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La grande avventura del sale di Bex

Per addentrarsi nel cuore della miniera si sale su un trenino. swissinfo.ch

Da cinque secoli, gli uomini continuano imperterriti ad estrarre il sale dalle montagne sopra la località del canton Vaud.

La miniera è tuttora in attività ed una parte è stata trasformata in museo; i visitatori possono scoprire tutti i segreti dell’«oro bianco».

La leggenda narra che fu un giovane pastore a scoprire, nel XV secolo, il sale nascosto nelle viscere delle montagne che sovrastano Bex, località vodese alle porte del Vallese. Le sue capre manifestavano una netta preferenza per l’acqua di due sorgenti. Intrigato, il pastore la fece bollire in un calderone. Sul fondo della marmitta rimase un pizzico di materia cristallina bianca. La storia del sale di Bex era iniziata.

Cinquecento anni più tardi, la zona è un vasto intreccio di gallerie, scavate al prezzo d’immani fatiche da generazioni d’uomini. Non per nulla per secoli il sale è stato soprannominato l’«oro bianco».

Dal 1985 sito aperto al pubblico

Oggi le miniere di sale di Bex non sono più riservate ai soli minatori. I curiosi possono seguire le tracce dell’imperatrice Maria Luisa d’Austria o dello scrittore francese Alexandre Dumas, che nella prima metà del XIX secolo visitarono il sito.

«Da 20 anni organizziamo visite nelle miniere», dice a swissinfo Philippe Benoit, direttore del sito turistico.

Da alcuni anni, la società che gestisce le saline ha cercato di diversificare la loro offerta. Il turismo ha assunto un’importanza crescente ed oggi costituisce poco più del 10% della cifra d’affari. «Nel 2004, i visitatori sono stati quasi 65’000», precisa Philippe Benoit.

Enormi serbatoi

Il viaggio in questo mondo sotterraneo inizia da un cunicolo. «È una breve passeggiata per reperire chi soffre di claustrofobia», ci spiega Alain Fiaux, una guida che delle miniere conosce ogni anfratto.

Dopo un paio di centinaia di metri si giunge in un vasto antro – il «Reservoir rond», il «serbatoio rotondo» – scavato nel 1826. Questi grandi serbatoi servivano per immagazzinare grosse quantità d’acqua. Grazie all’evaporazione, l’acqua si saturava di sale, trasformandosi in salamoia.

Nel 1984, il «Reservoir Rond» è stato trasformato per accogliere i visitatori. Una presentazione audiovisiva traccia la storia della miniera e le diverse tecniche utilizzate per estrarre dalla roccia l’«oro bianco». L’illuminazione artificiale rivela tutte le magnifiche sfumature di colori della roccia e i cristalli di scagliola di cui sono rivestite le pareti.

Chi non soffre di vertigini può affacciarsi sui bordi del «Puits du Bouillet». Dal 1743 e per 26 anni i minatori scavarono questo pozzo verticale della profondità di 215 metri alla ricerca di fonti d’acqua salata. Uno sforzo che però si rivelò vano.

Cinquanta chilometri di gallerie

È venuto il momento di salire sul trenino che ci condurrà nel cuore della miniera. Sono necessari sette minuti per percorrere i 1’500 metri della galleria del «Bouillet».

La breve durata del tragitto non rende però giustizia al lavoro dei minatori. Il tunnel è infatti stato scavato interamente con la forza delle braccia. Un’opera immane, iniziata nel 1811 e durata 12 anni. Del resto, dei circa 50 km di gallerie della miniera, ben 35 sono stati scavati utilizzando solo martello e scalpello. Per la dinamite bisognerà aspettare la seconda metà del XIX secolo.

Il piccolo convoglio giunge alla stazione «St. Pierre», 450 metri sotto terra. «I minatori lavorano un chilometro più lontano ed utilizzano il medesimo trenino», osserva Alain Fiaux, «in passato erano un centinaio, oggi, visto i progressi tecnici realizzati, sono rimasti solo in quattro».

All’interno della miniera l’aria è perfettamente respirabile e la temperatura gradevole, 17° tutto l’anno con un’umidità dell’80%.

Un viaggio a ritroso nel tempo

Il tragitto si snoda nell’immenso labirinto di gallerie e nelle grandi sale dove tonnellate di roccia trasportate dai minatori erano trattate con la tecnica della lisciviazione. Il procedimento, utilizzato dall’inizio del XIX secolo fino al 1867, consisteva nel lasciare «macerare» la pietra nell’acqua dolce, estraendone così il sale.

Prima dell’apertura della galleria orizzontale del «Bouillet», i minatori scendevano da un’apertura praticata più in alto. Una stretta rampa di scale è ancora visibile: «i minatori dovevano risalire col loro pesante carico di rocce per 700 scalini; ogni 100 vi era uno spazio dove potevano riposarsi», spiega la guida Alain Fiaux.

Oggi la tecnologia è naturalmente venuta a dare una mano ai minatori. Dagli anni ’60, grazie alle trivellatrici, viene utilizzata la tecnica del foraggio ad iniezione. Il metodo permette di praticare dei fori profondi fino a 800 metri e di dissalare la roccia iniettando acqua dolce.

Da una fontana sgorga l’acqua satura di sale. Se ci si potesse immergere, l’effetto sarebbe probabilmente simile a quello del Mar Morto. «La concentrazione in sale (circa 200 grammi per litro) è quasi 10 volte superiore a quella che si trova del Mediterraneo», ci dice Alain Fiaux.

Nella Sala dei cristalli, una sorta di cattedrale sotterranea per le sue dimensioni e i suoi enormi pilastri, la miniera diventa un museo vero e proprio. Lampade, scarponi d’epoca che traspirano anni e anni di fatica, martelli corrosi dal sale, bigonce per il trasporto delle pietre, carrelli…

Dopo tre ore trascorse tra le magie della roccia e dopo un viaggio a ritroso nel tempo è ora di riguadagnare la luce, ancora sbigottiti dai secolari sforzi dell’uomo per appropriarsi di uno dei frutti meno nobili ma sicuramente più preziosi della terra.

swissinfo, Daniele Mariani

La produzione delle miniere è di circa 50’000 tonnellate di sale l’anno.
Nel 2004, quasi 19’000 tonnellate sono state vendute per il trattamento delle strade.
La produzione di sale alimentare è stata di 2’600 tonnellate.
Oltre la metà della produzione è costituita da salamoia (acqua saturata di sale), che serve per le attività di elettrolisi di un’industria chimica situata a fondo valle.
Turismo e produzione di elettricità sono due attività annesse della società che gestisce le saline.
I dipendenti sono 44.

La vendita di sale in Svizzera è un monopolio cantonale; a parte il canton Vaud, che fa capo alle saline di Bex, tutto il resto della Svizzera si rifornisce alle saline del Reno, situate a Pratteln (Basilea Campagna).

Fino al 1837, le saline di Bex erano l’unica fonte di approvvigionamento in Svizzera.

A Bex il sale è stato scoperto nel XV secolo. Fino alla fine del XVII secolo lo sfruttamento avviene in superficie; dal 1685 inizia l’avventura vera e propria della miniera.

La miniera di sale di Bex è aperta al pubblico da metà marzo a fine ottobre; il sito è parzialmente accessibile anche a chi è in sedia a rotelle. Su riservazione, possono pure essere organizzate delle visite speleologiche.

All’interno è stato costruito uno spazioso ristorante, spesso teatro di avvenimenti culturali.

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