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L’uomo in provetta per salvare gli animali

Coltura in vitro di cellule respiratorie umane. MucilAir, Epithelix

Le immagini di cani e scimmie sofferenti all’interno dei laboratori inorridiscono l'opinione pubblica. Per i ricercatori, il ricorso alla sperimentazione animale è però un male necessario. Un'opinione contestata da Ludovic Wiszniewski, che ha esplorato con successo vie alternative.

Direttore generale della start-up biotecnologica Epithelix, Ludovic Wiszniewski è stato il primo ricercatore ad aver mantenuto in vitro – per oltre un anno – l’epitelio respiratorio umano.

Un’innovazione che ha valso all’azienda ginevrina creata nel 2006 diversi premi internazionali, tra cui quello della Fondazione W. A. de Vigier e, all’inizio del 2011, della Camera franco-svizzera per il Commercio e l’Industria.

swissinfo.ch: Nel 2010 il numero di animali sottoposti a esperimenti in Svizzera è aumentato di quasi l’8% rispetto al 2009. Un’evoluzione sorprendente?

Ludovic Wiszniewski: Direi di no. Di recente sono nate nuove aziende che praticano la sperimentazione animale. Le grandi ditte farmaceutiche hanno poi intensificato la ricerca, siccome diversi brevetti depositati oltre 20 anni fa stanno scadendo. A questo si aggiunge il fatto che nei laboratori universitari sono aumentati i test su animali transgenici.

swissinfo.ch: La tendenza osservata negli ultimi 20 anni è comunque al ribasso: tra il 1990 e il 2010 il numero di animali da laboratorio è calato di circa il 40%. Quali le ragioni di questa diminuzione?

L. W.: Non si tratta di una vera diminuzione: 20 anni fa gli studi non venivano sistematicamente catalogati e quindi le cifre non sono esatte. Va poi detto che diverse aziende hanno iniziato a fare i loro esperimenti sugli animali all’estero. Ad esempio in Cina, dove la legislazione è meno severa.

D’altra parta bisogna riconoscere che la legge è riuscita a ridurre la sperimentazione animale, in particolare vietando il ricorso a esseri viventi nel campo della cosmetica. C’è poi stato uno sviluppo di nuove tecnologie di coltura cellulare.

swissinfo.ch: In termini puramente scientifici, l’animale rappresenta un modello biologico valido per l’uomo?

L. W. : No. Diversi medicamenti hanno superato i test sugli animali, ma sull’uomo hanno avuto effetti catastrofici. Penso a un farmaco sviluppato per curare la leucemia infantile: i bambini sottoposti al trattamento morivano più rapidamente. Oppure al talidomide, un farmaco antinausea destinato alle donne in gravidanza, ritirato dal commercio perché provocava malformazioni. Posso poi citare il tamoxifene, che aveva dimostrato il suo potere contraccettivo sui ratti, ma sulla donna ha avuto effetti diametralmente opposti.

Non va poi dimenticato che il risultato di un test condotto su un animale può dipendere anche dal ricercatore: l’animale è infatti capace di percepire lo stato d’animo dell’uomo (stress) e quindi reagisce diversamente da un ricercatore all’altro.

swissinfo.ch: Nella storia della medicina non ci sono tuttavia soltanto esempi negativi…

L. W.: In alcuni ambiti le sperimentazioni animali sono state in effetti utili. Ad esempio in chirurgia: i medici hanno potuto operare su cavie animali prima di intervenire sull’uomo. Oppure c’è il caso dell’insulina, scoperta nei cani e inizialmente isolata nei maiali.

Va comunque sottolineato che con le conoscenze e gli strumenti attuali si può fare a meno di utilizzare gli esseri viventi.

swissinfo.ch: Allora perché si continua a far ricorso agli animali?

L. W.: Le ragioni sono diverse. Innanzitutto perché lo impone la legge: prima di immettere sul mercato un prodotto farmaceutico o chimico bisogna valutarne la tossicità. Come detto, la reazione dell’animale può tuttavia essere diversa da quella dell’uomo.

Nel campo della ricerca è difficile fare a meno degli animali per ciò che riguarda lo studio degli effetti sistematici. All’interno di un organismo si può osservare se un farmaco per il cuore ha effetti deleteri su altri organi. Oggigiorno non siamo in grado di riprodurre un intero organismo in vitro, anche se ci stiamo avvicinando.

C’è poi l’aspetto delle pubblicazioni scientifiche. Molte riviste specializzate esigono che siano effettuati degli esperimenti sugli animali. E per il ricercatore, il successo è legato al numero di pubblicazioni… È una vecchia scuola di pensiero che però sussiste, in particolare per gli esperimenti genetici.

swissinfo.ch: Quali sono le alternative alla sperimentazione animale?

L .W: Innanzitutto le colture in vitro di cellule umane. Possiamo coltivare le cellule su un supporto in plastica oppure indurre una differenziazione, mettendole in condizioni che assomigliano a quelle presenti nell’organismo. Siamo in grado ad esempio di sviluppare dei mini polmoni.

Poi ci sono i modelli ex vivo: invece di sacrificare dieci animali per un esperimento se ne prende soltanto uno, si seziona l’organo che ci interessa in dieci pezzi e si procede ai test. Infine ci sono le modellizzazioni informatiche (in silico) che permettono di fare previsioni sulla tossicità.

swissinfo.ch: È immaginabile che un giorno si avrà l’intero organismo umano… in provetta?

L .W.: La difficoltà maggiore è la durata di vita delle cellule: fuori dal corpo umano riusciamo a tenerle in vita per 3-4 settimane, una durata insufficiente per ricostituire un organo. Noi siamo riusciti a mantenerle per oltre un anno. Se l’evoluzione dei materiali dei supporti si confermerà, sono convinto che riusciremo a ricreare degli organi completi.

La legislazione svizzera sulla protezione degli animali è tra le più severe al mondo, segnala l’Ufficio federale di veterinaria (UFV).

Ogni singolo esperimento è sottoposto a una perizia della Commissione cantonale per gli esperimenti sugli animali.

I ricercatori devono provare che l’utilità per la società è maggiore rispetto alla sofferenza degli animali e che non esistono metodi alternativi. Essi sono chiamati ad applicare il principio delle 3R (reduce, refine, replace, ovvero ridurre, affinare e sostituire).

L’autorizzazione viene rilasciata dall’Ufficio del veterinario cantonale. Se necessario, nella decisione può intervenire anche la Confederazione (UFV e Commissione federale per gli esperimenti sugli animali).

Al fine di rilevare la sofferenza degli animali, gli esperimenti sono classificati in livelli di gravità da 0 a 3.

Tra gli esperimenti con un livello di gravità 0 vi sono ad esempio gli studi di osservazione sui polli. Si parla invece di livello 3 nel caso di impianti di tumori aggressivi al fine di testare nuovi medicamenti.

Nel 2010 sono stati 761’675 gli animali sottoposti a esperimenti in Svizzera, in crescita del 7,9% rispetto all’anno precedente.

L’aumento è da ricondurre a esperimenti condotti nell’ambito della produzione avicola, indica l’Ufficio federale di veterinaria.

Due quinti degli animali sono stati impiegati nell’industria, circa un terzo nelle università e negli ospedali.

Nei laboratori si è fatto ricorso soprattutto a roditori (topi, ratti, criceti e porcellini d’India). Si sono adoperati anche conigli, cani, gatti, primati, bovini, uccelli, rettili, anfibi e pesci.

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