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L’ultimo scatto di Jean-Pierre Pedrazzini

Jean-Pierre Pedrazzini, fotoreporter di Paris Match di origini ticinesi, morì tragicamente in Ungheria. Ufficio cultura di Chiasso

Giovane fotoreporter di origini ticinesi, il 30 ottobre 1956 a Budapest viene ferito a morte mentre fotografa gli insorti che prendono d'assalto la sede della polizia politica.

Operato due volte d’urgenza in un ospedale della capitale ungherese, il 7 novembre muore a Neuilly, in Francia, a soli 29 anni. Per la prima volta in Svizzera gli viene dedicata un’esposizione antologica.

Ed è Chiasso – in Ticino, comune di frontiera – ad ospitare questa prima antologica nel quadro della quinta edizione della “Biennale dell’Immagine”, che ha scelto come titolo “Invasioni”.

Questa quinta edizione, che si svolge a cavallo della frontiera tra Svizzera e Italia, si articola attraverso una decina di mostre disseminate su tutto il territorio alle quali si aggiungono momenti di riflessioni e di dibattito, eventi culturali e artistici.

“Invasioni” è indubbiamente un titolo forte, che richiama alla memoria momenti tragici della storia del Novecento come, appunto, l’invasione di Budapest da parte delle truppe sovietiche nel 1956 e quella di Praga nel 1968. Ed è soprattutto attorno alla rivoluzione ungherese che gli organizzatori hanno deciso di puntare l’obiettivo del ricordo.

Viaggio nella memoria

Nell’intento di valorizzare alcune importanti testimonianze della produzione fotografica svizzera, la Biennale di Chiasso si focalizza dunque sulla figura del grande fotografo di Paris Match, Jean-Pierre Pedrazzini, che muore tragicamente nel 1956 mentre stava documentando eventi cruciali e drammatici della rivolta ungherese.

La mostra, la prima che gli viene dunque personalmente consacrata in Svizzera, presenta un’ottantina di immagini (per lo più in bianco e nero e molte delle quali inedite) concentrandosi su tre momenti topici della breve ma folgorante carriera di Pedrazzini.

Il viaggio inizia con le fotografie scattate tra il 1952 e il 1955 in Marocco e a Parigi, per documentare le fasi del processo che porterà all’indipendenza del protettorato francese. Ampio spazio è dedicato al viaggio in automobile sulle strade dell’URSS. Paese che Pedrazzini ha percorso insieme al giornalista Dominique Lapierre tra il luglio e l’ottobre del 1956.

Il viaggio nella memoria termina presentando una selezione delle tragiche immagini scattate in Ungheria tra il 29 e il 30 ottobre del 1956. Il breve viaggio di Jean-Pierre Pedrazzini si conclude così con il suo ultimo e drammatico reportage. Eroe suo malgrado, ma eroe vero, Pedrazzini è ancora un simbolo incontestato del fotogiornalismo.

“Pédra, un reporter senza frontiere”

E a distanza di cinquant’anni dalla sanguinosa repressione in Ungheria, le immagini proposte dalla Biennale assumono un significato e una rilevanza di grande spessore per la storia del Novecento, percorsa da una lunga scia di sangue, figlia di dittature, figlia dell’oppressione e di follie di potere.

Cinquant’anni dopo, dicevamo, rende omaggio a Jean-Pierre Pedrazzini anche il regista ticinese Villi Hermann, documentarista sensibile e attento che ha sempre seguito, e poi ricostruito con passione e rigore, le storie e i destini di uomini fuori dal comune, dal percorso inedito e inusuale. Così è nato anche “Pédra, un reporter senza frontiere”, proiettato in anteprima al Cinema Teatro di Chiasso il 18 ottobre.

“Diverse persone – scrive Villi Hermann sul settimanale “area” – mi hanno chiesto perché i miei ultimi film sono incentrati su personaggi deceduti, come il primo presidente italiano del dopoguerra Luigi Einaudi rifugiato in Svizzera e adesso Jean-Pierre Pedrazzini”.

