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L’UDC raccoglie i frutti della sua campagna elettorale

Keystone

Con una campagna elettorale aggressiva, che ha sollevato un coro di critiche ma anche grande attenzione, l'Unione democratica di centro si impone per la quinta volta consecutiva nelle elezioni parlamentari.

Avanzano anche i Verdi, favoriti dai preoccupanti allarmi sul clima, mentre crolla il Partito socialista e continua a perdere sostegni il Partito liberale radicale.

Continua quindi a crescere in modo sorprendente l’Unione democratica di centro (UDC), che aveva già registrato un balzo storico negli ultimi tre scrutini, passando dall’11,9% dei voti nel 1991 al 26,7% nel 2003.

La corsa del maggiore partito svizzero si è forse rallentata, ma non si è ancora arrestata, smentendo molte previsioni. Sulla base dei risultati ottenuti dall’UDC nelle elezioni cantonali degli ultimi due anni, molti osservatori ritenevano che il partito di Christoph Blocher avesse ormai raggiunto il suo zenith. E che il suo stile politico aggressivo avesse ormai stancato l’elettorato.

Ma lo schieramento di destra è riuscito ancora una volta a dominare la campagna elettorale, ponendo nel mirino gli stranieri e frange della popolazione che abuserebbero dello Stato sociale. E impiegando slogan ad effetto immediato, come “fuori gli stranieri criminali”, “niente minareti”, “più sicurezza in Svizzera”.

E soprattutto costringendo continuamente gli altri partiti a reagire ai suoi messaggi provocatori, alle sue denunce di presunti complotti, ai suoi cartelloni elettorali, ai suoi filmati video pubblicati su internet. Alle regole del gioco dettate dall’UDC si sono piegati anche i media, che hanno dato grande risalto alle provocazioni, ad incerte teorie su piani segreti, alla personalizzazione della campagna sulla figura del ministro di giustizia e polizia.

Il PPD frena la sua emorragia

Ad uscire vincitore da queste elezioni è anche il Partito popolare democratico (PPD), che registra un’inversione di tendenza, dopo una caduta libera durata oltre un ventennio (dal 21,5% nel 1979 al 14,4% nel 2003).

Al PPD sembra aver giovato lo choc elettorale di quattro anni fa, quando la formazione politica di centro aveva perso non soltanto altri seggi in parlamento, ma anche una delle sue poltrone governative a favore dell’UDC: Ruth Metzler aveva dovuto lasciare il posto a Christoph Blocher.

Da allora il PPD si è sottoposto ad una cura di ringiovanimento che ha dato i suoi frutti. In governo il sessantenne Joseph Deiss ha lasciato il suo posto durante alla quarantenne Doris Leuthard, diventata nel giro di un anno la consigliera federale più amata dalla popolazione. Alla guida del partito è arrivato il trentenne Christophe Darbellay.

Nel corso di questa legislatura il PPD ha cercato di attribuirsi un profilo più chiaro, come partito liberale e nel contempo sociale, a cui sta a cuore la famiglia, il lavoro e la previdenza sociale. Temi non certo innovativi, ma che non potevano lasciare indifferenti gli elettori, a cominciare dalle donne, dai giovani e dagli anziani.

Prosegue il declino dei radicali

Mentre il PPD ha ritrovato un terreno solido sotto i piedi, continua invece il declino senza freno del Partito liberale radicale (PLR), già sceso dal 24,1% nel 1979 al 17,3% nel 2003.

I radicali si sono sforzati in questa campagna elettorale di mettere a fuoco temi razionali e di limitare scontri e polemiche di tipo emotivo e spettacolare con l’UDC. La forza politica di centro-destra ha inoltre presentato una piattaforma elettorale molto ambiziosa, che mira a creare una Svizzera dell’equilibrio, dell’apertura, della crescita e dell’intelligenza.

Un programma costruito su temi forse fin troppo “intelligenti” e impegnativi per toccare da vicino le corde più sensibili dell’elettorato. I vantaggi di una flat tax, una proposta sul quale il PLR ha posto grande accento, non si lasciano ad esempio illustrare facilmente.

Per farlo, i dirigenti del PLR hanno organizzato ben due conferenze stampa in due giorni successivi, dapprima per spiegare il principio e poi l’impatto concreto in un solo cantone. Uno sforzo lodevole, ma meno pagante a livello elettorale degli slogan a presa immediata dell’UDC.

Crollano i socialisti

Dopo aver guadagnato voti negli ultimi tre appuntamenti elettorali, passando dal 19,1% nel 1991 al 23,3% nel 2003, il Partito socialista (PS) esce alquanto ridimensionato da questo scrutinio.

Durante gli anni ’90 la progressione dei socialisti era stata favorita dal più lungo periodo di stagnazione economica conosciuta in Svizzera dal Dopoguerra. È stato il caso anche nel 2003, quando i contraccolpi economici del “11 settembre” avevano fatto raddoppiare il tasso di disoccupazione.

Con l’alta congiuntura attuale, il PS è stato privato dei suoi migliori cavalli di battaglia e non ha trovato nuova linfa in altri temi elettorali. I socialisti hanno cercato, senza successo, di personalizzare la campagna elettorale con la ministra Micheline Calmy-Rey e di presentarsi nuovamente come unico baluardo anti-UDC.

La debolezza della strategia elettorale del PS era però già emersa dalle critiche interne alla leadership del partito, lanciate pubblicamente sia da esponenti dell’ala più radicale che di quella più moderata della formazione politica.

Seconda primavera per i Verdi

Come era prevedibile, la sconfitta dei socialisti è legata in buona parte alla forte avanzata del Partito ecologista svizzero e della nuova formazione dei Verdi liberali. In realtà, gli ecologisti non sono riusciti negli ultimi mesi a imporre l’ambiente come tema dominante della campagna.

Sono stati però chiaramente favoriti dai numerosi allarmi sui cambiamenti climatici giunti da esperti, governi e organismi delle Nazioni unite. Senza dimenticare il Nobel per la pace, appena attribuito all’ex vicepresidente americano Al Gore e al Comitato intergovernativo dell’ONU sui cambiamenti climatici.

Ogni grado pronosticato di aumento delle temperature terrestri ha fatto aumentare di almeno un punto la percentuale di voti dei Verdi, che stanno conoscendo una seconda primavera, dopo aver marciato sul posto durante la recessione economica degli anni ’90.

swissinfo, Armando Mombelli

Risultati nel Consiglio nazionale 1995, 1999 e 2003 e 2007:



Unione democratica di centro: 14,9%, 22,5%, 26,7%, 29,0%



Partito socialista: 21,8%, 22,5%, 23,3%, 19,5%



Partito liberale radicale: 20,2%, 19,9%, 17,3%, 15,6%



Partito popolare democratico: 17,0%, 15,8%, 14,4%, 14,6%



Partito ecologista svizzero: 5,0%, 5,0%, 7,4%, 9,6%.

Il tasso di partecipazione è stato nel 2007 del 48,8%, in aumento di 3,6 punti rispetto al 2003.

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