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La Quinta Svizzera, un potenziale da scoprire

In occasione della votazione sull'adesione all'ONU i voti degli svizzeri dell'estero hanno avuto un peso determinante Keystone

Gli svizzeri dell'estero, dopo il voto per corrispondenza ottenuto 10 anni fa, chiedono ora di essere meglio rappresentati in Parlamento.

Svizzeri dell’estero più internazionali

Obiettivi legittimi, ben visti anche dai grandi partiti svizzeri, che sottolineano l’importanza del voto dei compatrioti all’estero. Sia il partito liberale, che l’Unione democratica di centro, che il Partito popolare democratico citano, ad esempio, il caso delle recenti votazioni sull’adesione della Svizzera all’ONU e sulla partecipazione dei soldati elvetici a missioni di pace all’estero.

In entrambi i casi il voto della diaspora elvetica è stato determinante. In marzo, nel cantone di Lucerna gli svizzeri dell’estero hanno addirittura fatto pendere la bilancia verso il sì nella votazione sull’ONU.

Purtroppo un’analisi più dettagliata del voto non è possibile perché solo in tre cantoni – Ginevra, Vaud e Lucerna – i voti degli svizzeri all’estero vengono contati separatamente. Ma come votano gli svizzeri che vivono lontani dalla patria?

Barbara Perriard, responsabile del Servizio stampa del partito liberale svizzero, spiega a swissinfo che i connazionali all’estero votano indubbiamente in modo più internazionale ma “non votano in modo tanto diverso dagli svizzeri rimasti in patria. La loro posizione si può dunque paragonare a quella di chi vive nelle città.”

Da dieci anni gli svizzeri residenti all’estero possono votare per corrispondenza, partecipando direttamente alla vita politica del loro Paese d’origine. Si realizza così uno dei grandi obiettivi della comunità elvetica all’estero, che ora ripone tutte le speranze nell’introduzione del voto elettronico e nella possibilità di farsi eleggere in entrambi i rami del parlamento. Oggi possono infatti candidarsi per la Camera bassa, ma non per la Camera dei cantoni.

Eleggere ed essere eletti

I cittadini svizzeri residenti all’estero sono felici di poter esprimersi sui grandi temi politici del loro Paese d’origine, ma vorrebbero anche poter essere eletti. Uno dei più strenui difensori di questo diritto è Daniel Bolomey, delegato degli svizzeri all’estero, per il Belgio, da 30 anni residente all’estero e nel 1999 candidato, sfortunato, al Consiglio nazionale nelle liste socialiste.

“Noi non abbiamo, come i francesi, una circoscrizione degli svizzeri all’estero”, si lamenta Bolomey, “io devo andare personalmente nel canton Vaud, mettermi in un partito e sperare che qualcuno voti per me. Inoltre devo battermi contro persone molto più conosciute.”

Yves Bichsel, portavoce dell’UDC, aggiunge: “L’esperienza insegna che l’elezione in parlamento avviene sulla base dell’attività politica svolta a livello cantonale e comunale”.

Il partito liberale invece capisce le esigenze della Quinta Svizzera e ritiene che “il diritto di voto e di eleggibilità vadano di pari passo”. In occasione del rinnovo del Consiglio nazionale, nell’autunno del 2003, il partito non esclude di proporre anche candidati svizzeri provenienti dall’estero.

Beatrice Werdtli, capo stampa del PPD, ricorda dal canto suo che la consigliera nazionale democristiana, Rosemarie Zapfl ha chiesto in una mozione che i partiti diano più spazio agli svizzeri all’estero nelle loro liste elettorali.

La seconda generazione

Ma chi vive all’estero ha ancora legami con la Svizzera? Bisogna distinguere fra vari gruppi di emigrati. Chi, come molti svizzeri d’Italia, è emigrato da adulto, si sente indubbiamente legato alla realtà svizzera in tutte le sue sfaccettature. Ci sono poi gli svizzeri che trascorrono alcuni mesi o anni all’estero, come rappresentanti di ditte elvetiche e anche questa categoria di persone ci tiene a mantenere i legami con la patria.

Il discorso cambia per la seconda, terza generazione. “I miei figli hanno la doppia nazionalità, sono cresciuti in Belgio”, dice Daniel Bolomey, “sono io che voto per loro”. Nicola Legnani-Pfisterer è invece un’eccezione. Di padre italiano e madre svizzera, nato e cresciuto in Lombardia, vota regolarmente.

“Votare è un dovere”, dice, “ogni volta che arriva il plico io mi sento responsabilizzato e sono contento di poter dire la mia.” Secondo l’ingegnere milanese il fatto di poter votare stimola automaticamente anche l’interesse per la realtà politica elvetica.

Nicola Legnani, vivendo nei pressi del confine con la Svizzera, si reca spesso in territorio elvetico per informarsi personalmente su certe questioni politiche ma sottolinea di sentirsi “più italiano, che svizzero”. A questo proposito Legnani fa una distinzione fra l’integrazione sociale, quella culturale e quella politica. Come dire che ci si può sentire italiani e ragionare “alla svizzera”!

Elena Altenburger

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