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Iraq: quale giustizia internazionale?

Le carte americane con le immagini degli iracheni ricercati. Ma chi li giudicherà? RTS

La scoperta di fosse comuni con migliaia di cadaveri sta mostrando al mondo la dimensione dei crimini commessi dall'ex regime iracheno.

Chi deve giudicare i responsabili di questi massacri: un tribunale ad hoc, una corte militare o una mista ?

Il tema è stato al centro di una tavola rotonda organizzata mercoledì a Washington da “Swiss Foundation for World Affairs”, un’istituzione privata elvetica attiva ormai da alcuni anni nella capitale americana.

La soluzione di Carla Del Ponte

Al colloquio ha partecipato anche Carla Del Ponte, da anni procuratrice del tribunale penale per l’ex-Jugoslavia e il Ruanda con sede all’Aja, che non ha dubbi: la soluzione migliore è un tribunale ad hoc, come si è fatto appunto per il Ruanda e l’ex Jugoslavia.

L’ex procuratrice pubblica elvetica, che attualmente sostiene la pubblica accusa al processo contro Slobodan Milosevic all’Aja, è in questi giorni nella capitale americana dove ha in programma colloqui con esponenti del Dipartimento di stato americano, del Pentagono e del parlamento.

Nel corso del dibattito ha parlato della sua esperienza personale. Ha sostenuto la necessità di definire chi deve essere giudicato per i crimini commessi, ma anche l’importanza per le istanze di giudizio di venire accettati dalla popolazione.

Sono tutti fattori che dovranno essere presi in considerazione quando si dovrà decidere come giudicare i responsabili del vecchio regime iracheno che giorno dopo giorno finiscono nelle mani degli americani.

La corte penale internazionale tagliata fuori

E’ chiaro che il processo per i crimini commessi negli ultimi anni non potrà essere condotto dalla Corte penale internazionale, perché Stati Uniti e Iraq non hanno aderito a questa istituzione dell’ONU, ma anche perché questa corte può giudicare solo i crimini commessi dopo la sua creazione, avvenuta il 1° luglio dell’anno scorso.

Alcuni esperti americani, come la professoressa Ruth Wedgood, presente al dibattito, sostengono l’idea di creare una corte locale mista, con giudici iracheni e internazionali, come era avvenuto per la Sierra Leone e la Cambogia. Questa soluzione non convince la signora Del Ponte perché, ha precisato a swissinfo, “questa istituzione ha a disposizione un lasso di tempo relativamente breve e può giudicare solo un numero ben definito di persone.”

Carla del Ponte sostiene anche per l’Iraq una soluzione analoga a quella decisa per il Ruanda e l’ex Jugoslavia, vale a dire un tribunale ad hoc. Alla luce della sua esperienza questa è la “soluzione migliore per garantire una giustizia indipendente”. I processi devono tenersi in un Paese terzo per evitare di subire pressioni.

Il prezzo della giustizia

L’idea di creare una corte ad hoc non trova comunque unanimi consensi, come si è ben capito dal dibattito di mercoledì. Prima di tutto perché è una soluzione che costa molto.

È un fatto incontestabile, ha ammesso la signora Del Ponte, ricordando che la Corte dell’Aja costa oltre 100 milioni di dollari all’anno. I costi, comunque, non devono essere il fattore determinante perché la cosa più importante ha affermato “non è quanto viene a costare, ma che giustizia sia fatta”.

Adesso, per gli americani si apre una fase molto delicata. In questi giorni si scoprono fosse comuni. Sono le prove delle atrocità commesse. Per la signora Del Ponte è importante che le forze d’occupazione, vale a dire Stati Uniti e Gran Bretagna, proteggano queste fosse comuni per permettere di effettuare le autopsie e determinare le cause dei decessi. Solo in questo modo si potrà sapere esattamente cosa è successo e far pagare i responsabili.

swissinfo, Anna Luisa Ferro Mäder, Washington

Mentre vengono alla luce le prove dei crimini commessi dal regime di Saddam Hussein, a Washington ci si chiede che tipo di tribunale dovrà essere chiamato a giudicare i responsabili di questi crimini.

Secondo l’ex procuratrice pubblica elvetica Carla Del Ponte, dovrà essere una corte ad hoc, che operi in un Paese terzo per evitare di subire pressioni.

Questa soluzione non esalta gli americana poiché la ritengono molto costosa.

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