompatibile con l’accordo del 25 marzo 1994.

Per favorire la ripresa demografica, Jean-François Roth ha lanciato il progetto «Giura paese aperto», che è però stato bocciato in votazione la primavera scorsa… Tra crisi economica e volontà di reazione, nostalgia dell’antica unità e rispetto dei nuovi equilibri, il Giura non sa ancora dove porsi.

Una cosa però è certa : quando si passa da Tramelan a Saignelégier, i prati, gli abeti, le mandrie, i recinti, con i caratteristici «clédars», sono gli stessi, identici, a Nord come a Sud.

swissinfo, Bernard Léchot
(traduzione: Luisa Orelli)

Clédar o clédard (s.m.): porta rustica che delimita un pascolo per impedire al bestiame di disperdersi.

– Il canton Giura celebra quest’anno il 30mo dal plebiscito per l’autodeterminazione (1974) e il 25mo dall’acquisizione della piena sovranità (1979).

– Il 24 settembre, 26 anni dopo la votazione federale che sancì l’indipendenza e fece del Giura il 23mo cantone, Delémont riceverà le delegazioni della Confederazione e dei cantoni.

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