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L’integrazione non va attuata con minacce e sanzioni

Il rapporto con la popolazione straniera figura sempre di più al centro del dibattito politico in Svizzera Keystone

La politica in atto per l'integrazione degli stranieri sta diventando sempre più uno strumento per imporre sanzioni nei loro confronti. È quanto denuncia la Commissione federale della migrazione, che respinge nel contempo l'iniziativa popolare per l'espulsione degli stranieri che commettono reati.

“Le questioni relative agli stranieri sono sempre più dominate da supposizioni e dagli esempi più scioccanti di criminalità. La nostra commissione ritiene chiaramente che gli atti di criminalità vadano repressi, ma denuncia nel contempo questa tendenza a stigmatizzare gli stranieri attraverso casi di criminalità”, ha dichiarato martedì Francis Matthey, presidente della Commissione federale della migrazione (CFM), in occasione della conferenza stampa annuale.

In questa tendenza si iscrive, secondo la commissione, anche l’iniziativa popolare dell’Unione democratica di centro per l’espulsione degli stranieri che commettono reati. “Benché i suoi promotori lo contestino, in questo modo si nutre di nuovo un clima di ostilità e paura nei confronti della popolazione straniera residente in Svizzera”.

In base all’iniziativa, che ha raccolto oltre 210’000 firme, perderebbero automaticamente il diritto di dimora e di soggiorno in Svizzera non solo gli stranieri condannati per crimini gravi – quali omicidio, violenza carnale, rapina, tratta di esseri umani o traffico di stupefacenti – ma anche coloro che percepiscono illegalmente prestazioni dell’assistenza o delle assicurazioni sociali.

Legislazione sufficiente

La legislazione attuale prevede già la possibilità di espellere gli stranieri criminali, ha rammentato Francis Matthey a nome della CFM. Nonostante alcune differenze nelle pratiche di esecuzione, tutti i cantoni rinviano gli stranieri che si macchiano di gravi crimini. Nuove modifiche costituzionali non sarebbero quindi necessarie.

L’iniziativa, sempre a detta della commissione, rimette inoltre in causa alcuni principi della Costituzione federale e del diritto internazionale. L’espulsione automatica degli stranieri che commettono reati, senza tener conto delle circostanze dell’infrazione alla legge, non rispetterebbe i principi della vita privata e familiare, soprattutto se si tratta di minorenni. Nel caso di rifugiati, verrebbe violato il principio di non respingimento sancito dalla Convenzione di Ginevra sui rifugiati e dalla Convenzione europea dei diritti umani.

A pochi giorni dall’esame dell’iniziativa da parte del Consiglio nazionale, la CFM respinge pure il controprogetto voluto dalla Camera alta, in base al quale l’espulsione sarebbe prevista solo in caso di crimini gravi o di delitti minori per i quali è stata sentenziata una pena detentiva di almeno 2 anni.

Nel controprogetto è stato inoltre inserito un articolo che impone misure di integrazione per gli stranieri interessati ad ottenere un permesso di soggiorno. A detta della CFM, sarebbe però sbagliato ancorare a livello costituzionale un “legame inopportuno” tra la questione dell’integrazione e il problemi della criminalità degli stranieri.

Sanzioni e minacce

A tale proposito, la CFM si è detta a livello generale preoccupata per la crescente tendenza a strumentalizzare il dibattito sull’integrazione degli stranieri. “La questione dell’integrazione sta diventando sempre più uno strumento di misura per pronunciare sanzioni e minacce nei confronti degli stranieri”, ha dichiarato Simone Prodolliert, segretaria della commissione.

Finora, la tematica dell’integrazione era vista soprattutto come sforzo comune, da parte degli stranieri e della società, per promuovere una comprensione reciproca, una coabitazione armoniosa e una coesione sociale. Ma anche per ridurre le disparità e offrire pari opportunità agli stranieri, spesso chiamati ad assimilare una nuova cultura ed una nuova lingua.

