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Kirghizistan: si attende la stabilità

Gli atti di sciacallaggio hanno impegnato la polizia kirghisa Keystone

La Svizzera spera che l'ordine venga ristabilito al più presto in Kirghizistan dopo le proteste che hanno portato alla fuga del presidente Akaïev.

Il Dipartimento degli affari esteri non ha rimpatriato i cittadini elvetici, ma tiene sott’occhio la situazione.

Il Kirghizistan torna lentamente alla normalità. Giovedì, il presidente Askar Akaïev era fuggito con la sua famiglia dalla capitale Bishkek, dopo che l’opposizione al suo governo era riuscita ad occupare il palazzo governativo.

Seguendo l’esempio di altre Repubbliche dell’ex Unione sovietica, la Georgia e l’Ucraina, in Kirghizistan l’opposizione si è sollevata contro un regime autoritario accusato di aver manipolato le elezioni. Inaspettatamente gli oppositori, che avevano iniziato la loro battaglia contro il regime un mese fa, sono riusciti a raggiungere il loro obiettivo senza incontrare grandi resistenze.

Ma a differenza di quanto successo in Georgia (rivoluzione delle rose) e in Ucraina (rivoluzione arancione), la rivoluzione dei tulipani, che deve il suo nome al simbolo dell’opposizione, non è stata totalmente pacifica. La caduta del governo ha precipitato la capitale kirghisa in una situazione di caos, caratterizzata da episodi di violenza e saccheggi.

Sabato mattina, le nuove autorità hanno affermato di avere finalmente la situazione sotto controllo. La comunità internazionale al momento ha un atteggiamento neutrale. La Russia, che stando all’agenzia Interfax ha accolto l’ex presidente Akaïev, ha detto che collaborerà anche col governo del nuovo primo ministro e presidente ad interim Kurmanbek Bakiev. Intanto, sempre secondo Interfax, le elezioni presidenziali sarebbero state fissate per il 26 giugno.

La Svizzera in Kirghizistan

Anche gli occhi della Svizzera, che con il Kirghizistan intrattiene rapporti privilegiati, sono puntati su quanto sta accadendo in Asia centrale. Il Kirghizistan fa parte dei paesi che la Confederazione rappresenta in seno al Fondo monetario internazionale e alla Banca mondiale.

Inoltre, la Direzione dello sviluppo e della cooperazione (DSC) e il Segretariato di Stato dell’economia (seco) investono nell’ex Repubblica sovietica 19 milioni di franchi l’anno. Le attività sono concentrate soprattutto nel settore della sanità, del buon governo e della prevenzione dei conflitti.

La DSC ha sospeso in questi giorni le attività finanziate dalla Svizzera nel sud del paese, da dove è partita l’opposizione al regime appena rovesciato. Ha inoltre domandato ai suoi collaboratori di restare a casa loro, con l’eccezione dei membri di organizzazioni non governative che lavorano come mediatori tra le autorità e l’opposizione.

Niente rimpatri e condanna alla violenza

In un comunicato diramato venerdì, la DSC scriveva che, nonostante la calma apparente, la sicurezza nella capitale Bishkek non era ancora stata ristabilita. Ciò nonostante, la Svizzera ha deciso di non rimpatriare nessuno dei circa 60 cittadini elvetici che si trovano attualmente in Kirghizistan.

Una dozzina di persone lavorano per conto della DSC, del Segretariato di stato dell’economia (seco) o di organizzazioni non governative, in particolare Helvetas. «Non c’è ragione di temere che saranno vittime di atti violenti», ha indicato il Dipartimento federale degli affari esteri.

Dello stesso avviso è il Comitato internazionale della Croce rossa (CICR), che non ha richiamato i suoi cinque collaboratori. Inoltre, il CICR giudica che gli ospedali siano ben attrezzati per fronteggiare la situazione. Il numero dei feriti è del resto contenuto, cifre non ufficiali parlavano venerdì sera di sei morti e 400 feriti.

Sul piano politico, Berna ha condannato gli atti di violenza e incoraggiato le parti ad aprire dei negoziati il più presto possibile. «Bisogna fare tutto il possibile per evitare l’aumento della violenza e per risolvere le divergenze elettorali e politiche nel rispetto dei principi fondamentali dei diritti civili e umani», ha scritto il Dipartimento federale degli affari esteri.

swissinfo e agenzie

Il Kirghizistan fa parte (insieme a Tagikistan, Turkmenistan, Uzbekistan, Azerbaigian, Polonia e Serbia Montenegro) del cossiddetto «Helvetistan», il gruppo di paesi rappresentato dalla Svizzera presso il Fondo monetario internazionale e la Banca mondiale.
La Svizzera investe 19 milioni l’anno per l’aiuto allo sviluppo in Kirghizistan.

Il Kirghizistan è un paese a maggioranza musulmana con 5,1 milioni di abitanti, grande cinque volte la Svizzera. Confina col Kazakistan, l’Uzbekistan, il Tagikistan e la Cina.

Per la sua vicinanza con l’Afghanistan, gli Stati uniti hanno una base militare nella capitale kirghisa Bishkek.

Anche la Russia ha delle truppe in Kirghizistan, incaricate di combattere il terrorismo e la criminalità organizzata.

Gli USA e la Russia sono anche interessati ad aggiudicarsi l’accesso alle ricche riserve energetiche della regione.

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