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L’acqua non basta per uscire dall’atomo

Turbine nella centrale idroelettrica di Beznau, nel canton Argovia. In Svizzera, le fonti rinnovabili sono all'origine del 56% della produzione di elettricità. Keystone

Il disastro nucleare di Fukushima ha rilanciato il dibattito sullo sfruttamento delle energie alternative. Lo sviluppo della principale fonte rinnovabile della Svizzera, l'energia idroelettrica, sembra aver raggiunto i suoi limiti. Anche per ragioni ambientali.

La notizia è sconcertante, anche se non proprio inattesa: l’incidente alla centrale di Fukushima è altrettanto grave di quello di Chernobyl. Il livello di radiazioni potrebbe persino essere superiore.

Di fronte alla peggior catastrofe nucleare della storia, anche la Svizzera – che di reattori ne ha cinque – s’interroga sulla possibilità di abbandonare l’energia atomica.

Fatto nuovo: pure i partiti politici tradizionalmente favorevoli all’atomo, ad esempio i liberali radicali (destra economica), si dicono intenzionati a esaminare soluzioni alternative. È di domenica la notizia che un’alleanza interpartitica promossa dal parlamentare liberale radicale Otto Ineichen chiede un’uscita a tappe del nucleare entro il 2050.

Oggigiorno, oltre la metà dell’energia elettrica prodotta in Svizzera (circa il 60%) proviene da fonti rinnovabili. La parte del leone è svolta dalle centrali idroelettriche, le quali forniscono il 95% dell’elettricità “verde”.

Il restante 5% proviene invece dai “nuovi” vettori energetici quali la biomassa, il sole, il vento e il calore ambientale. Ragioni principalmente di carattere economico (costo degli investimenti) e politico non consentono al momento di sfruttare appieno le potenzialità del fotovoltaico o della geotermia.

Per la promozione dell’energia solare, che contribuisce per meno dello 0,1% alla produzione di elettricità, l’associazione Swissolar chiede ad esempio a governo e a parlamento di stanziare più fondi, sul modello di quanto fatto in Germania.

Potenziale limitato 

Nell’ipotesi di un abbandono del nucleare, che in Svizzera fornisce quasi il 40% della corrente elettrica, l’aumento dello sfruttamento della forza idrica appare come la soluzione meno innovativa, ma più appropriata.

Grazie alla sua topografia e alla ricchezza di corsi d’acqua, la Svizzera offre in effetti le condizioni ideali per lo sfruttamento idrico (vedi dettagli a fianco).

Con la costruzione di nuove centrali idroelettriche, ritiene Robert Boes del Laboratorio di idraulica, idrologia e glaciologia del Politecnico di Zurigo, si potrebbe produrre un quarto dell’elettricità necessaria per rimpiazzare il nucleare.

Stando a diversi esperti, tuttavia, la via dell’energia idroelettrica sembra aver raggiunto i suoi limiti. Il potenziale tecnico, in particolare per quanto concerne i grandi impianti, è quasi completamente sfruttato, scrive l’Ufficio federale dell’energia (UFE).

Inoltre, aggiunge l’UFE, l’effetto dei cambiamenti climatici e l’introduzione, dal 2011, di norme più severe nella protezione delle acque, incideranno negativamente sulla produzione di energia idroelettrica.

Ambientalisti sotto pressione

A vantare un «potenziale non indifferente» sono invece le minicentrali idroelettriche con meno di 10 MW di potenza, puntualizza l’UFE.

Le circa mille minicentrali idroelettriche sparse sul territorio (alcune costruite oltre un secolo fa) potrebbero aumentare la loro produzione dal 50% al 100%, stima l’ingegnere al Politecnico di Losanna Nicolas Crettenand.

Con un po’ di buona volontà, aggiunge sulle pagine dell’Hebdo Gerhard Danioth della società di servizi energetici Alpiq, «potremmo raggiungere il 10% della produzione di elettricità in Svizzera».

Per fare questo, le organizzazioni ambientaliste e la sinistra devono però mostrarsi «più costruttive» nelle discussioni sull’energia eolica e idroelettrica, sostiene il presidente del Partito popolare democratico Christophe Darbellay, secondo cui tutti i progetti di sviluppo e modernizzazione sono stati bloccati dai ricorsi degli ecologisti.

