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L’ambasciatore mediatico sul viale del tramonto

Cartellino rosso per l'ambasciatore: l'ultimo exploit mondano è costato il posto a Thomas Borer Keystone Archive

Thomas Borer, acclamato ambasciatore a Berlino, torna a casa con la coda fra le gambe. Da primo della classe nella diplomazia a vittima di sé stesso?

Una carriera sotto i riflettori, quella di Thomas Borer. Come nessun altro rappresentante diplomatico, è riuscito ad attirare l’interesse mediatico sulla sua persona nei tre anni di servizio a Berlino. Ma l’ultimo scandalo in rosa che lo ha coinvolto – ampiamente propagato dalla stampa – ha bloccato la sua carriera: il ministro degli esteri lo ha richiamato in patria.

Autoelettosi interprete di una nuova Svizzera dinamica e moderna, lontana dai luoghi comuni e dai preconcetti, Borer si è fatto promotore di un nuovo stile diplomatico, abbandonando con decisione la penombra delle anticamere dei ministeri e propugnato una presenza attiva, aperta e mondana.

Un caso emblematico che coinvolge diplomazia e stampa in un gioco al rilancio che può bruciare le dita. La stella di Borer, l’uomo che sembrava dominare il connubio fra l’arte della discrezione e quella strillata dei rotocalchi è caduta, vittima di sé stessa?

Una carriera modello

La carriera diplomatica di Thomas Borer è iniziata come tante: dopo gli studi in diritto internazionale ha superato le dure selezioni per accedere al Dipartimento degli esteri. Ma il salto di qualità dell’intraprendente basilese ha avuto una svolta nel 1996, quando viene nominato dal Consiglio federale a capo della Task Force Svizzera – Seconda guerra mondiale.

Un compito difficile per il giovane diplomatico fresco di nomina ad ambasciatore straordinario. La Svizzera si trovava infatti al centro del ciclone per il suo ruolo durante il periodo del nazismo e per il suo comportamento verso le vittime dell’Olocausto.

Con la firma dell’accordo internazionale tra le organizzazioni ebraiche e le banche svizzere, nel marzo del 1999, si è concluso il mandato dello stato maggiore di crisi straordinario. Carico d’allori per il successo del suo lavoro, Borer si è ritirato nel silenzio. Ma per poco. Neanche un mese dopo, il Consiglio federale lo ha infatti nominato rappresentante svizzero a Berlino. Uno fra i posti più ambiti e rilevanti cui un diplomatico del paese delle Alpi possa ambire.

La nomina dell’appena 41enne a capo della rinnovata sede della rappresentanza confederata nella capitale della motrice economica europea, è stata una piccola sensazione: un posto di tale importanza è andato ad un giovane rappresentante di un nuovo stile di comunicazione.

Eletti dai media

Una parte del successo Borer lo deve anche ai giornali che lo hanno seguito attentamente, già dal giorno del matrimonio. Grazie all’invito, concesso anche ai fotografi, la festa per l’unione fra il diplomatico rampante e l’ex-miss Texas e attrice americana Shawne Fielding è diventata un evento. Con le foto, la coppia è entrata nelle case di tutti.

E in ossequio al nuovo stile dell’ambasciatore, anche la biondissima moglie si è data immediatamente da fare. Presenzialista a pagamento in tutti gli appuntamenti mondani della metropoli tedesca, madrina di party e commentatrice per ogni occasione, la prima donna della rappresentanza elvetica a Berlino si è fatta subito un nome in Svizzera e soprattutto in Germania, occupando costantemente le pagine dei rotocalchi. Chiaramente con il beneplacito del marito.

Paladino del boulevard giornalistico, Borer non ha mai rinunciato ad un’occasione per mettersi in posa con la moglie. E la presenza dei due ad ogni tipo di avvenimento ha suscitato l’interesse di molti e ha contribuito a dare una folata d’aria fresca nei salotti annoiati della Germania che conta. Ma contemporaneamente ha portato i più critici a levare gli scudi: promuove il suo paese o sé stesso e la moglie.

Il culmine della messa in scena è stata l’inaugurazione della rinnovata ambasciata nel cuore pulsante di Berlino, quando i fotografi del mensile di costume Max, sono entrati nelle venerande sale, dimenticando la connotazione politica dell’edificio. E la florida moglie dell’ambasciatore si è lasciata fotografare a cavallo, in tenuta da cow-girl, da dama fasciata nella seta dell’abito da sera e da paladina del costume rurale elvetico. Abbastanza per provocare una reazione da parte del Consiglio federale che ha dimostrato il suo disappunto, pur sminuendo la portata del caso.

L’ambasciatore ha comunque proseguito nella sua scalata di pubbliche relazioni. E l’apogeo lo ha raggiunto salendo agli altari del carnevale di Aquisgrana, nello scorso febbraio. A lui è andato infatti il titolo di “Cavaliere dell’Ordine della facezia”, un titolo gradito all’interessato che non ha perso l’occasione per lodare le qualità del suo paese e le doti della moglie.

E bocciati

Adesso invece le testate dai grandi titoli e dai molti colori si sono rivoltati contro di lui. Fino al tonfo. Borer è infatti rimasto vittima dei giornali scandalistici che hanno seguito, passo per passo, la sua scalata. Basandosi sulle dichiarazioni di un’estetista, il “SonntagsBlick” ha infatti cavalcato una non dimostrata storia di corna.

Ma non è la prima volta che i Borer-Fielding offrono occasione di critica. Nel 2000 e per alcune settimane, i lettori di Blick e affini hanno visto la generosa Shawne affettuosamente seduta sulle ginocchia di un cantante pop. Per difendersi dalle domande assillanti dei giornalisti, l’ambasciatore ha dettato laconicamente ai giornalisti: “Non sono geloso, a lui piacciono i maschi”. Il cantante pop si è offeso e la stampa, grata, ha raccolto repliche e dupliche, imponendo anche al ministro degli esteri una reazione.

Alle grida di protesta della stampa che si vuole più seria e della politica che parla di manipolazione negativa di speculazioni, il direttore del settimanale zurighese ha risposto laconicamente, in un editoriale di domenica scorsa: “Sono loro che hanno aperto le porte alla stampa”. Come dire: senza stampa sarebbero dei perfetti sconosciuti. E chiaramente la stessa stampa non rinuncia allo scoop negativo. Per la coppia vale il motto: chi la fa, l’aspetti.

Le conseguenze

Adesso arriva il cartellino rosso da Berna. Troppo spettacolo non giova alla diplomazia e dunque l’ambasciatore viene richiamato in patria. “È il destino di chi vuole utilizzare i media, senza pensare alla loro funzione critica”, commenta Roger Blum, docente di scienze della comunicazione di Berna. “I media – continua l’esperto – non si limitano a propagare il successo; amplificano anche i lati negativi, seguendo una logica propria che i personaggi pubblici non possono controllare”.

Per l’osservatore però non dovrebbero esserci conseguenze definitive per Borer: “L’esempio più vicino è quello del presidente Clinton, travolto dal caso Monika Levinsky. Le accuse lo hanno fermato per un attimo, senza però impedire il ritorno alla normalità e restituirgli la capacità di governare”.

Certo è per Blum che la diplomazia odierna ha bisogno di una comunicazione più aperta: “Gli ambasciatori devono sempre più cercare attivamente il sostegno della stampa per raggiungere i loro traguardi”. Ma il ministro degli esteri ha dovuto mettere un freno all’ardore della coppia di Berlino: “Nel caso Borer-Fielding la centralità della coppia ha superato il messaggio politico”.

Daniele Papacella

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