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La diplomazia svizzera tra Europa e Medioriente

Per Micheline Calmy-Rey, neutralità non significa passività Keystone

La ministra degli esteri Micheline Calmy-Rey intende continuare ad impegnarsi in una politica estera aperta e trasparente: essere neutrali non significa rimanere passivi.

Fra le priorità per i prossimi mesi figurano la conclusione dei bilaterali bis e il rinnovato sostegno all’Iniziativa di Ginevra per il Medio Oriente.

I problemi internazionali sono diventati questioni che interessano tutti: oggi non è più possibile concepire una politica estera nel segreto, ha detto Michelin Calmy-Rey giovedì a Berna durante la conferenza stampa annuale del suo dipartimento.

«A volte la visibilità e l’azione servono più della discrezione», ha aggiunto. La responsabile del Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE) aveva già difeso il concetto di «diplomazia pubblica» parlando dopo i primi 100 giorni alla testa del ministero, nell’aprile 2003. Una presa di posizione – giunta nel pieno della guerra in Iraq – che le aveva attirato numerose critiche, non da ultimo quelle della Commissione di politica estera del Consiglio degli Stati.

La priorità europea

Per quanto riguarda gli indirizzi d’azione futura, la consigliera federale ha citato la politica europea ed in particolare i bilaterali bis. A questo proposito ha ricordato che la Confederazione già oggi fornisce un «grosso contributo» al vecchio continente, fra l’altro con la costruzione delle nuove trasversali alpine, un investimento da 16 miliardi. Berna dà anche il suo aiuto nei Balcani.

La Svizzera è membro del consiglio d’Europa, dell’Associazione europea di libero scambio (AELS), dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE) e del programma «Partenariato per la pace» della Nato. L’adesione all’UE sarebbe invece da decidere solo in piena conoscenza di causa: il Consiglio federale presenterà un rapporto dettagliato sui vantaggi e sugli svantaggi.

Iraq e Medioriente

Riguardo all’Iraq, Calmy-Rey ha chiesto che sia l’ONU a dirigere il processo di trasformazione del paese, con l’obiettivo di creare uno stato sovrano e democratico. Berna è pronta a svolgere un ruolo che vada anche oltre l’aiuto umanitario.

Per quanto concerne la situazione in Medio Oriente, la responsabile del DFAE ha detto di continuare a credere nella «visione» dei promotori dell’Iniziativa di Ginevra: Berna deve quindi ribadire il suo ruolo attivo di sostegno, sebbene il contesto attuale – alla luce dell’appoggio Usa ai piani del premier israeliano Ariel Sharon – non sia il più favorevole, ha riconosciuto la ministra.

La consigliera federale ha anche difeso la necessità dei viaggi all’estero. «La nostra capacità di difendere con successo la nostra sicurezza e il nostro benessere sono legati all’abilità nell’essere presenti e considerati sulla scena internazionale», ha affermato Calmy-Rey, aggiungendo che la politica commerciale non può sostituire la politica estera.

Le misure di risanamento delle finanze federali toccano comunque anche il DFAE. Calmy-Rey vuole per esempio migliorare le sinergie fra le ambasciate e gli uffici della Direzione dello sviluppo e della cooperazione. In una prima fase questo processo interesserà Madagascar, Mozambico, Bangladesh e Macedonia.

swissinfo e agenzie

La Svizzera ha 93 ambasciate all’estero e 46 consolati e consolati generali.
L’aiuto allo sviluppo dispone di 57 uffici.
Il budget annuale a disposizione del DFAE è di 1,87 miliardi di franchi.

Da quando Micheline Calmy-Rey la dirige, la diplomazia svizzera ha assunto una maggiore visibilità internazionale. Uno stile più profilato che non ha mancato di raccogliere anche qualche critica.

Tra le priorità degli Affari esteri figurano i negoziati bilaterali con l’Unione europea e la promozione dell’iniziativa di Ginevra, il piano di pace per il Medioriente di matrice svizzera.

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