Non mettiamo i bastoni fra le ruote, reagiscono gli esponenti del WWF Svizzera. Sui circa 800 progetti idroelettrici lanciati negli ultimi tre anni, WWF e Pro Natura hanno presentato 43 ricorsi. «Non 500 come hanno sostenuto alcuni media», precisa Dani Heusser, esperto per l’acqua del WWF.

Inoltre, rammenta il WWF, i tre quarti dei nuovi siti presentati nel quadro del programma nazionale di promozione delle energie rinnovabili (RIC, rimunerazione per l’immissione di energia a copertura dei costi) sono stati giudicati «idonei» alla realizzazione di microcentrali.

L’obiettivo delle organizzazioni ambientaliste è in primo luogo quello di far rispettare le leggi vigenti, sottolinea Heusser. «Non possiamo continuare a produrre sempre più energia a scapito della biodiversità», gli fa eco Rudy Bächtold, portavoce del WWF.

Mezza intesa sul Grimsel

Al centro di una lunga controversia, il complesso idroelettrico ad accumulazione con pompaggio del Grimsel, nell’Oberland bernese, è probabilmente il luogo simbolo dello scontro ideologico tra ecologisti e imprenditori del settore. Da anni, i progetti di ampliamento sono bloccati dai ricorsi delle organizzazioni ambientaliste (e del Partito socialista del canton Berna).

Dalla catastrofe nucleare di Fukushima le posizioni si sono però ammorbidite e la possibilità di giungere a un’intesa non è più così remota. In un comunicato dell’8 aprile, le principali associazioni ambientaliste (tra cui WWF, Pro natura e Greenpeace) rinunciano ad opporsi a due progetti di potenziamento idroelettrico, giudicati dei «compromessi accettabili».

Rimane invece invariata l’opposizione all’innalzamento della diga del Grimsel. Aumentare il livello del bacino di accumulazione, scrivono gli ecologisti, significa sommergere una zona paludosa di importanza nazionale. Un’operazione che violerebbe le leggi a protezione del territorio.

«La strada da seguire – conclude Rudy Bächtold – è quella dell’efficienza energetica, ad esempio risanando le centrali attuali con tecnologie più moderne. Senza dimenticare il potenziale ancora da sfruttare dell’energia solare, eolica e della biomassa».

La Svizzera, la “riserva d’acqua d’Europa”, produce la maggior parte della sua elettricità (35,83 miliardi di chilowattora all’anno) con le centrali idroelettriche.

Nel mondo, soltanto Norvegia, Islanda e Austria presentano percentuali più alte.

In Svizzera ci sono circa 1’600 centrali idroelettriche e 190 dighe (la più alta, 285 metri, è la Grande Dixence in Vallese).

I due terzi dell’energia idroelettrica provengono dai cantoni montani di Uri, Grigioni, Ticino e Vallese.

Lo sfruttamento della forza idrica (attraverso centrali fluviali, ad accumulazione e sistemi di pompaggio) genera un giro d’affari di circa 2 miliardi di franchi.

Mediante diversi provvedimenti, la Confederazione intende promuovere il rinnovamento e il potenziamento delle centrali esistenti. L’obiettivo è di aumentare la produzione media di almeno il 5% entro il 2030.

(fonte: Ufficio federale dell’energia)

Nel 2010 il consumo di elettricità in Svizzera è aumentato del 4% rispetto al 2009, attestandosi a 59,8 miliardi di chilowattora (kWh), indica l’Ufficio federale dell’energia.

Le centrali elettriche nazionali hanno prodotto 66,3 miliardi di kWh (- 0,4%).

Nonostante il nuovo record registrato dalla centrale di Mühleberg (Berna), la produzione di elettricità delle centrali nucleari svizzere è calata del 3,5% a 25,2 miliardi di kWh.

L’energia elettrica complessiva prodotta in Svizzera nel 2009 proveniva per il 56,5% dalle centrali idroelettriche, per il 38,1% dalle centrali nucleari e per il 5,4% da impianti termici convenzionali e da altri impianti.

Globalmente, nel 2010, sono state effettuate importazioni per 66,8 miliardi di kWh ed esportazioni per 66,3 miliardi di kWh.

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