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L’insegnamento dell’italiano, fra soldi e coesione

L'italiano presto bandito dai licei sangallesi? Keystone

L’italiano rischia di sparire dalle aule dei licei del canton San Gallo. Il governo propone di sopprimere l’insegnamento della lingua del sì come materia specifica. La Svizzera italiana si mobilita e coalizza per difendere il plurilinguismo nazionale.

La notizia è piombata come una mannaia. Nel Medioevo erano le teste a rotolare, questa volta a finire sotto l’ascia del risparmio è l’italiano.

Il governo del canton San Gallo ha proposto, per motivi finanziari, l’abolizione dell’italiano come materia specifica nei licei cantonali.

Questa decisione permette al cantone di risparmiare 250’000 franchi all’anno e fa parte di un pacchetto di 54 misure di risparmio, di cui cinque concernono i licei.

Vittima dei risparmi

Stando a Martin Gehrer, membro dell’esecutivo e responsabile del dipartimento delle finanze, per il canton San Gallo si prospettano infatti due anni – dal 2012 al 2014 – di cifre rosse. In questo lasso di tempo il deficit cantonale dovrebbe aggirarsi tra i 257 e i 320 milioni di franchi.

Così, cifre alla mano, l’esecutivo ha deciso di sopprimere l’italiano come materia specifica nei cinque licei cantonali. «L’italiano è scelto da circa il 5%, lo spagnolo dal 17% dei liceali. Mi dispiace, ma l’esecutivo deve risparmiare», spiega a swissinfo.ch Christoph Mattle, responsabile dell’ufficio dell’educazione del cantone San Gallo.

Questa misura entrerà in vigore a partire dall’anno scolastico 2012/13, sempre che il parlamento approvi il risparmio di 100 milioni di franchi durante la sessione primaverile. «Chi ha scelto l’italiano come opzione specifica potrà continuare a seguire le lezioni fino agli esami di maturità. Tale opzione sarà soppressa completamente soltanto tra quattro anni. In futuro, gli studenti avranno la possibilità di impararlo scegliendolo come disciplina fondamentale o facoltativa e di presentarsi agli esami di maturità», illustra Mattle.

Effetto domino?

Nella Svizzera italiana si è assistito inizialmente con incredulità e poi si è reagito con indignazione alla proposta dell’esecutivo sangallese. Così, canton Ticino, Pro Grigioni Italiano e Coscienza Svizzera si sono uniti formando un fronte comune per difendere la minoranza linguistica anche Oltralpe, per salvare il plurilinguismo elvetico e la coesione nazionale.

Anche l’Associazione dei professori svizzeri d’italiano (ASPI) si è mobilitata e ha lanciato una petizione on-line contro l’abolizione dell’italiano come opzione specifica nei licei sangallesi. Donato Sperduto, presidente dell’ASPI, teme infatti che la soluzione adottata da San Gallo «possa fungere da modello per altri cantoni».

Timore condiviso da Bruno Moretti, professore ordinario di linguistica italiana all’università di Berna: «San Gallo potrebbe servire da rompighiaccio e potrebbe legittimare altri cantoni a prendere una decisione analoga».

Italiano: superato il momento peggiore

Che la lingua del sì stia perdendo sempre più terreno a nord delle Alpi non è una novità. I dati statistici indicano infatti che sono sempre meno gli svizzeri – se si esclude la Svizzera italiana – a parlare italiano.

Si è passati da circa il 12% del 1970 al 6% del 2010, stando almeno alle stime. Questo calo è da addebitare all’avvenuta integrazione dei figli e nipoti dei migranti, arrivati dalla Penisola. Da alcuni anni le statistiche indicano tuttavia «un bilancio migratorio della popolazione italiana positivo: sono più gli italiani che raggiungono la Svizzera di quelli che la lasciano», puntualizza Moretti.

Il quadro sul numero degli allievi che scelgono di studiare l’italiano è invece molto frammentario. Nella Svizzera romanda pare non esista il problema dell’insegnamento dell’italiano nei licei. «Nella parte germanofona del paese varia da liceo a liceo. In alcuni istituti scolastici tiene molto bene, in altri è crollato. In generale lo spagnolo attira di più dell’italiano», illustra Donato Sperduto che basa le sue osservazioni su un’indagine non rappresentativa condotta dall’ASPI.

Il condirettore dell’Istituto di lingua e letteratura italiana all’università di Berna Bruno Moretti ha l’impressione tuttavia che il momento peggiore sia stato superato. «Negli anni Ottanta – illustra Moretti – l’italiano ha goduto di grande popolarità, perdendo poi terreno nei confronti delle lingue dell’America latina e del rock. Ora sembra che la fase negativa si stia attenuando. Certo, la decisione di San Gallo non è ideale per diffondere una moda».

Soldi e coesione nazionale

Malgrado tutto, il calice amaro sangallese potrebbe lasciare in bocca un retrogusto dolce. Infatti, ha rinsaldato la coesione dei difensori dell’italianità e questo, specialmente se non ci si fermerà alla mera protesta, potrebbe avere degli effetti positivi sul plurilinguismo e sulla coesione nazionale.

«La crisi costringe a pensare a nuove soluzioni e idee. L’italiano non va più inserito in una posizione di concorrenza con le altre lingue insegnate a scuola, che hanno a disposizione armi più seducenti, ma deve proporre idee innovative», afferma Moretti, riferendosi alla proposta di introdurre nelle scuole un modulo della durata di una settimana, un “Curriculum minimo di italiano”, capace di avvicinare i giovani all’italiano come lingua straniera con metodologie all’avanguardia nell’insegnamento.

È indubbio che la decisione del canton San Gallo contrasta con l’idea di una Svizzera rispettosa delle minoranze e con la politica linguistica della Confederazione, promossa anche dalla legge sulle lingue entrata in vigore il primo gennaio 2010. Fintanto, tuttavia, che i cantoni godranno di un’ampia autonomia in ambito di educazione e le loro scelte saranno prese mettendo sul bilanciere soldi e coesione nazionale, be’, il plurilinguismo uscirà sempre con le ossa rotte.

La legge federale sulle lingue nazionali e la comprensione tra le comunità linguistiche (LLing) è entrata in vigore il 1° gennaio 2010.

È stata approvata nel 2007 contro la volontà del governo e dei partiti di destra, per i quali le lingue dovrebbero essere di esclusiva competenza dei cantoni.


L’uso delle lingue ufficiali della Confederazione è regolamentato nella sezione 2.

L’articolo 9 sancisce che «i membri del Consiglio federale, il cancelliere della Confederazione e gli impiegati dell’Amministrazione federale «lavorano a scelta in tedesco, francese o italiano».

L’ordinanza sulle lingue nazionali, entrata in vigore il 1° luglio 2010, stabilisce le quote per gli impiegati della Confederazione, basate sul rispettivo peso demografico delle comunità linguistiche.

Il 70% del personale federale dovrebbe essere di lingua tedesca, il 22% di lingua francese, il 7% di lingua italiana e l’1% di lingua romancia.

La Svizzera ha

quattro lingue nazionali

: tedesco, francese, italiano e romancio. Le prime tre sono anche lingue ufficiali della Confederazione, mentre il romancio lo è solo nei rapporti con le persone di lingua romancia.


Lingue nazionali
tedesco
francese 20,4%
italiano 6,5%
romancio 0,5%

Lingue non nazionali:
serbo-croato 1,4%
albanese 1,3%
portoghese 1,2%
spagnolo 1,1%
inglese 1,0%
turco 0,6%
tamil 0,3%
arabo 0,2%

Dati del censimento federale del 2000.

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