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Il mondo commemora Srebrenica

Un momento di raccoglimento davanti a una fossa comune Keystone

Diverse personalità internazionali e circa 40'000 persone hanno ricordato lunedì i circa 8'000 musulmani massacrati 10 anni fa dalle truppe serbo-bosniache.

In Svizzera, l’organizzazione non governativa TRIAL ha lanciato un appello affinché vengano assicurati alla giustizia i responsabili del peggior massacro in Europa dalla fine della Seconda guerra.

Circa 40’000 persone si sono riunite lunedì al Potocari memorial, situato nei pressi di Srebrenica, per commemorare il massacro di circa 8’000 musulmani ad opera dei serbo-bosniaci avvenuto dieci anni fa.

Le cerimonie si sono svolte sotto alta sorveglianza, dopo la scoperta martedì di 35 chili di esplosivo.

La comunità internazionale recita il mea culpa

Il capo della diplomazia britannica Jack Straw ha fatto il mea culpa per l’inerzia con la quale reagirono i paesi occidentali, definendo gli eventi di Srebrenica la «onta della comunità internazionale».

«Ciò che è accaduto a Srebrenica non avrebbe mai dovuto succedere. Srebrenica è stato un fallimento della NATO e dei caschi blu dell’ONU», gli ha fatto eco Richard Holbrooke, l’ex negoziatore statunitense per la ex Jugoslavia.

Di fronte ai sopravvissuti, per lo più donne e bambini, si sono trovate delegazioni ufficiali di 55 paesi e organizzazioni internazionali.

Tra le personalità vi erano anche i ministri degli esteri francese Philippe Douste-Blazy ed olandese Ben Bot. La Svizzera era rappresentata dal suo ambasciatore a Sarajevo Urs Breiter.

Presente pure Boris Tadic

Alle cerimonie ha partecipato pure il presidente serbo Boris Tadic, malgrado molti sopravvissuti presenti a Srebrenica gli avessero fatto sapere di considerarlo persona non grata. Si tratta del primo capo dello Stato serbo a compiere un simile gesto.

«Dobbiamo spezzare il circolo vizioso del male nei Balcani», ha dichiarato Tadic dopo aver posato ai piedi del monumento che ricorda le vittime una corona di fiore.

La procuratrice del Tribunale penale internazionale dell’Aia, Carla Del Ponte, non si è invece recata a Srebrenica «in segno di rispetto per le vittime», poiché i principali responsabili del massacro – Ratko Mladic e Radovan Karadzic – sono ancora in fuga.

Boris Tadic ha dal canto suo dichiarato di sperare che l’arresto di Ratko Mladic possa avvenire «tra alcuni giorni».

Le celebrazioni si sono concluse con i funerali di 610 vittime identificate di età compresa tra i 14 e i 75 anni. I loro corpi, esumati dalle fosse comuni, sono stati sepolti nel cimitero costruito nel 2003 all’entrata della città e che accoglie già 1’300 salme.

«Tra responsabilità e negazione»

Da Ginevra, il Comitato internazionale della Croce rossa ha lanciato un appello affinché «gli sforzi siano raddoppiati» per elucidare la sorte di oltre 14’500 persone scomparse.

A Berna, l’associazione elvetica TRIAL («Track Impunity Always»), impegnata nella lotta contro l’impunità, ha chiesto in una lettera aperta alle autorità di Belgrado di dar prova di maggior ardore nel perseguire i crimini e nell’arrestare tutti coloro che hanno partecipato al massacro.

Dopo una lunga attesa, la delegazione di Trial ha ricevuto la garanzia che la lettera sarà consegnata all’ambasciatore Dragan Marsicanin e tradotta in serbo.

«Questa esitazione mostra le contraddizioni delle autorità della Serbia-Montenegro», ha dichiarato Anna Petrig, di Trial, «che continuano ad esitare tra assumersi e negare le proprie responsabilità».

swissinfo e agenzie

L’11 luglio di dieci anni fa, le truppe serbo-bosniache massacrarono circa 8’000 musulmani nei dintorni della città di Srebrenica e ne scacciarono altri 30’000.

La città era una delle sei zone di sicurezza dell’ONU. Il contingente olandese dell’ONU di stanza a Srebrenica non riuscì ad impedire il massacro.

Il Tribunale penale internazionale per l’ex Iugoslavia dell’Aia ha incolpato 14 persone. Tra i principali responsabili figurano l’ex leader serbo-bosniaco Radovan Karadzic e il generale Ratko Mladic. Entrambi non sono ancora stati arrestati.

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