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La protesta di Champagne

Le autorità del piccolo comune di Champagne (cantone di Vaud) hanno fatto abbattere sabato mattina un cartello indicatore con il nome del villaggio.

L’azione simbolica è volta a denunciare l’ultimo attacco dei produttori di Champagne francese. Dopo aver impedito ai viticoltori locali di chiamare «Champagne» il loro vino, essi vogliono infatti negare a un panettiere locale la possibilità di denominare i suoi grissini in questo modo.

Una scavatrice da cantiere con bandiera francese ha sollevato il cartello con il nome «Champagne», posto a una delle vie di accesso, e lo ha deposto ai lati della strada. All’azione hanno assistito circa 150 dei 731 abitanti e diversi mass media, tra cui due televisioni francesi e la BBC britannica.

«Non ci lasceremo fucilare», ha dichiarato il prefetto Albert Banderet. «Bisogna essere realisti, non otterremo più niente con le vie legali», ha aggiunto Thomas Binschedler, portavoce del nuovo comitato «Champagne-village». Il comune ha dunque lanciato un appello all’opinione pubblica internazionale «affinché trionfi il buon senso».

Una lunga lotta

Dal 2004, conseguenza dell’entrata in vigore degli accordi bilaterali tra Svizzera e Unione europea, la denominazione «Champagne» è scomparsa dalle etichette dei vini dell’omonimo villaggio vodese ed è stata sostituita col termine «Libre-Champ». La scorsa estate, la Corte europea di giustizia ha dichiarato irricevibile il ricorso inoltrato già nel 2002 da 43 viticoltori locali. La produzione di vino nel villaggio – fanno notare – è attestata sin dal Medio Evo e il nome Champagne compare nei documenti sin dall’anno 885.

Ora, il «Comité interprofessionnel des vins de Champagne» ha attaccato legalmente la panetteria Cornu, che vende con la menzione «Recette de Champagne» le sue «flûtes»(sorta di grissini).

Il fallimento dei tentativi di conciliazione per risolvere la vertenza ha scatenato l’indignazione degli abitanti, che prevedono di lanciare altre azioni simboliche, forse in Francia.

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