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Il Ticino gli evitò la galera italiana

Nell’aprile del 1904, Mussolini, ancora a Chiasso per essere espulso in Italia, viene “graziato” dall’indulgenza del Consiglio di Stato ticinese.

In Italia l’attendeva una sicura pena per renitenza alla leva.

Mussolini trascorre i primi mesi del 1904 tra Ginevra e Annemasse (Alta Savoia), occupandosi di attività politica, sindacale e giornalistica: comizi, conferenze, corrispondenze a riviste socialiste e anarchiche.

Frequenta anche la Biblioteca universitaria, dai cui registri risulta che abbia consultato soprattutto trattati sulle malattie veneree.

Giuridicamente, la sua posizione si fa precaria. In Italia è ricercato per renitenza alla leva; in Svizzera è schedato come sovversivo e sorvegliato dalla polizia; per di più il suo passaporto è scaduto e non può chiederne il rinnovo, siccome “disertore”.

Decide allora di falsificare la data di validità del documento, ma le autorità ginevrine non tardano a scoprire l’irregolarità. In aprile viene arrestato e poi espulso dal cantone.

La polizia decide di farlo accompagnare alla frontiera italiana a Chiasso, ciò che avrebbe significato l’arresto da parte delle autorità del Regno.

Amicizie eccellenti

Contro l’espulsione di Mussolini si mobilitano gli ambienti socialisti e quelli dell’emigrazione italiana in Svizzera. Giuseppe Rensi, intellettuale socialista rifugiatosi in Ticino e in buoni rapporti con vari esponenti liberali-radicali locali, interviene per farlo liberare.

Lunedì 18 aprile 1904, il deputato radicale al Gran Consiglio ticinese Antonio Fusoni interpella il governo “per sapere se la direzione di polizia ticinese si sia prestata o meno alla consegna al confine italiano di certo Mussolino (sic), stato espulso dal cantone di Ginevra”.

L’interpellante trova scorretta la consegna di Mussolini all’Italia: la renitenza al servizio militare essendo un delitto politico, simile espulsione violerebbe il diritto d’asilo.

Evitata la galera

Il consigliere di Stato Luigi Colombi, responsabile del dipartimento di polizia, rassicura l’interpellante.

Avendo avuto conoscenza per via indiretta dell’espulsione ordinata dalle autorità ginevrine “e sapendo non procedere la medesima da nessuna condanna per reato comune”, la direzione di Polizia “diede istruzioni ed ordini nel senso che detto signore non venne né consegnato, né tradotto al confine, ma lasciato libero di scegliere, per abbandonare il cantone e la Svizzera, quella via che più gli convenisse”.

Così, nel 1904, alcuni esponenti politici ticinesi, decisi a far rispettare il diritto d’asilo in Svizzera, anche contro il volere di altre autorità cantonali, evitarono al disertore ed agitatore Benito Mussolini un sicuro soggiorno nelle galere italiane.

swissinfo, Marco Marcacci

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