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L’eredità del “Robin Hood” svizzero

Bruno Manser: ufficialmente morto, ma non dimenticato Keystone Archive

Bruno Manser è stato ufficialmente dichiarato scomparso dal Tribunale civile di Basilea, quasi cinque anni dopo essere sparito nelle foreste del Borneo.

Ma i suoi sforzi per salvare la foresta tropicale non sono stati dimenticati e continuano ad influenzare l’atteggiamento nei confronti del legno tropicale.

«Sono cinque anni che Bruno è scomparso senza lasciare tracce. Questo non è solo un passo legale, ma anche simbolico», dice Lukas Straumann, direttore del Fondo Bruno Manser (BMF), istituito dal noto militante ecologista per sostenere la lotta in favore degli indigeni Penan del Sarawak, nella Malaysia orientale.

Manser aveva vissuto con loro nella giungla fra il 1984 ed il 1990, e aveva lasciato il paese dopo un mandato d’arresto spiccato nei suoi confronti. Di ritorno in Svizzera, non aveva però cessato la lotta e si era conquistato una fama nazionale quando nel 1993 aveva inscenato uno sciopero della fame di 60 giorni davanti a Palazzo federale a Berna.

La sua azione era volta a sensibilizzare l’opinione pubblica sulla distruzione dell’habitat naturale dei Penan, a causa dei disboscamenti illegali praticati nella foresta tropicale per ottenere legno pregiato.

A causa della sua lotta, Manser era stato dichiarato «nemico dello Stato» ed espulso dalla Malaysia.

Un eroe

«Bruno Manser è ancora considerato un eroe dai Penan, perché ha fatto conoscere la loro lotta per la sopravvivenza al mondo intero», spiega Straumann a swissinfo. «Allora il problema della deforestazione, con le correlate violazioni dei diritti umani, non era ancora molto conosciuto».

L’ultimo segno di vita documentabile di Manser risale al 23 maggio 2000. Il 29 marzo 1999 era atterrato con un parapendio motorizzato a Kuching, presso la residenza del primo ministro del Sarawak e immediatamente arrestato.

Nella primavera del 2000 aveva però di nuovo tentato di raggiungere clandestinamente il Sarawak. Manser sarebbe stato visto l’ultima volta da un membro della tribù Penan a fine maggio. Il basilese avrebbe detto di avere l’intenzione di scalare il monte Batu Lawi, una montagna di 2000 metri di altitudine con versanti molto scoscesi.

Gli amici non hanno dunque escluso l’ipotesi dell’incidente oltre che quella di una possibile uccisione. Le indagini delle autorità malaysiane e due spedizioni organizzate in loco dalla Svizzera non hanno però dato alcun risultato.

Ma nonostante la sua sparizione, l’impatto della campagna di Manser contro la deforestazione resta vivo: «Finì sulle prime pagine dei giornali in Svizzera», sottolinea Straumann.

Robin Hood

«Influenzò non solo l’opinione pubblica, che lo ammirava per il coraggio mostrato nel difendere i più deboli, ma convinse anche l’amministrazione dell’importanza della salvaguardia del legno tropicale», ricorda Hans-Peter Egler, del Segretariato di stato per l’economia (seco).

«Penso che in ogni essere umano ci sia un piccolo Bruno Manser. Era una specie di Robin Hood che lottava per gli oppressi. Era credibile perché viveva i propri principi. Grazie al suo impegno, gli svizzeri sostengono un uso più razionale del legno tropicale».

Il culmine dell’importazione di legno tropicale in Svizzera fu negli anni ’70, ma poi cominciò a diminuire progressivamente. Secondo un recente rapporto del WWF, l’8% dei 23mila metri cubici di legno tropicale commercializzato in Svizzera è ancora di origine illegale.

Eredità

Secondo Straumann, questa percentuale piuttosto ridotta è un segno che la gente non vuole la distruzione delle foreste tropicali, ma si potrebbe far meglio.

«Nel Sarawak la maggior parte delle foreste che Bruno cercava di proteggere sono sparite. I Penan fanno fatica a tener lontani i tagliatori di legno dalle poche sacche di foresta che sono loro rimaste».

Il legno tropicale finisce soprattutto nei mercati cinese e giapponese, anche se i prezzi pagati in Europa sono più alti.

L’eredità di Manser potrebbe comunque continuare a vivere nel Sarawak se il progetto di costituire una riserva naturale per i Penan dovesse essere approvato.

«Il governo del Sarawak ne sta discutendo. Dice di voler dare dei terreni agli indigeni, ma per ora sul terreno sta avvenendo esattamente il contrario», afferma Straumann.

Gli stessi indigeni comunque sono scettici riguardo al progetto di parco nazionale, che li costringerebbe a diventare bracconieri sul proprio territorio. Preferirebbero continuare a difendere i diritti tribali sulla loro foresta.

In discussione ora un progetto che comprende una riserva naturale e un’area preposta al disboscamento fatto secondo norme di sviluppo sostenibile. Un primo incontro, informa il Segretariato di stato per l’economia svizzero, dovrebbe aver luogo in Malesia il mese prossimo.

swissinfo, Scott Capper
traduzione ed adattamento, Raffaella Rossello

Bruno Manser visse in Borneo tra il 1984 e il 1990, studiando e registrando la lingua e gli usi e costumi degli indigeni Penan.
Negli anni ’90 fece molte conferenze sul Sarawak.
È scomparso nel 2000, dopo essere rientrato clandestinamente in Borneo.

Bruno Manser, nato il 25 agosto 1954 a Basilea, era malvisto dalle autorità della Malaysia e dagli industriali del legno per la sua lotta a favore degli indigeni Penan.

Manser aveva ricevuto diversi premi per il suo impegno politico e ambientalista.

Una sua biografia sarà pubblicata entro breve dalla casa editrice bernese Zytglogge, con il titolo «Bruno Manser – la voce della foresta» (in tedesco). Il 21 maggio si terrà a Basilea una commemorazione ufficiale.

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