Negli ultimi tempi, si parla sempre meno della responsabilità della società in materia d’integrazione, mentre il dibattito si concentra sempre di più sulle esigenze poste agli stranieri, osserva la CFM. Si sta cercando soprattutto di definire dei criteri di misura per valutare il grado d’integrazione, in modo da poter esprimere delle sanzioni, come il rifiuto del rinnovo del permesso di soggiorno.

Tra i criteri proposti da diversi politici vi è ad esempio l’obbligo di conoscere o apprendere una lingua nazionale. “La conoscenza di una lingua nazionale deve essere vista come un mezzo per favorire l’integrazione e non come uno strumento per imporre delle sanzioni”, ha sostenuto Simone Prodolliert.

Dibattito inutile

Francis Matthey ha per finire criticato il peso “eccessivo” accordato da politici, media e società a temi quali il porto del burka. “Più si parla di questi temi e più finiscono con diventare veramente un problema. In Svizzera vi sono appena poche decine di donne che portano il burka e, nella maggior parte dei casi, si tratta di donne svizzere”.

Le polemiche sul burka stanno mettendo in secondo piano il dibattito su temi molto più importanti che riguardano l’integrazione degli stranieri. Proprio per rilanciare questo dibatttito, la CFM ha presentato una serie di raccomandazioni alle autorità che mirano ad attuare l’integrazione degli stranieri “sulla base dei valori costituzionali, del rispetto e della tolleranza reciproca”, come previsto dalla nuova legge federale sugli stranieri del 2008.

Armando Mombelli, swissinfo.ch

Alla fine del 2008, la Confederazione contava 7,7 milioni di abitanti.

Con 1,6 milioni di persone, i cittadini stranieri costituivano il 21,7% della popolazione complessiva. Questa percentuale è più che raddoppiata negli ultimi 50 anni: nel 1960 corrispondeva ancora al 10%.

L’86,5% degli stranieri residenti in Svizzera sono di nazionalità europea e pressappoco due terzi (62,1%) provengono da un Paese dell’Unione europea o dell’Associazione europea di libero scambio.

La popolazione straniera più importante rimane quella degli italiani (17,5%), seguita dai tedeschi (14,1%), dai portoghesi (11,8%), dai serbi e montenegrini (11,1%).

21 maggio 2000: sì da parte del 67,2% dei votanti alla conclusione di sette trattati bilaterali tra la Svizzera e l’UE, tra cui l’accordo sulla libera circolazione delle persone.

24 settembre 2000: no (67%) ad un’iniziativa popolare che mira a limitare l’immigrazione in Svizzera.

24 novembre 2002: no (50,1%) ad un’iniziativa che chiede di restringere le norme sul diritto di asilo.

26 settembre 2004: no (56,8%) alla proposta di agevolare la naturalizzazione dei giovani stranieri della seconda generazione e no (51,6%) all’acquisizione automatica della cittadinanza svizzera per gli stranieri della terza generazione.

5 giugno 2005: sì (54,6%) all’adesione della Svizzera ai trattati comunitari di Schengen (polizia e giustizia) e Dublino (asilo).

25 settembre 2005: sì (56%) all’estensione dell’accordo sulla libera circolazione delle persone ai 10 nuovi membri dell’UE.

24 settembre 2006: sì (68%) alla revisione della legge federale sugli stranieri e sì (67%) all’inasprimento della legge federale sull’asilo.

1° giugno 2008: no (63,8%) ad un’iniziativa dell’UDC che propone di sottoporre al voto dei cittadini le richieste di naturalizzazione.

8 febbraio 2009: sì (59,6%) al rinnovo dell’accordo tra la Svizzera e l’UE sulla libera circolazione delle persone e alla sua estensione a Romania e Bulgaria.

29 novembre 2009: sì (57.5%) ad un’iniziativa della destra nazionalista che impone un divieto alla costruzione di nuovi minareti.

2011: dovrebbe approdare a votazione federale l’iniziativa dell’UDC per l’espulsione degli stranieri che commettono reati.

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