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Immigrazione, un arricchimento che richiede un impegno comune

Keystone

Per Micheline Calmy-Rey, l'immigrazione non deve essere vista solo come una "minaccia" o un "costo", ma anche come un "arricchimento".

La presidente della Confederazione si è espressa martedì per una migliore integrazione degli stranieri nel quadro di una conferenza sul tema della migrazione organizzata dal Dipartimento federale degli esteri.

“Non dobbiamo avere paura dello straniero, perché la Svizzera è un paese forte e la nostra identità e i nostri valori hanno radici salde”, ha dichiarato martedì Micheline Calmy-Rey aprendo la conferenza annuale della divisione che si occupa della promozione civile della pace e del rafforzamento dei diritti umani (divisione politica IV) in seno al Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE).

Il 20% della popolazione svizzera – circa 1,5 milioni di persone – è straniera. Negli ultimi anni il dibattito sull’immigrazione ha assunto “una connotazione molto negativa”, come osserva Thomas Greminger, responsabile della Divisione politica IV. L’Unione democratica di centro – primo partito in Svizzera, che nelle recenti elezioni politiche ha registrato una forte progressione – non è di certo estraneo a questo stato di cose.

Connotazione negativa

Quando si parla di stranieri, “la popolazione pensa subito alla criminalità e agli abusi nel sistema d’asilo”, dichiara Greminger. “Tutti gli aspetti positivi, ad esempio per l’economia, non sono mai presi in considerazione”.

Nel suo discorso, Micheline Calmy-Rey ha sottolineato che “le minacce che peserebbero sull’identità culturale e sulla coesione sociale” della Svizzera sono “preoccupazioni che bisogna prendere molto sul serio, ma dobbiamo anche tener conto dell’arricchimento della società d’accoglienza”.

La presidente della Confederazione ha citato la creazione di imprese come Nestlé e Swatch da parte di due immigrati, un tedesco e un libanese.

Eduard Gnesa, direttore dell’Ufficio federale delle migrazioni, ritiene dal canto suo che i problemi causati da alcuni stranieri non vanno sottovalutati. “Negli ultimi dieci anni alcuni partiti politici non hanno voluto ammettere che vi sono dei problemi di criminalità e che molti giovani stranieri non sono integrati”, afferma.

I muri sono impotenti

Alle sfide che pone l’immigrazione, la Svizzera ha risposto soprattutto con normative più severe, come ad esempio le leggi sull’asilo e sugli stranieri approvate dal popolo svizzero nel settembre del 2006. Appena una settimana fa, il ministro di giustizia e polizia Christoph Blocher ha annunciato un nuovo giro di vite, stavolta contro i disertori.

La storia ha mostrato che “i muri e il filo spinato sono impotenti di fronte al desiderio di libertà e di sicurezza di uomini e donne. Le leggi sull’asilo più dure non hanno altro effetto che di spingere i flussi migratori nell’illegalità”, ha sottolineato Micheline Calmy-Rey.

Per poter sfruttare l’intero potenziale offerto dai migranti in Svizzera – ha proseguito – “dobbiamo dedicare un’attenzione particolare all’integrazione delle popolazioni straniere”.

Posti di tirocinio

“L’integrazione non è un processo amministrativo che riesce automaticamente”: essa richiede “un impegno comune” del mondo politico e della società affinché tutti gli abitanti del paese possano beneficiare delle stesse opportunità, ha rilevato la presidente della Confederazione. E ha aggiunto: “Avremo raggiunto il nostro obiettivo quando non ci saranno più differenze tra svizzeri e stranieri in fatto di formazione, disoccupazione, assistenza sociale, criminalità e salute”.

La Svizzera – ha dichiarato Micheline Calmy-Rey – potrebbe aprire ai giovani di un paese partner posti di tirocinio di cui la gioventù locale non vuole più sapere. A più lungo termine, il DFAE intende sviluppare progetti per migliorare la sicurezza delle zone di conflitti o di violazione dei diritti umani.

Essi servirebbero non soltanto a meglio proteggere i profughi, ma anche a ridurne l’esodo. L’attuazione di simili progetti deve tuttavia essere “imperativamente” accompagnata dall’assegnazione di contingenti a gruppi di profughi “particolarmente vulnerabili”. La scorsa primavera il governo aveva respinto la proposta della Calmy-Rey di accogliere un contingente di 500 iracheni.

swissinfo e agenzie

Secondo la Commissionte internazionale sulle migrazioni, il numero di persone che emigrano sta aumentano in maniera considerevole.
Nel 2006 in Svizzera vivevano 1’523’586 stranieri, pari al 20,4% della popolazione.
Nel paese vi sarebbero circa 130’000 immigranti illegali.
In Europa vivono 56 milioni di emigrati, il 5% dei quali rifugiati.
Venticinque anni fa nel mondo erano 82 milioni le persone considerate emigranti. Nel 2000 circa 175 milioni.
Negli ultimi cinque anni vi è stato un ulteriore aumento di 25 milioni.

Nel settembre del 2006, il 68% dei cittadini svizzeri ha approvato un inasprimento della legge sull’asilo, che è stata così rivista per la nona volta dal 1984, e una nuova legge sugli stranieri.

Le nuove disposizioni prevedono un periodo più lungo di detenzione per i richiedenti l’asilo in attesa di rimpatrio; i richiedenti colpiti da una decisione di non entrata in merito non hanno diritto all’assistenza sociale; le persone che non presentano documenti d’identità sono escluse d’ufficio, salvo qualche eccezione, dalla procedura.

La nuova legge federale sugli stranieri privilegia i cittadini provenienti dall’Unione europea, mentre limita l’immigrazione degli extracomunitari ai soli lavoratori qualificati. Le disposizioni per la concessione dei permessi di lavoro e per il ricongiungimento famigliare sono state inasprite. Inoltre, la legge incoraggia l’integrazione, attraverso misure come i corsi di lingua.

L’idea di creare posti di tirocinio speciali per apprendisti stranieri ha suscitato scarso entusiasmo da parte dell’Unione svizzera delle arti e dei mestieri, secondo la quale tale proposta non risolverebbe i problemi. Secondo l’associazione, i giovani provenienti da altre culture avrebbero infatti difficoltà ad integrarsi rapidamente in Svizzera. In secondo luogo, gli apprendisti dovrebbero comunque lasciare il Paese al termine del tirocinio, cioé che originerebbe nuovamente una carenza a livello di effettivi.

Del medesimo parere anche l’Unione sindacale svizzera, che ha ricordato come in Svizzera vi sia attualmente un’importante disoccupazione giovanile. Al termine delle scuole, è stato sottolineato, è difficile trovare un posto di tirocinio. 20’000 giovani sono in attesa, e alcuni di loro devono pazientare per diversi mesi. L’idea di Micheline Calmy-Rey, inoltre, sfavorirebbe soprattutto i figli degli immigranti.

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