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La lunga strada verso l’integrazione

La scuola è ritenuto uno degli strumenti migliori per l'integrazione, ma non sempre basta ad evitare i pregiudizi Keystone

Il 26 settembre il popolo vota sulle riforme del diritto alla cittadinanza. A beneficiarne saranno in primo luogo i giovani stranieri cresciuti in Svizzera.

Ma uno studio rivela che il passaporto non basta: la discriminazione degli immigrati non si elimina con una legge.

La Svizzera è un paese di immigrazione. Un abitante su cinque non possiede il passaporto rosso con la croce bianca. «Ma l’orizzonte di vita per molti di questi stranieri e soprattutto per i loro figli è la Svizzera», afferma Rosita Fibbi, sociologa dell’Università di Neuchâtel.

Moltissimi hanno passato buona parte della propria vita in Svizzera e sono integrati nel tessuto sociale del proprio luogo di residenza. I figli degli stranieri senza nazionalità elvetica sono ben mezzo milione; non conoscono altro che la Svizzera, eppure non hanno accesso ai diritti politici.

Pari opportunità?

Ma la discriminazione non si ferma a livello politico: le statistiche indicano infatti che i giovani stranieri fanno molta più fatica a trovare un posto di lavoro o di formazione. Con delle candidature fittizie, il gruppo di ricerca del Forum per lo studio delle migrazioni e della popolazione, di cui Rosita Fibbi è collaboratrice, ha addirittura dimostrato empiricamente il divario esistente fra svizzeri e immigrati.

Se i figli di portoghesi hanno più o meno le stesse possibilità di essere convocati ad un colloquio di lavoro, per chi porta un nome turco o slavo le cose si mettono male. Mediamente, nella Svizzera tedesca sono stati convocati solo 59 figli di chi è arrivato da est, contro cento svizzeri. Nella Svizzera romanda si è un po’ più aperti verso gli stranieri.

«Questo indica chiaramente che esiste una discriminazione più profonda che non si limita ai diritti politici. Rimane un’ipoteca anche nella seconda generazione», costata Rosita Fibbi.

Un passo verso l’integrazione

La riforma della legge sull’attribuzione della nazionalità non può influire sulla diffidenza popolare verso il diverso, ma può fare un passo avanti nella parificazione giuridica di chi intende diventare svizzero.

Con le modifiche si unificano infatti le procedure a livello federale e si aboliscono le tariffe esorbitanti, presenti in alcune regioni. In molti comuni sarà ancora l’assemblea comunale a decidere se naturalizzare o no i candidati, ma ci saranno garanzie per tutti.

Si pone così un freno ai casi limite, come quello di Emmen. A più riprese, nella località lucernese, candidati di origine balcanica si sono visiti rifiutare la nazionalità. Il caso aveva destato indignazione e una bufera di protesta nella stampa, ma non si tratta di una situazione isolata in Svizzera. In futuro se la motivazione del no sarà insufficiente, i richiedenti potranno fare ricorso.

Ma lo studio condotto a Neuchâtel ha rivelato che per un posto di lavoro non conta solamente la nazionalità. Un giovane con il passaporto rossocrociato, ma un cognome evidentemente straniero, ha le stesse difficoltà dei suoi omologhi con un permesso di soggiorno semplice. Il problema, si può dedurre dallo studio, non si risolve sulla carta bollata ma nelle teste della gente.

Corsia preferenziale per i giovani

Il 26 settembre il popolo potrà concedere una procedura semplificata per i giovani stranieri della seconda e della terza generazione. Per Rosita Fibbi si tratta di una prova che dimostrerà il rapporto degli svizzeri verso i vicini arrivati da lontano.

La ricercatrice si dice comunque fiduciosa: «Con le nuove regole, ampiamente condivise dalla maggioranza del parlamento, non si fa che prendere atto della situazione attuale della società elvetica».

In definitiva, i parlamentari che hanno creato queste novità legislative danno fiducia al sistema scolastico elvetico. Chi segue una formazione di base e poi professionale, si è affermato nei dibattiti, conosce la lingua e anche le necessarie regole per garantire la convivenza.

I sondaggi affermano che il 26 settembre prossimo, anche il popolo dirà sì alle modifiche costituzionali e legislative. Per un inserimento completo, che non discrimini chi si chiama Fatima o Miroslav in tutti i campi della vita, ci vorranno anche altri sforzi.

swissinfo, Daniele Papacella

La pubblicazione è uscita solo in lingua originale sotto il titolo: Le passport ou le diplôme?,Rosita Fibbi, Bülent Kaya, Etienne Piguet.

Popolazione straniera in Svizzera alla fine del 2003: 1’471033 persone.
Corrispondono al 20,1% della popolazione.
Circa 350’000 di questi sono nati in Svizzera.

In Svizzera vivono circa mezzo milione di stranieri della seconda e terza generazione; in genere si tratta di persone perfettamente integrate che conoscono la lingua del posto.

Di questi ben 117’000 corrispondono attualmente ai nuovi criteri di naturalizzazione semplificata. Ma prima il popolo deve accettare le regole proposte dal parlamento.

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