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La lotta per l’aggancio all’alta velocità

Tutte le regioni di confine vogliono un accesso alle linee ad alta velocità europee Keystone

I collegamenti ferroviari alla rete europea dell'alta velocità dividono gli animi; il tema passa lunedì in parlamento.

Martedì il Consiglio Nazionale, la camera bassa del Parlamento, ha deciso di occuparsi del tema nel corso della seduta primaverile.

Entro il 2020, l’Europa dovrebbe disporre di una rete di collegamenti ferroviari ad alta velocità. In questo processo di adattamento delle infrastrutture, la Svizzera non vuole perdere il treno: la sua posizione nel cuore del continente le assegna infatti un ruolo centrale.

Ma perché le tratte esistenti, essenzialmente limitate ai confini nazionali dei singoli Stati, diventino una vera rete, bisogna costruire nuovi collegamenti transnazionali. In Svizzera si tratta di adattare le linee esistenti a est, verso l’Austria e la Germania, e a ovest, proporzionandosi agli standard del TGV francese. Puntualmente si renderà necessaria inoltre la costruzione di nuove linee di raccordo interne.

Sì popolare ai crediti

Già nel 1998, il popolo ha accettato alle urne un credito massimo di 1,2 miliardi di franchi per finanziare gli investimenti necessari ai collegamenti transfrontalieri. Il favore popolare è stato netto: il 63,5% dei votanti si era detto favorevole al progetto. Calcolando il rincaro, il preventivo dei costi raggiunge ormai quota 1,3 miliardi di franchi.

Adesso il Consiglio federale propone una realizzazione a tappe dei progetti. Al parlamento viene proposta infatti una prima parte con sette interventi urgenti; parallelamente, i mezzi finanziari collegati sono dimezzati 665 milioni di franchi.

Ma già in agosto, la Commissione delle finanze del Consiglio nazionale aveva respinto la riduzione così netta dei lavori, innalzando il credito a 990 milioni. La Commissione dei trasporti ha poi fatto un ulteriore passo: con un voto netto – 19 parlamentari contro quattro – gli esperti del parlamento hanno riabilitato tutto il programma, ritornando agli iniziali 1,3 miliardi di investimenti.

La pressione dei cantoni

La proposta della Commissione dei trasporti è sostenuta dai governi di 18 cantoni e dall’Unione dei trasporti pubblici, l’organizzazione che raccoglie gli operatori del settore. Una riduzione del credito non corrisponderebbe alla volontà popolare, si afferma. Soprattutto la Svizzera orientale teme conseguenze negative a livello economico, se non si dovesse procedere in tempi brevi alla realizzazione dei raccordi ferroviari. Il progetto del governo sarebbe inoltre poco equilibrato, privilegiando soprattutto gli investimenti verso la Francia.

«Gli interessi regionali hanno avuto un peso preponderante nella decisione della commissione», ammette il presidente Otto Laubacher, esponente dell’Unione democratica di centro (UDC). «La decisione non è però legata a interessi partitici: l’intervento dei 18 governi cantonali ha portato alla formazione di nuove alleanze».

Laubacher, in linea con il suo partito, si dice convinto fautore del risparmio, dunque della proposta del governo. Ma nel suo stesso gruppo parlamentare molti preferiscono ormai la soluzione completa. L’appartenenza politica è ormai relativa: dominano gli interessi regionali. «L’intervento di chi abita lungo le nuove tratte progettate non è stato indifferente», ammette anche la deputata dei verdi Pia Hollenstein.

Amministratori scettici

Le Ferrovie federali svizzere (FFS) non hanno voluto prendere posizione sulle decisioni dei parlamentari. Ma secondo Laubacher, avrebbero preso conoscenza del verdetto «senza entusiasmo».

Decisamente critico è invece Max Friedli, Direttore dell’Ufficio federale dei trasporti: «Non vogliamo delle cattedrali nel deserto», ha affermato in un’intervista al quotidiano zurighese «Tages Anzeiger».

Anche Laubacher lo sostiene, ritenendo alcuni tronconi inutili: «Abbiamo bisogno di due collegamenti ad alta velocità verso ovest, uno a Basilea e uno a Ginevra. Il resto è da differire ai progetti di Ferrovia 2000».

Per lui, gli altri progetti «non sono realizzabili e nemmeno finanziabili». Anche Pia Hollenstein condivide le preoccupazioni del collega all’altro estremo dello spettro politico.

Probabilmente, ritiene ancora Pia Hollenstein, Max Friedli preferisce «una realizzazione a tappe per non mettere in pericolo altri interventi importanti». «L’attuale costellazione in parlamento» non permetterebbe la realizzazione degli altri progetti interni, visti i costi dell’aggancio alla rete ferroviaria europea. Eppure», ricorda la parlamentare, «c’è una decisione popolare da rispettare».

Ottimismo parlamentare

Per la deputata Hollestein, il collegamento alla rete ferroviaria ad alta velocità è una necessità indiscussa per il paese e per l’economia. «E se si vogliono i grandi collegamenti, è necessario garantire anche i collegamenti interni».

Adesso tocca al parlamento «realizzare quanto deciso dal popolo». E per la deputata verde, i cantoni hanno prestato un ottimo contributo alla formazione della volontà dei parlamentari.

Otto Laubacher osserva invece una certa opposizione, ma ritiene che la variante originaria avrà la meglio: «Se 18 governi cantonali fanno pressione, possono essere sicuri di avere la maggioranza parlamentare nel sacco».

swissinfo, Christian Raaflaub
(traduzione: Daniele Papacella)

Il Consiglio federale vuole spendere 665 milioni nelle tratte di raccordo alla rete europea ad alta velocità
La Commissione dei trasporti vuole il progetto nella sua versione integrale per 1,3 miliardi di franchi
18 cantoni sono sulle posizioni della commissione

L’Unione europea sta realizzando una rete di collegamenti ferroviari ad alta velocità che attraversa il continente. La Svizzera vuole avere accesso alla rete.

Il dibattito in Svizzera si concentra su quale regione avrà il privilegio di disporre di questi agganci.

La proposta del Consiglio federale ha ridotto il progetto iniziale, ma le commissioni parlamentari tengono ad una soluzione che soddisfi le richieste di tutti i cantoni.

Lunedì il Consiglio Nazionale ha iniziato a trattare il tema. Il rinvio del dossier in commissione è stato respinto martedì per 124 voti a 56.

L’argomento verrà discusso nel corso della seduta primaverile.

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