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La diplomazia svizzera mantiene un profilo basso

Finora anche Micheline Calmy-Rey non ha dato troppo peso all'incidente Keystone

Il rinvio della visita di Micheline Calmy-Rey in Turchia da parte di Ankara è considerato un «affronto» dall’ambasciatore svizzero. Ma la Svizzera si dimostra piuttosto conciliante.

Ankara adduce «motivi tecnici», Berna non rivela il contenuto dei colloqui con l’ambasciatore turco.

L’ambasciatore turco a Berna, Metin Örnekol, è stato convocato martedì dal Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE): la decisione è stata presa in seguito all’annullamento da parte di Ankara della visita della consigliera federale Micheline Calmy-Rey, prevista la settimana prossima.

Simon Hubacher, il portavoce del DFAE, non ha voluto precisare il contenuto delle discussioni fra il diplomatico turco e Blaise Godet, capo della direzione politica del Dipartimento diretto dalla ministra ginevrina. Berna non ha tuttavia ancora deciso che misure prendere. Micheline Calmy-Rey è momentaneamente all’estero.

La vigilia, il ministero turco degli esteri aveva convocato l’ambasciatore svizzero ad Ankara per notificargli che al momento Micheline Calmy-Rey non era benvenuta in Turchia.

Il gesto della Turchia è messo in relazione all’adozione la settimana scorsa da parte del parlamento vodese di un postulato sul riconoscimento del genocidio armeno.

Fonti diplomatiche turche hanno fatto sapere che il testo del postulato non solo solleverebbe accuse infondate relative alla questione armena, ma che metterebbe in questione le basi stesse dello Stato turco.

Un affronto alla Svizzera

Da parte sua l’ambasciatore Kurt O. Wyss giudica che l’annullamento della visita costituisca un «affronto». A suo avviso, le relazioni fra i due Paesi non sono però a un punto morto.

Certamente «è un duro colpo» per i rapporti fra Berna e Ankara, ha dichiarato mercoledì il diplomatico. L’ambasciatore non esclude comunque che una visita possa aver luogo dopo le elezioni federali del 19 ottobre.

Il Ministero turco degli affari esteri ha infatti spiegato di aver giudicato che, in relazioni alla scadenza elettorale, la visita della consigliera federale avrebbe rischiato di essere sfruttata per motivi di politica interna svizzera.

La portavoce dell’ambasciata di Turchia a Berna Sibel Gal ha dal canto suo specificato che la visita non è annullata, ma solo «rinviata per motivi tecnici».

La questione in parlamento

Della questione ha discusso giovedì anche la commissione per la politica estera del Consiglio degli Stati. In novembre era infatti previsto un viaggio in Turchia di una delegazione parlamentare elvetica, viaggio che è stato rimandato, ma non annullato.

Il presidente della commissione Maximilian Reimann aveva dichiarato alla vigilia che non vedeva «nessun motivo per non andare in Turchia». Sarebbe anche improbabile che il parlamento turco ritiri un invito rivolto agli svizzeri già tre anni fa.

Toni analoghi da parte di un altro membro della commissione esteri, Hans-Rudolf Merz, che ha paragonato la necessità della Turchia di confrontarsi con la propria storia alla crisi vissuta dalla Svizzera in relazione alla questione dei fondi ebraici e dei rapporti con la Germania nazista.

«Penso però che le relazioni economiche tra Svizzera e Turchia rimarranno buone», ha aggiunto Merz.

Basso profilo

Le parole di Merz sembrano emblematiche del basso profilo che ha caratterizzato finora le reazioni svizzere all’«affronto» turco. Qualche parola dura qua e là, ma toni sostanzialmente concilianti.

Eppure non è la prima volta che le relazioni con la Turchia sono tese. Nel giugno del 1993 una guardia dell’ambasciata turca a Berna aveva aperto il fuoco contro un manifestante curdo, uccidendolo, e aveva ferito altre nove persone, tra cui un poliziotto svizzero.

La Turchia non lo aveva però privato dell’immunità parlamentare e gli aveva permesso di lasciare il paese.

«È conforme alla tradizione della diplomazia di piegarsi», osserva lo storico Han-Ulrich Jost. «Con paesi di una certa importanza, la Svizzera cerca di arrangiarsi per non danneggiare le relazioni economiche».

Anche Micheline Calmy-Rey si sarebbe ormai adattata allo stile bernese. «Comincia a capire che nell’ambito della politica estera non è possibile fare un discorso politico di principio, ma che bisogna favorire ogni accordo, conformemente alla tradizione elvetica».

swissinfo e agenzie

Anche la presidente della commissione esteri del Consiglio nazionale ha commentato il gesto dela Turchia. Per Lili Nabholz si tratta di un atto eccessivo, che però non rappresenta un affare di Stato.

Ulrich Schlüer (deputato dell’Unione democratica di centro) e Ulrich Fischer (Partito liberale radicale) raccomandano di non dare troppo peso al no di Ankara e di non perdere d’occhio le relazioni economiche. Le esportazioni svizzere verso la Turchia hanno raggiunto nel 2002 gli 1,6 miliardi di franchi.

La delegazione svizzera al Consiglio d’Europa è invece intenzionata a valutare la possibilità di una nota di protesta, ha rivelato la deputata socialista Ruth-Gaby Vermot.

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