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La corsa all’elettricità fa tappa all’estero

Investire nell'eolico conviene, ma non in Svizzera. Keystone

Le aziende elettriche svizzere stanno moltiplicando le acquisizioni in Europa, soprattutto nel campo dell'eolico. Per i produttori, investire nelle energie rinnovabili in Svizzera è al momento troppo complicato. E meno redditizio.

Ottantotto turbine in Germania e due parchi eolici in Italia. Con le acquisizioni comunicate a fine maggio dalla romanda EOS Holding e dalla bernese BKW, le aziende elettriche svizzere confermano il loro interesse per le unità di produzione all’estero.

«Trent’anni fa si investiva nelle centrali nucleari, soprattutto in Francia», spiega a swissinfo.ch Nicolas Geinoz, portavoce per la Svizzera francese dell’Associazione delle aziende elettriche svizzere (AES). «Negli ultimi anni si sono imposti gas e carbone, mentre più di recente si punta sui parchi eolici».

Quella di investire all’estero, prosegue Geinoz, è una tendenza osservata in tutt’Europa. «Basti guardare ad esempio le grandi aziende tedesche: dopo aver investito molto nel loro paese hanno iniziato a estendere le loro attività in Inghilterra o in Olanda».

Svizzera lenta

La maggior parte dell’elettricità prodotta dalle aziende svizzere all’estero proviene da fonti non rinnovabili, indicano le statistiche della Fondazione svizzera dell’energia (fine agosto 2010). Carbone, gas ed energia nucleare sono all’origine del 95% dei 41’350 Gigawattora (GWh) prodotti ogni anno.

Ciò nonostante, il mercato europeo dell’eolico e del solare rappresenta un’opzione interessante per le imprese elvetiche. «Il 100% dei nostri investimenti all’estero concerne le energie rinnovabili», ci dice Alex Fries, direttore generale di EOS Holding.

Degli 80 impianti messi in funzione l’anno scorso nel campo delle rinnovabili, comunica dal canto suo BKW, l’80% si trova all’estero.  A contribuire a tale sviluppo, sottolinea l’azienda, vi sono il crescente numero di opposizioni e la lentezza delle procedure in Svizzera.

«Vorremmo investire maggiormente in Svizzera. Ma non è semplice», ribadisce Antonio Sommavilla, portavoce di BKW. A causa del difficile contesto interno, il gruppo bernese ha così deciso di rivedere al ribasso i suoi obiettivi di produzione eolica in Svizzera.

Solare meno redditizio

In Svizzera, spiega il collaboratore dell’AES, ci sono troppe opposizioni e lo spazio disponibile è limitato. Per realizzare un parco eolico, dall’inizio delle trattative con il proprietario del terreno alla messa in rete dell’impianto, ci vogliono in media cinque anni, osserva. «In Bulgaria ne bastano due».

Chiamate in causa, le organizzazioni ambientaliste respingono le accuse di bloccare sistematicamente i progetti sostenibili a suon di ricorsi. Dietro ai mancati investimenti, ritiene Greenpeace, vi sono considerazioni economiche.

«Il solare svizzero ha un forte potenziale. Le aziende non sono tuttavia interessate a investire in questo settore in quanto dovrebbero gestire una moltitudine di piccoli impianti, ciò che ridurrebbe i margini di guadagno», afferma Florian Kasser, portavoce di Greenpeace. «Preferiscono invece disporre di grandi centrali capaci di produrre elevati quantitativi di corrente».

Grandi infrastrutture che sono disponibili all’estero, spesso a condizioni vantaggiose. Le società che hanno acquistato dei parchi eolici in Germania al momento sbagliato sono oggi confrontate a difficoltà finanziarie. I prezzi sono quindi bassi, spiega il direttore generale di EOS Holding sul quotidiano Le Temps.

Più importazioni in futuro

Stefan Batzli dell’Agenzia per le energie rinnovabili e l’efficienza energetica è convinto che le aziende investiranno maggiormente in Svizzera nel momento in cui «le regole saranno più chiare».

«Il mondo politico deve mettere a disposizione più mezzi a promozione delle energie rinnovabili. Vanno poi semplificate le procedure di ottenimento delle autorizzazioni. Bisognerà attendere due o tre anni, prima che il mercato interno diventi attrattivo».

L’interesse delle aziende per i mercati esteri non è comunque svantaggioso per la Svizzera, al contrario, conclude Batzli. «Gli imprenditori contano sul fatto che con l’attuale ampliamento dell’infrastruttura elettrica del continente, fra qualche anno si potrà importare più elettricità».

Una condizione vitale per la Svizzera, che dopo aver deciso di uscire dal nucleare è chiamata a trovare nuove soluzioni per coprire il proprio fabbisogno. Dentro e fuori casa.

Le aziende elettriche svizzere producono all’estero circa 41’350 GWh all’anno.

Le energie fossili forniscono 22’450 GWh, l’atomo 17’520 e le fonti rinnovabili 1’390, indicano le cifre della Fondazione svizzera dell’energia (stato al 31 agosto 2010).

In Svizzera, la produzione di elettricità nel 2010 è stata di 66’300 GWh.

Le centrali idroelettriche hanno fornito 37’500 GWh, quelle nucleari 25’200 e le centrali termiche convenzionali e altri impianti 3’600 (Ufficio federale dell’energia).

La grigionese Repower e la società affiliata SEI stanno pianificando la costruzione di una centrale a carbone a Saline Joniche, in Calabria.

L’iniziativa ha suscitato l’opposizione di politici, popolazione e operatori turistici locali. Secondo loro, Repower nasconde le reali quantità di sostanze nocive rilasciate dall’impianto.

L’azienda grigionese ritiene al contrario di agire nel rispetto delle regole e di comunicare correttamente il livello di emissioni.

Nel novembre 2010, il Consiglio regionale ha respinto il progetto. Spetta però allo Stato italiano esprimersi sulla costruzione di centrali a carbone di oltre 1000 Megawatt, come è appunto il caso a Saline Joniche.

Dopo averne valutato l’impatto, il ministero dell’ambiente ha dato il suo accordo. Contro la decisione potrebbe insorgere il WWF Italia, che sta esaminando le procedure legali per bloccare il progetto.

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