Prospettive svizzere in 10 lingue

L’italiano sui banchi di scuola

Poco spazio per l'italiano nelle scuole delle regioni non italofone Keystone Archive

L'insegnamento della lingua di Dante in Svizzera? Fuori da Ticino e Grigioni italiano è un problema sempre più sentito, soprattutto dagli immigrati.

A Berna un convegno organizzato dall’ambasciata d’Italia ha voluto fare il punto della situazione.

Svizzera paese dalle quattro lingue nazionali. Unico paese, con San Marino e l’Italia – che pure non lo cita nella costituzione – ad avere l’italiano come lingua ufficiale. Eppure, aldilà dei buoni propositi il plurilinguismo basato sulle lingue nazionali sembra avere qualche problema ad affermarsi.

Il principio di territorialità, un cardine della politica culturale e linguistica svizzera, prevede che italiano, tedesco, francese e romancio vengano sostenuti e valorizzati là dove sono parlati dalla maggioranza della popolazione. Nelle altre regioni spetta ai singoli cantoni decidere quali lingue straniere – nazionali o no – inserire nei programmi scolastici.

L’italiano, che resta pur sempre una delle grandi lingue di cultura europee, sembra perdere sempre più terreno nelle scuole della Svizzera tedesca e francese. Ma il problema non riguarda solo l’insegnamento: anche per la strada, a meno di trovarsi in Ticino o nel Grigioni italiano, la lingua del sì è in regresso. Una situazione che preoccupa soprattutto gli immigrati italiani.

Un convegno tra ideale e realtà

Per discutere il problema della valorizzazione dell’italiano in Svizzera, Lorenzo Ferrarin, ambasciatore d’Italia a Berna, ha promosso il convegno «L’insegnamento della lingua italiana in Svizzera: temi e prospettive», tenutosi il 12 aprile all’Università di Berna.

Sono intervenuti numerosi personaggi di spicco del mondo politico e culturale svizzero e italiano. Per l’ambasciatore Ferrarin era indispensabile che fosse rappresentato il punto di vista di tutti quanti sono in qualche modo toccati dal problema dell’insegnamento dell’italiano in Svizzera.

Gli obiettivi del convegno però sono stati raggiunti solo in parte. Di certo si sono toccati molti temi, dal ruolo svolto dalla Radio e Televisione svizzera di lingua italiana (RTSI), al sistema d’insegnamento delle lingue straniere in Svizzera, passando per i progetti della Commissione nazionale italiana di promozione della cultura all’estero.

«È mancato però l’intervento dei diretti interessati», fa notare a swissinfo Cesidio Celidonio, insegnante della scuola elementare italosvizzera di Basilea e attivo nella sezione scuola del sindacato CIGL. «Non si è dato un ruolo da protagonisti al personale scolastico, ai genitori, agli stessi studenti che secondo me rappresentano la voce primaria da ascoltare per rivedere e riposizionare i nostri interventi linguistici in questo paese».

Italiano lingua madre, italiano lingua seconda

In effetti, nei giorni in cui gli insegnanti dei corsi di lingua e cultura italiana di stanza a Berna sono in sciopero perché da cinque mesi a questa parte non ricevono più lo stipendio, ci si sarebbe aspettati una più ampia discussione dei problemi concreti che interessano l’insegnamento dell’italiano in Svizzera.

Inoltre non si è sottolineato in modo sufficiente il diverso punto di partenza dell’operato svizzero e italiano. Al di fuori di Ticino e Grigioni, per le autorità scolastiche svizzere l’italiano è una lingua da offrire come lingua seconda. Anche se si tratta di una lingua nazionale chi desidera studiarla, nella maggioranza dei casi, parte da zero.

«I figli degli immigrati invece», commenta Celidonio, «sono già in possesso di una conoscenza di base dell’italiano. Per loro non si tratta di acquisire competenze comunicative essenziali, ma di perfezionare la lingua e soprattutto di avere l’occasione di identificarsi maggiormente con la cultura italiana».

Finora grazie ai corsi di lingua e cultura finanziati dallo Stato italiano e alle 17 scuole italiane presenti sul territorio elvetico era possibile offrire a chi aveva delle radici italiane un tipo d’insegnamento adeguato. Negli ultimi tempi però la situazione si è deteriorata, soprattutto per quanto concerne gli stipendi degli insegnanti, che faticano ad arrivare da Roma.

