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L’ opera tardiva di Paul Klee al museo Beyeler

"Chiave rotta", 1938 (foto ProLitteris) swissinfo.ch

In mostra vicino a Basilea ci sono le opere dell'ultimo periodo della vita dell'artista, morto in Svizzera nel 1940 per una malattia incurabile.

Un Klee che colpisce al cuore: di fronte agli anni più difficili, il pittore non perde il suo spirito ironico e scopre un nuovo linguaggio.

Ernst Beyeler è il primo gallerista al mondo delle opere di Paul Klee: nelle sale della sua Fondazione a Riehen, nei pressi di Basilea, ne sono state finora esposte ben 700, su una produzione di circa 9000 pezzi. Della sua collezione privata fanno parte invece una ventina di tele del maestro, un numero superato solo dalle creazioni di Picasso.

Viene da chiedersi come mai la Fondazione abbia aspettato tanto, per dare spazio ad una mostra così speciale. “È una buona domanda”, dice il coordinatore dell’esposizione, lo storico dell’arte Philippe Büttner, “Da molti anni, in effetti, Ernst Beyeler desiderava vedere nella sua Fondazione un evento dedicato a Paul Klee. C’era un progetto su “Klee e la musica”, che però è stato abbandonato. Abbiamo finalmente potuto realizzare questo desiderio grazie all’appoggio del Museo Sprengel di Hannover, che ha avuto l’idea di concentrarsi sulle ultime opere della sua vita”.

Un blu triste

Ernst Beyeler ha investito molto nell’allestimento della mostra, ha raccontato il direttore della Fondazione Christoph Vitali durante la conferenza stampa di presentazione. In particolare, Beyeler ha scelto personalmente il blu cupo delle pareti, una prima assoluta nella storia del giovane museo.

Su un centinaio di opere esposte, 35 arrivano da Berna, dove sarà inaugurato nel 2005 il Centro Paul Klee. “Le mostre dedicate a Klee hanno spesso privilegiato aspetti particolari della sua produzione, come per esempio i disegni, di cui esponiamo anche noi una piccola parte”, spiega Philippe Büttner. “Ma è dal 1990 che non veniva presentata al pubblico una veduta d’insieme delle sue ultime creazioni”.

Perseguitato dal nazismo

La Fondazione Beyeler ha scelto, in collaborazione con il Museo Sprengel di Hannover, di mettere in luce, nell’evoluzione artistica di Paul Klee, le rotture che sono direttamente collegate con le tragiche vicende storiche degli anni trenta.

All’inizio del percorso espositivo, il visitatore scopre alcune opere molto colorate del periodo puntinista. Ma nel 1933 il regime nazista caccia Paul Klee dall’Accademia di Belle Arti di Düsseldorf, dove insegnava da due anni. Klee torna a vivere a Berna – la città dove era cresciuto – e il suo stile si trasforma. La tavolozza dell’artista si fa cupa e nelle tele compaiono spesse linee nere.

Nel 1935 Paul Klee viene colpito da un male incurabile cui sarà dato un nome solo dopo la sua morte, avvenuta cinque anni più tardi: la sclerodermia progressiva.

Prostrazione ed energia

“Straniero in patria, Klee diventa un estraneo anche per il suo corpo”, racconta Philippe Büttner, “quando il sistema immunitario gli si rivolta contro ed inizia ad aggredire le cellule sane dell’organismo”. Nel 1936 non dipinge praticamente nulla, ma nel giro di un paio di anni ritroverà le forze ed un’energia creatrice impressionante: nel 1939 porterà a termine ben 1253 lavori, tra cui le tele più grandi della sua produzione.

È un’esposizione che commuove: molte delle opere sembrano riflettere i suoi pensieri di fronte alla morte che si avvicina. E si moltiplicano le figure angeliche. Ecco “Una porta” (Ein Tor, 1939), un quadro immerso nel grigio, in cui forse si può rintracciare l’immagine del passaggio ad un altro mondo, mentre “Santa, veduta di una finestra” assomiglia ad un incontro con l’aldilà.

Un tocco d’ironia

“Klee non è mai morboso”, sottolinea Philippe Büttner, “e lo vediamo in questa tela colorata e ottimista, dove si cimenta con miti e grandi soggetti religiosi, ma non rinuncia ad un tocco di ironia e a mescolare i generi”. Sono parecchi i quadri colorati. “È stata senz’altro una vittoria personale”, conclude lo storico dell’arte, “riuscire a trovare nuove forme di espressione nel culmine della sofferenza”.

Klee sapeva di dover morire e “pensava che il mondo attorno a lui sarebbe morto”, dice il direttore della Fondazione Christoph Vitali. Ed è forse alla ricerca di un sollievo, che dipinge un’opera senza nome, ribattezzata da Ernst Beyeler “La prigioniera, un personaggio fra la vita e la morte”.

La creazione liberata

“Le ultime opere di un artista sono una sorta di summa della sua produzione”, racconta Beyeler per spiegare la passione per questo genere particolare, un elemento ricorrente della sua collezione. “Tutti i grandi pittori”, conclude, “hanno trasposto nelle loro ultime tele una versione diluita delle strutture adottate fino a quel momento. Questo talvolta fa nascere creazioni visionarie, che danno impulso a nuovi movimenti artistici. È andata così con Cézanne per il cubismo e con Monet per l’astrattismo”.

swissinfo, Ariane Gigon Bormann, Basilea
(Traduzione di Serena Tinari)

“Paul Klee, il compimento nelle ultime opere” è in mostra dal 10 agosto al 9 novembre alla Fondazione Beyeler di Riehen (raggiungibile in tram dalla stazione centrale di Basilea). Dal 23 novembre al 15 febbraio 2004 sarà al Museo Sprengel di Hannover.

Paul Klee nasce nel 1879 a Münchenbuchsee, vicino Berna.

Nel 1911 partecipa alla seconda esposizione del “Cavaliere blu” insieme a Kandinsky.

Insegna alla Bauhaus fra il 1920 e il 1930.

Nel 1931 riceve un incarico presso l’Accademia di Belle Arti di Düsseldorf, dalla quale il regime nazista lo caccerà nel 1933.

Nel dicembre 1933 torna a vivere nella casa paterna di Berna, insieme a sua moglie Lily.

La malattia che lo ucciderà si manifesta nell’agosto del 1935. Klee smette quasi completamente di dipingere fino all’aprile del 1936 e trascorre la convalescenza in Engadina e a Montana.

Nel 1939 Paul Klee chiede la nazionalità svizzera. L’otterrà poco tempo dopo la sua morte, avvenuta il 29 giugno del 1940 a Locarno, dove si era recato per farsi curare.

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