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L’apertura giova alla piazza scientifica svizzera

Patrick Aebischer si appresta a guidare il Politecnico di Losanna per il quarto mandato swissinfo.ch

Patrick Aebischer, presidente del Politecnico federale di Losanna, era a Budapest in occasione della presentazione dei sei progetti scientifici – di cui tre svizzeri – in corsa per un finanziamento miliardario dell'Unione europea. Intervista.

Dal 4 al 6 maggio la capitale ungherese è stata la vetrina per il Programma europeo delle tecnologie future ed emergenti: gli scienziati – riuniti per l’incontro Science beyond fiction (la scienza al di là della finzione) hanno infatti presentato al pubblico i progetti di ricerca che potrebbero cambiare il nostro futuro.

In quest’ottica, l’Unione europea intende premiare due progetti quali veri e propri fiori all’occhiello (flagships): ciascuno riceverà un miliardo di euro su un periodo di dieci anni. Anche se la scelta avrà luogo soltanto tra un anno, a Budapest sono stati annunciati i 6 finalisti, scelti tra 21 candidati. Ognuno di loro otterrà un contributo di un milione di milione e mezzo di euro per perfezionare il proprio dossier in vista del verdetto finale.

Tra questi, tre sono svizzeri: due fanno capo al Politecnico federale di Losanna, uno a quello di Zurigo. Il presidente dell’ateneo vodese – recentemente riconfermato dal governo per un nuovo mandato fino al 2016 – è raggiante per un risultato «che supera tutte le aspettative».

swissinfo.ch: Perché la Svizzera riesce a emergere in ambito scientifico e tecnologico?

Patrick Aebischer: La Svizzera può innanzitutto vantare una lunga tradizione di qualità e di eccellenza. Inoltre, una delle motivazioni alla base del successo è la sua apertura nel campo accademico. Infatti, a partire dalla sua creazione oltre cinquant’anni or sono, il Fondo nazionale per la ricerca scientifica giudica i progetti in base alla qualità.

Questa scelta è nota e rispettata dagli scienziati. Di conseguenza, ciò ci permette di attirarli nella Confederazione, garantendo le condizioni ideali per svolgere le ricerche e innovare.

swissinfo.ch: Negli atenei elvetici un docente su due, e uno studente su due, sono stranieri. Il passaporto conta nel settore scientifico?

P.A.: Spero di no! Il contesto multiculturale in cui le persone si sentono a loro agio è uno dei punti di forza della Svizzera. Questo ci consente infatti di attirare i migliori cervelli stranieri, ma anche gli svizzeri che desiderano tornare in patria dopo aver lavorato all’estero.

Per uno scienziato è importante andare all’estero e confrontarsi con altri sistemi. Nel contempo, gli scienziati svizzeri devono essere coscienti della possibilità di studiare all’estero e poi rientrare in patria, per svolgere qui la loro attività.

swissinfo.ch: Finora il processo di selezione dei progetti che ambiscono al finanziamento miliardario è avvenuto sulla base di criteri scientifici. Ma la scelta finale sarà politica…

P.A.: Evidentemente entreranno in gioco i criteri politici, economici e finanziari; da questo punto di vista la Svizzera è certamente meno favorita rispetto alla prima fase, in cui contavano gli aspetti puramente scientifici.

Dovremo quindi collaborare con ricercatori provenienti da grandi paesi, in maniera tale che i nostri progetti possano essere sostenuti anche da scienziati europei che non lavorano nella Confederazione.

swissinfo.ch: A suo parere, quante sono le possibilità di veder premiati due progetti svizzeri?

P.A.: Poche. Ma sarebbe comunque peggio non averne nemmeno uno! In ogni caso spero che almeno uno dei due finanziamenti – idealmente due – sia attribuito a un progetto svizzero. Ritengo però che non si debba attribuire troppa importanza alle bandiere e ai passaporti.

Una cosa è certa: se si vuole avere successo, occorre il sostegno del parlamento e di tutta la classe politica per promuovere questi progetti e finanaziarne una parte.

swissinfo.ch: I due progetti vincenti dovrebbero ricevere un miliardo di euro ciascuno. Concretamente, da dove proviene l’importo?

P.A.: La questione è ancora in discussione. Il 30%-50% dovrebbe essere garantito dall’Unione europea, il resto dagli Stati membri. Di conseguenza i progetti con basi solide in diversi paesi hanno maggiori possibilità di aggiudicarsi il finanziamento.

swissinfo.ch: La Svizzera continua a non partecipare all’Unione euro, ma il suo statuto non sembra creare grandi problemi agli scienziati…

P.A.: Effettivamente per ora non vi sono troppi problemi, ma ciò vale se si considera soltanto la dimensione scientifica. Non va infatti dimenticato che all’orizzonte vi sono molte scadenze politiche: la catastrofe per la Confederazione sarebbe perdere improvvisamente il legame con l’Europa a causa della clausola-ghigliottina [se uno degli accordi bilaterali tra Svizzera e UE viene disdetto, lo stesso avviene automaticamente per tutti gli altri]. Per la scienza svizzera sarebbe drammatico.

Dopo studi in medicina e scienze neurologiche alle Università di Friburgo e Ginevra, Patrick Aebischer è stato professore alla Brown University di Rhode Island (USA) e attualmente è membro di numerose organizzazioni scientifiche.

Tra queste: l’Accademia svizzera delle scienze tecniche, l’Accademia svizzera delle scienze mediche e l’Istituto americano di ingegneria medica e biologica. È inoltre fondatore di tre aziende di biotecnologia e fa parte del consiglio di amministrazione del Gruppo Lonza.

Dal 1° marzo 2000 presiede il Politecnico federale di Losanna.

Tecnologie future e emergenti(FET) è un programma europeo si sostegno alla ricerca nei settori legati alle tecnologie dell’informazione e della comunicazione.

In 22 anni questo programma ha cofinanziato 526 progetti con un budget in continua crescita (370 milioni di euro per il periodo 2007 – 2011).

Lo scopo è di sostenere ricerche “a lungo termine e ad alto rischio”, che “potrebbero trasformare radicalmente le basi scientifiche e tecnologiche della società di domani”.

Flagship. La Commissione europea sceglierà l’anno prossimo due progetti, ciascuno dei quali riceverà un miliardo di franchi su un periodo di 10 anni (100 milioni all’anno).

Questi progetti su grande scala dovranno essere visionari, ma fondati scientificamente, politicamente sostenibili e finanziariamente solidi. Devono inoltre avere il potenziale per fornire “soluzioni ad alcune delle più grandi sfide della società”.

Traduzione e adattamento: Andrea Clementi

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