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La rinascita dei vecchi relitti industriali

Centinaia di aree industriali in disuso, come le fabbriche Saurer ad Arbon (TG), attendono soltanto di venir risanate e riciclate Keystone

Le aree industriali dismesse, lasciate dietro di sé dalle ristrutturazioni degli ultimi decenni, corrispondono alla superficie di una città, come Ginevra.

La riconversione di questi residui dell’industrializzazione potrebbe permettere di salvaguardare le zone verdi e generare importanti introiti.

Ristrutturazioni, delocalizzazioni, globalizzazione: negli ultimi decenni molte industrie svizzere hanno dovuto chiudere i battenti.

Soltanto tra il 1991 e il 2001, oltre 250’000 impieghi sono stati cancellati nel settore secondario, il 20% della manodopera utilizzata.

Se i posti di lavoro sono partiti in fumo o all‘estero, gli stabilimenti industriali sono invece rimasti dove erano, disseminati un po’ ovunque sul territorio svizzero.

Relitti di un’era industriale ormai finita: le fabbriche della Brown-Boweri a Baden, della Oerlikon-Bührle a Zurigo, della Sulzer a Winterthur. O le industrie tessili di San Gallo, le acciaierie della Monteforno a Bodio, le manifatture Chocolat Suchard a Neuchâtel.

Svizzera in ritardo

Per anni questi stabilimenti sono stati quasi dimenticati, come se non si volesse prendere atto che una pagina di storia svizzera si era ormai voltata per sempre.

Poi, nel 2002, l’attenzione degli ambienti politici ed economici è stata definitivamente risvegliata da un postulato inoltrato in parlamento da Susanne Leutenegger Oberholzer.

“Ogni anno vengono sacrificati migliaia di ettari di terreno nelle zone verdi per costruire nuovi centri abitativi, commerciali o industriali. Uno spreco irresponsabile, dal momento che si potrebbero sfruttare dapprima le aree industriali in disuso”, afferma la consigliera nazionale basilese.

Il testo, approvato dai colleghi parlamentari, chiede in sostanza al governo di fare un inventario delle zone industriali dismesse, accelerare il loro risanamento e definire le misure per uno sfruttamento appropriato.

“In quest’ambito, la Svizzera è in ritardo rispetto ad altri paesi europei, dove esistono già da tempo grandi programmi di rivalorizzazione delle rovine industriali”, aggiunge Susanne Leutenegger Oberholzer.

Risorsa non rinnovabile

In paesi come la Germania, la Francia e la Gran Bretagna, la chiusura di storici rami industriali e minerari ha spinto le autorità ad intervenire già diversi anni fa per rimettere in sesto intere zone economicamente depresse.

In Svizzera questo processo è stato nel suo insieme molto meno drammatico. Ma non meno allarmante è invece la progressiva erosione del terreno verde disponibile.

L’Altopiano, dove vive oltre il 70% della popolazione, sta ormai diventando un’unica agglomerazione. E, in tutto il paese, ogni secondo viene distrutto un metro quadrato di zona verde.

“Questa evoluzione è il risultato di una visione a corto termine: il suolo non è una risorsa rinnovabile. Bisogna risparmiarlo il più possibile, non solo per proteggere la natura, ma anche la qualità della vita”, sottolinea Philippe Roch, direttore dell’Ufficio federale dell’ambiente, delle foreste e del paesaggio (Ufafp).

Grandi riserve di terreno

Riciclando le aree industriali dismesse si potrebbero risparmiare almeno 17 milioni di m2 di terreno in Svizzera, come risulta da uno studio realizzato dall‘Ufafp e dall‘Ufficio federale dello sviluppo territoriale (Are) in seguito al postulato di Susanne Leutenegger Oberholzer.

Una superficie sufficiente per costruire 13’000 nuove aziende di taglia media, dove potrebbero lavorare 140’000 persone.

Oppure per edificare nuovi alloggi che potrebbero ospitare 190’000 persone. Uno spazio equivalente insomma ad una città come Ginevra, compresa la sua periferia.

Secondo lo studio, presentato questa settimana, in Svizzera vi sono almeno 380 aree industriali in disuso con una superficie superiore ad un ettaro di terreno.

“Non si tratta soltanto di industrie private, ma anche di vecchi stabilimenti pubblici, come quelli dell’esercito, della Posta o delle Ferrovie federali svizzere”, precisa Pierre-Alain Rumley, direttore dell’Are.

Patrimoni non utilizzati

“In base alle nostre stime, le zone industriali improduttive potrebbero generare un reddito di 1,5 miliardi di franchi all’anno e introiti fiscali pari a 150-250 milioni”, sottolinea Philippe Roch.

Facile capire quindi perché ambienti economici e politici sembrano finalmente interessati a concordare condizioni quadro per dare avvio ad un riciclaggio su grande scala di queste aree.

I primi progetti avviati negli ultimi anni in alcune città svizzere hanno permesso di recuperare e rigenerare interi quartieri industriali, abbandonati e trasandati.

Negozi, ristoranti e uffici hanno fatto rivivere, ad esempio, il quartiere del Flon di Losanna, ripreso in mano dalla popolazione.

A Zurigo è rinata invece l’area Escher-Wyss, che oggi ospita, tra l’altro, un teatro, un cinema, un albergo, un centro di fitness ed uno spazio di produzione televisiva.

Risanamento ambientale

Uno dei problemi maggiori che si pongono agli investitori è quello del risanamento ambientale dei residui industriali. I costi per la bonifica di un terreno inquinato si aggirano in media sui 100 franchi al metro quadrato.

È un onere non indifferente. Ma ne vale la pena, soprattutto tenendo conto della posizione privilegiata in cui si situano molte aree industriali.

Un tempo gli stabilimenti industriali venivano costruiti a ridosso delle abitazioni. Con l’enorme crescita urbana negli ultimi decenni, oggi si ritrovano praticamente al centro di molte agglomerazioni.

Mentre le fabbriche hanno perso il loro valore, il terreno è ridiventato una ricchezza. A Zurigo, ad esempio, un metro quadrato costa facilmente 2 o 3’000 franchi anche nei vecchi quartieri industriali.

swissinfo, Armando Mombelli

In Svizzera vi sono almeno 380 aree industriali dismesse con una superficie superiore ad un ettaro.
Complessivamente queste zone corrispondono a circa 17 milioni di m2 di terreno.
Uno spazio equivalente ad una città di 190’000 abitanti, come Ginevra.

A livello europeo, 21 paesi membri dell’UE hanno lanciato nel 2002 il programma Cabernet che mira a riciclare le aree industriali in disuso.

In Svizzera, un postulato parlamentare inoltrato nel 2002 chiede al governo di adottare le misure necessarie alla riconversione di queste zone.

La rivalorizzazione dei residui industriali potrebbe generare introiti pari a 1,5 miliardi di franchi all’anno.

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