“Un film su un personaggio già scomparso – spiega ancora Hermann – da una parte ti lascia più margine d’azione, ma dall’altra ti obbliga a verificare tutte le fonti e ad essere particolarmente accurato e minuzioso nel tuo lavoro”. E’, insomma, un contributo personale alla rilettura della storia e alla valorizzazione della memoria come patrimoniono collettivo.

E così ora “Pédra”, di cui probabilmente pochissimi conoscono le sue origini locarnesi (Campo Valle Maggia, per la precisione) e il cui nonno è stato sindaco di Locarno, torna vivo e attuale più che mai nella nostra memoria, forse distratta, forse ormai abituata a metabolizzare velocemente le troppe tragedie del mondo che non si vorrebbero ricordare ma che non si possono dimenticare.

Altri sguardi

La Biennale, con le sue proposte, indaga però anche altri territori: quelli delle invasioni ideologiche, religiose, culturali, materiali e persino immateriali, impercettibili.

Allo Spazio Officina di Chiasso il grande fotografo canadese, Edward Burtynsky si sofferma sulle invasioni dell’uomo nei confronti della natura. Invasioni intese come le devastazioni della civiltà industriale sul paesaggio e la natura. Un altro grande canadese, Robert Walker, documenta la metamorfosi della città.

Ci sono poi anche le foto della fotografa ticinese Giosanna Crivelli: “Realtà apparente: Chernobyl e dintorni”. A vent’anni dal disastro nucleare, Ucraina, Bielorussia e Russia sono ancora oggi gravate dagli ingenti costi di decontaminazione, con una forte incidenza dei tumori e delle malformazioni sugli abitanti.

swissinfo, Françoise Gehring, Chiasso

“Invasioni” è il titolo prescelto e il tema generale della Biennale dell’Immagine 2006, che dal 23 settembre scorso e fino al 12 novembre, si terrà a cavallo tra l’Italia e la Svizzera.

La quinta edizione si sofferma, in particolare sulla figura di Jean-Pierre Pedrazzini, fotoreporter di Paris-Match di origini locarnesi. Le sue foto sono esposte alla Sala Diego Chiesa a Chiasso.

Nel 1987, una quindicina di sue fotografie scattate a Budapest erano state presentate nell’ambito della mostra “Il Ticino e i suoi fotografi”, organizzata dalla Fondazione svizzera per la Fotografia al Museo cantonale d’Arte di Lugano e in altre località della Svizzera.

Nel 1990 in memoria di Jean-Pierre Pedrazzini è stata posata una targa a Budapest, nel luogo esatto in cui è stato ferito a morte.
Nell’autunno del 2003 il governo ungherese consegna ai suoi familiari una medaglia d’onore in occasione di un’esposizione dedicatagli dal Museo Nazionale.
Nel novembre del 2006, il numero 3000 di Paris Match sarà dedicato alla sua memoria in concomitanza con il cinquantennale della morte.

Jean-Pierre Pedrazzini, originario di Locarno, è nato a Parigi nel 1927. Nel 1948 viene ingaggiato da Paris Match quale assistente del fotoreporter Walter Carone e nel giro di tre anni diventa “grand reporter” seguendo importanti avvenimenti politici e mondani in tutto il mondo. Muore in una clinica di Neuilly (Parigi) il 7 novembre del 1956, in seguito alle gravi ferite riportate a Budapest il 30 ottobre durante la rivolta anticomunista.

Le fotografie dei Fatti d’Ungheria di Pedrazzini rimangono tra i documenti più significativi e toccanti del tragico evento, tanto per la loro qualità artistica quanto perché testimoni dell’importanza del pericoloso lavoro del reporter.

La casa di edizione ticinese Casagrande, di Bellinzona, dedica al fotografo un libro – “URSS – Budapest 1956. Ultimi reportage dalla cortina di ferro”- che presenta una selezione delle più belle immagini tratte dai due grandi reportage del 1956 di Jean-Pierre Pedrazzini: il viaggio in URSS e i fatti d’Ungheria. L’introduzione critica è curata dal giornalista ticinese Antonio Mariotti.

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