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Il segreto bancario tra mito e realtà

Reuters

Parte integrante dell'immagine di marca della Svizzera nel mondo, il segreto bancario è nuovamente al centro delle critiche in seguito ai problemi di UBS negli Stati Uniti. Sottoposto a molteplici attacchi internazionali, il dispositivo è già stato ridefinito a più riprese.

Nato giuridicamente nel 1934 in seguito alle turbolenze mondiali provocate dal crac americano del 1929, il segreto bancario svizzero si ritrova ancora una volta sul banco degli imputati: riuscirà a resistere alla crisi, anch’essa proveniente dagli Stati Uniti, che promette di marcare il 2009?

Da quando l’UBS e l’Autorità elvetica di sorveglianza dei mercati finanziari (FINMA) hanno trasmesso alla giustizia americana i nomi di circa 300 clienti sospettati di frode fiscale, la questione ha fatto molto parlare di sé.

Come all’epoca, la Confederazione è in effetti confrontata a pressioni internazionali. Nel mondo in crisi dell’anteguerra, gli Stati europei, decisi a limitare la fuga di capitali all’estero, hanno agito in modo deciso. Nel 1932, la polizia francese si è ad esempio impossessata dei nomi di migliaia di clienti nei locali parigini della Banca commerciale di Basilea.

Questa violazione della leggendaria tradizione di discrezione coltivata da secoli dai banchieri svizzeri, è stata uno degli eventi che hanno spinto la Confederazione a iscrivere il segreto bancario nella legge federale sulle banche. In vigore ancora oggi, questo testo ha contribuito a formare – ma pure a deformare – l’immagine della Svizzera all’estero.

Evadere non significa frodare

Concretamente, il segreto bancario garantisce ai clienti di banche svizzere la confidenzialità delle informazioni che li concernono. I dati personali non possono essere trasmessi a privati o a organi amministrativi come il fisco.

I banchieri ritengono che questo segreto possa essere paragonato a quello degli avvocati, dei medici o degli ecclesiastici. La sua violazione, perseguita d’ufficio, è punibile con multe e pene detentive.

Nel corso degli anni, il segreto bancario è stato tuttavia limitato, ridefinito e smussato, anche a causa delle offensive internazionali. Non può ad esempio essere invocato di fronte alla FINMA e non è applicabile in caso di procedimento giudiziario.

Finora, la Svizzera è comunque riuscita a mantenere una distinzione che fa la specificità del suo segreto bancario, ovvero la differenza tra la sottrazione d’imposte (o evasione fiscale) e la truffa (o frode fiscale). Il contribuente che intenzionalmente o per negligenza sottrae un’imposta, ad esempio non dichiarando tutto il suo patrimonio, rischia così esclusivamente una multa.

Chi fa uso di falsi documenti (falsificazione del certificato di salario o del bilancio) è invece penalmente punibile con il carcere o una multa. Su richiesta di un giudice, il segreto bancario può inoltre essere levato in caso di frode, come è successo con i 300 clienti americani di UBS.

Grazie a questa distinzione, Berna accorda assistenza amministrativa e giudiziaria a Paesi terzi unicamente nei casi di frode, e non in quelli di evasione. La vicenda UBS potrebbe però condurre all’abbandono di tale differenziazione, come lo auspicano da tempo l’Unione europea (UE) e gli Stati Uniti.

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Questo contenuto è stato pubblicato al Il segreto bancario svizzero – sancito in particolare dalle disposizioni del Codice civile sulla sfera privata, dalla legislazione in materia di protezione dei dati e dalle legge sulle banche – garantisce la confidenzialità delle informazioni ai clienti delle banche elvetiche nei confronti dei privati e delle amministrazioni. Ci sono tuttavia dei limiti al segreto bancario:…

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Attacchi da ogni parte

Periodicamente accusato di ogni male da Washington – come già successe negli anni ’90 per la questione degli averi non rivendicati oppure dopo gli attentati terroristici del 2001 – il segreto bancario elvetico è oggi pure nel mirino dell’UE. Secondo Bruxelles, il dispositivo sarebbe in contrasto con la sua volontà di armonizzare l’imposizione fiscale nei suoi Stati membri.

L’ultimo importante strappo risale al 2002, quando l’UE manifestò l’auspicio di istituire uno scambio automatico d’informazioni tra le autorità fiscali nazionali. L’accordo bilaterale sulla fiscalità del risparmio (2004), il quale prevede una tassazione alla fonte sui redditi da risparmio realizzati in Svizzera da cittadini aventi domicilio fiscale nell’UE, ha tuttavia permesso alla Svizzera di mantenere il suo dispositivo.

Sullo spigoloso dossier della fiscalità, che in futuro sarà un elemento centrale nelle relazioni tra Berna e Bruxelles, alcuni responsabili politici hanno già espresso la loro posizione. Un’opinione sfavorevole alla Svizzera.

