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L’ora della verità per l’iniziativa sulle armi

Lotta all'ultima scheda per l'iniziativa sulle armi? Keystone

L'elettorato elvetico si è pronunciato domenica su un'iniziativa popolare che vuole restringere l'accesso alle armi da fuoco. Le urne si sono chiuse a mezzogiorno e subito è iniziato lo spoglio delle schede.

Al termine di una campagna palpitante, per oppositori e sostenitori è ora iniziata l’ansiosa attesa dei risultati. Sull’esito del voto alla vigilia regnava ancora incertezza.

Nell’ultimo sondaggio condotto dall’istituto gfs.bern per conto della Società svizzera di radiotelevisione SSR, pubblicato il 2 febbraio, fautori e avversari dell’iniziativa “Per la protezione dalla violenza perpetrata con le armi” erano gomito a gomito, con il 47% di intervistati a favore il testo, il 45% contrario e l’8% ancora indeciso.

Con uno scarto così esiguo è molto difficile prevedere con certezza il verdetto che uscirà oggi dalle urne. Il vantaggio dei sì, seppur di misura, a così breve scadenza dallo scrutinio è un fatto relativamente raro per un’iniziativa.

Ciò dimostra che il testo gode di un solido sostegno popolare. Ma d’altro canto, l’esperienza insegna che, solitamente, gli elettori indecisi alla fine tendono a seguire il parere del governo e del parlamento e ad aderire al campo degli oppositori di un’iniziativa.

L’evoluzione tra il primo e il secondo sondaggio, sembra preannunciare una conferma di questo andamento classico. Nel precedente sondaggio, infatti, i sì avevano un ampio vantaggio – il 52%, contro il 39% di no – che si è eroso quasi completamente nel giro di un paio di settimane di campagna.

Diversi scenari possibili

Dato però che l’opinione pubblica appare ancora molto divisa, gli specialisti di indagini demoscopiche non escludono in assoluto la possibilità di altri scenari. Per esempio, un’elevata mobilitazione femminile potrebbe anche far pendere la bilancia dalla parte dei sì.

Un altro fattore che potrebbe determinare il destino dell’iniziativa è la divisione fra centri urbani – favorevoli – e zone rurali – contrarie –. Il testo potrebbe anche essere approvato dalla maggioranza dei votanti, ma respinto dalla maggioranza dei cantoni. Questa variante significherebbe l’affossamento dell’iniziativa. Come per ogni modifica della Costituzione federale, infatti, l’adozione necessita della doppia maggioranza del popolo e dei cantoni.

Le armi resteranno a casa o andranno in arsenale?

In gioco c’è in particolare una tradizione elvetica: quella di far custodire ai militi l’arma d’ordinanza al proprio domicilio. Ciò è stato imposto fino alla fine del 2009 ai soldati svizzeri fuori servizio, durante gli anni degli obblighi militari.

In seguito alle controversie su questa regola, dal 2010 è stata introdotta la possibilità di depositare l’arma d’ordinanza in arsenale. Pochi, tuttavia, finora hanno scelto questa opzione. Inoltre, in linea di principio, al termine degli obblighi militari, gli ex soldati possono tenere l’arma.

Queste usanze spiegano l’impressionante quantità di armi da fuoco in circolazione in Svizzera. Pur non essendoci statistiche assolutamente affidabili, di certo si sa che nelle abitazioni elvetiche ce ne sono oltre due milioni.

Tra queste ci sono, appunto, molti fucili d’assalto e pistole d’ordinanza dell’esercito in mano a soldati o ex militari. Gli oppositori di questa tradizione ne evidenziano la pericolosità, mettendole in causa nella violenza domestica e nei suicidi. La Svizzera presenta un alto tasso di persone che ogni anno si tolgono la vita. Nel 2008 sono stati registrati 1’313 suicidi, di cui 239 compiuti con un’arma da fuoco.

Convinte che restringendo l’accesso alle armi si possano prevenire simili atti, come pure drammi familiari – come quello di un’ex campionessa di sci assassinata assieme al fratello dal marito, che si è poi a sua volta ucciso –, una settantina di partiti e organizzazioni ha lanciato l’iniziativa popolare “Per la protezione dalla violenza perpetrata con le armi” sulla quale si è votato oggi.

Tre misure

Oltre a chiedere l’obbligo per i soldati, al di fuori dei periodi di servizio militare, di depositare l’arma d’ordinanza in arsenale, l’iniziativa vuole che essa non sia più ceduta agli ex soldati, una volta terminati gli obblighi militari. A meno che non siano tiratori sportivi con la relativa licenza.

Il testo prevede anche un rafforzamento del controllo mediante l’istituzione di un registro nazionale delle armi da fuoco. Attualmente, le armi sono registrate a livello cantonale.

Infine, l’iniziativa comporta l’introduzione di una clausola del bisogno: chiunque voglia avere un’arma deve dimostrare di averne la necessità e di possedere le capacità necessarie. L’iniziativa resta vaga sulle modalità. I dettagli sarebbero definiti nella relativa legge che dovrebbe essere elaborata in caso di approvazione dell’iniziativa nella votazione popolare.

A livello partitico, l’iniziativa ha il sostegno della sinistra rosso-verde, degli evangelici e dei cristiano sociali. I fautori dell’iniziativa mettono in primo piano dei loro argomenti la tesi della sicurezza dei cittadini.

Il testo è invece combattuto dal governo e dalla maggioranza del parlamento, composta dei partiti di destra e centro-destra. Gli oppositori interpretano questa proposta come un attacco all’esercito, una mozione di sfiducia nei confronti dei cittadini, un disarmo dei cittadini onesti rispetto ai criminali e l’abbandono delle tradizioni e dei valori svizzeri.

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Iniziativa popolare

Questo contenuto è stato pubblicato al L’iniziativa popolare permette ai cittadini di proporre una modifica della Costituzione. Per essere valida, deve essere sottoscritta da almeno 100’000 aventi diritto di voto nello spazio di 18 mesi. Il Parlamento può decidere di accettare direttamente l’iniziativa. Può pure rifiutarla o preparare un controprogetto. In ogni caso viene comunque organizzato un voto popolare. Per essere…

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L’iniziativa in sintesi chiede:

che chi vuole acquistare, detenere o usare armi da fuoco e munizioni debba fornire la prova di averne la necessità e le capacità;

che sia proibito detenere a scopi privati armi per il tiro a raffica e fucili a pompa;

che sia obbligatorio custodire le armi d’ordinanza militari in locali sicuri dell’esercito;

che le armi d’ordinanza dell’esercito non siano cedute ai militari prosciolti;

che la Confederazione tenga un registro delle armi da fuoco.

A favore dell’iniziativa si schierano il partito socialista, i Verdi, i Verdi liberali, il partito cristiano sociale, il partito evangelico, il partito del lavoro, i sindacati, il Gruppo per una Svizzera senza esercito, numerose organizzazioni pacifiste, cristiane, di prevenzione del suicidio e femminili, nonché la Federazione dei medici svizzeri, la Società svizzera di psichiatria e psicoterapia e i Giuristi democratici svizzeri.

Contro l’iniziativa si schierano: l’Unione democratica di centro, i partiti liberale radicale, popolare democratico, borghese democratico, la Lega dei Ticinesi, le organizzazioni di tiro sportivo, di cacciatori e di armaioli, la Società svizzera degli ufficiali.

(Traduzione dal francese e adattamento: Sonia Fenazzi)

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