«La non retribuzione degli insegnanti è un segnale del disimpegno e della scarsa importanza che il Ministero degli esteri attribuisce a questo settore», afferma Celidonio. «Se ci saranno altri tagli e altri problemi non sarà più possibile garantire un insegnamento valido».

Corsi importanti anche per la Svizzera

L’importanza dei corsi di lingua e cultura italiana è stata messa in evidenza anche da Mario Annoni, direttore del Dipartimento dell’educazione, della cultura e dello sport di Berna, che ha ringraziato l’Italia per il lavoro svolto. «Gli emigrati coscienti delle proprie origini fanno meno fatica ad integrarsi» ha dichiarato nel corso del suo intervento.

La Svizzera però non può assumersi l’impegno di sostenere questi corsi, perché si troverebbe confrontata alle richieste di numerose altre comunità d’immigrati. Per Annoni, il compito dei cantoni risiede nell’offrire la possibilità di studiare l’italiano anche solo come materia facoltativa. Se le statistiche dimostrano che questa strategia ha portato ad un calo degli studenti d’italiano, dicono però anche che questi ultimi sono in genere più motivati della media.

Motivati sono di certo gli studenti del liceo artistico Freudenberg di Zurigo, che offre una maturità bilingue riconosciuta sia in Svizzera che in Italia. Fin dagli esordi, alla fine degli anni Ottanta, il 75% degli allievi era di origini svizzerotedesche: la prova che se abbinato ad un discorso culturale ampio, l’italiano ha buone possibilità di essere apprezzato.

Ticino, aiuto!

Il principio di territorialità porta i cantoni non italofoni a salutare con favore i corsi di lingua e cultura italiana ma non a sostenerli finanziariamente. Come si comportano Ticino e Grigioni italiano? Così come l’Italia sarebbero interessati al potenziamento dell’identità plurilingue della Svizzera, ma non sembrano in grado di assumersi un impegno concreto al di fuori dei loro confini.

«Purtroppo non siamo ancora riusciti a trovare un’alleanza forte col Ticino», commenta Celidonio. Inoltre nemmeno l’Università della Svizzera italiana (Usi) è riuscita ad impegnarsi in modo deciso a favore dell’italiano. Solo nel triennio di base i corsi sono essenzialmente nella lingua di Dante. Poi, per il biennio di specializzazione si passa all’inglese.

«Dobbiamo essere competitivi e attirare persone che vengono dai luoghi più disparati» ha dichiarato nel suo intervento Marco Baggiolini, presidente dell’Usi. Una dichiarazione che ha suscitato qualche mormorio di dissenso, anche perché lo stesso Baggiolini aveva ammesso che lo slogan «l’unica università di lingua italiana al di fuori dell’Italia» funziona bene a livello di marketing.

swissinfo, Doris Lucini, Berna

Nel 2000 l’italiano in Svizzera era la lingua principale di 470’000 persone (6,5%).
Circa la metà vive nel territorio italofono della Confederazione
1300 corsi di lingua e cultura italiana operanti in Svizzera per un totale di 15’000 allievi e 200 insegnanti
17 scuole italiane, frequentate da circa 1000 studenti, 171 docenti

Tenutosi in pompa magna, il convegno ha suscitato la rabbia di numerosi insegnanti italiani attivi in Svizzera nel quadro dei corsi di lingua e cultura. Da cinque mesi non ricevono lo stipendio che dovrebbe essere versato dal Ministero degli esteri agli enti gestori presenti sul territorio elvetico.

Ufficialmente si tratta di un problema informatico, ma gli insegnanti ci credono poco. Già all’inizio del 2002 ci fu un blocco degli stipendi durato tre mesi. Nella regione di Berna gli insegnanti hanno deciso di scioperare, mentre altrove le lezioni continuano.

I corsi offrono ai figli degli italiani le nozioni necessarie per non perdere il contatto con la terra d’origine. Si tengono dal secondo all’ottavo anno scolastico con un ritmo di 2-4 ore la settimana. In programma ci sono lingua, cultura, storia, educazione civica e geografia.

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