Al termine di una riunione consacrata alla lotta ai paradisi fiscali il ministro tedesco delle finanze, Peer Steinbrück, aveva chiesto d’inserire la Confederazione nella «lista nera dei paradisi fiscali non cooperativi» dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE). Al momento, soltanto il Liechtenstein, Andorra e il Principato di Monaco vi sono elencati. Ma la lista sarà rivista entro metà 2009.

Ripercussioni economiche

Sul piano economico, la posta in gioco è evidentemente elevata. Negli Stati Uniti, un comitato del Senato ha recentemente stimato a 100 miliardi di dollari (120 miliardi di franchi) il montante che ogni anno sfugge al fisco americano via la Svizzera, il Liechtenstein, le Bahamas o le Isole Cayman. In Europa le perdite fiscali di paesi come la Francia e la Germania oscillano fra i 20 e 50 miliardi di euro all’anno (30 e 75 miliardi di franchi).

Complessivamente, circa un terzo del mercato del risparmio mondiale gestito all’estero sarebbe nelle mani della banche svizzere. Il lucrativo e conteso settore della gestione patrimoniale si suddivide poi principalmente tra Gran Bretagna e i suoi satelliti (24%) e gli Stati Uniti e i loro satelliti (19%).

I rinnovati attacchi contro il segreto bancario elvetico devono quindi essere letti nel contesto della battaglia concorrenziale tra le diverse piazze finanziarie mondiali. A livello svizzero non esiste al momento alcuna stima numerica delle conseguenze di un’eventuale riduzione della distinzione tra evasione e frode fiscale, o di un’abolizione del segreto bancario.

Con un settore finanziario che genera l’11,5% del prodotto interno lordo, è ad ogni modo facile capire i motivi per i quali la Svizzera è costretta a offrire, al suo segreto bancario, un destino in perpetua ridefinizione.

swissinfo, Carole Wälti
(traduzione dal francese di Luigi Jorio)

Lo scorso 18 febbraio le autorità svizzere hanno annunciato la conclusione di un accordo con gli Stati Uniti sul versamento, da parte di UBS, di quasi un miliardo di franchi e la trasmissione dei nomi di clienti bancari. Il compromesso s’inserisce nel quadro di un’inchiesta contro clienti americani sospettati di aver frodato il fisco con la collaborazione di UBS.

Le prime reazioni sono state principalmente negative: la Svizzera ha ceduto alle pressioni americane mentre era ancora in corso una procedura giudiziaria (ricorso contro l’assistenza amministrativa) e il segreto bancario sta iniziando a vacillare, hanno criticato i commentatori.

Il ministro elvetico delle finanze Hans-Rudolf Merz ha dal canto suo spiegato che UBS avrebbe trasmesso le informazioni di 250-300 clienti americani. Merz ha assicurato che il segreto bancario sarebbe rimasto «intatto».

L’Unione europea non ha perso tempo, reclamando immediatamente lo stesso trattamento per i cittadini dei suoi Stati membri.

Invece di porre fine alla vertenza, l’accordo è stato seguito, il 19 febbraio, da una nuova richiesta americana: la giustizia statunitense ha preteso che UBS riveli al fisco l’identità di circa 52mila clienti americani titolari di conti segreti illegali (per un totale di 14,8 miliardi di dollari in attivi).

Il 24 febbraio, gli avvocati di otto clienti americani di UBS hanno sporto denuncia contro la banca e l’Autorità di sorveglianza dei mercati finanziari (FINMA) presso il Ministero pubblico della Confederazione.

Il segreto bancario è strettamente associato all’immagine della Svizzera. La letteratura e il mondo del cinema sono ricchi di esempi di personaggi senza scrupoli che depositano i loro soldi sporchi nelle casseforti elvetiche.

Il segreto bancario non è però una specificità esclusivamente svizzera; altri paesi dispongono di dispositivi più o meno restrittivi.

Europa. Belgio, Lussemburgo e Austria sono nel mirino della Commissione europea, la quale vorrebbe impedire agli Stati membri di invocare il segreto bancario per rifiutare di fornire informazioni ad un paese terzo che ne fa richiesta.

Principati. L’OCSE considera Andorra e Monaco dei «paradisi fiscali non cooperativi», mentre il Liechtenstein collabora con Bruxelles dal giugno 2008.

Gran Bretagna e Stati Uniti. Il segreto bancario è limitato, ma questi stati dispongono di satelliti (Jersey, Isole Cayman, Isola di Man, Bahamas,…) in cui la regolamentazione è nettamente meno severa.

Asia. Le autorità di Singapore hanno recentemente accennato un passo in direzione del Consiglio d’Europa e dell’OCSE. Per il caso di Hong Kong, la Cina non ha per ora reagito agli appelli dell’UE per una maggiore trasparenza.

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