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La scuola fa dello sviluppo sostenibile?

Sensibilizzare i giovani già in tenera età. Fondazione Educazione e Sviluppo

Una domanda impegnativa alla quale hanno cercato di rispondere 500 esperti della formazione, docenti e politici.

Il concetto di sviluppo sostenibile si sta insinuando nella realtà scolastica ma ha bisogno del sostegno di tutta la società.

Da Rio a Johannesburg, la necessità di promuovere uno sviluppo sostenibile attraverso le istituzioni scolastiche è diventato un obiettivo prioritario per molti Paesi.

Anche in Svizzera gli specialisti sono alla ricerca di nuove vie per integrare le problematiche ambientali, sociali e umanitarie nei piani di studio degli allievi.

Ma che cosa significa educare allo sviluppo sostenibile? I relatori presenti al congresso di Berna – organizzato dalla Fondazione Formazione e Sviluppo in collaborazione con la Conferenza svizzera dei Direttori cantonali della pubblica educazione – sono concordi nel dire che lo sviluppo sostenibile riguarda tutti e copre tutti gli aspetti della nostra società.

Problemi che toccano tutti

Un’opinione condivisa anche da Wendy Goldstein, responsabile della formazione e della comunicazione all’IUCN, l’Istituto internazionale per la conservazione delle risorse naturali, con sede a Gland, in Svizzera.

“E’ un modo di comportarsi”, dice l’esperta australiana a swissinfo, “che ci spinge a riflettere sui grandi sconvolgimenti del nostro tempo: cambiamenti climatici, perdita della varietà biologica, disboscamenti selvaggi, disuguaglianze sociali”.

Ma è anche un modo di affrontare certi temi. Per Oliviero Ratti, responsabile regionale della Svizzera italiana di Educazione e Sviluppo “ogni volta che all’interno di un istituto scolastico ci sono progetti o lezioni che riflettono gli aspetti ecologici, sociali ed economici della nostra realtà, si è nel campo dell’educazione allo sviluppo sostenibile”.

“In questo campo Educazione e Sviluppo ha una funzione pedagogica particolare: appoggia chi vuole dedicarsi a queste problematiche e mette in contatto i docenti con gli specialisti”, dice Ratti a swissinfo.

Anche per Gianni Ghisla, collaboratore all’Istituto di abilitazione e aggiornamento di Locarno e all’Università della Svizzera italiana, negli ultimi anni la scuola si è aperta, ha ricuperato certi temi classici, cercando di favorire la responsabilizzazione del cittadino rispetto a sé stesso.

Formare gli insegnanti

Il consigliere federale Joseph Deiss, ospite d’onore del congresso, ha sottolineato il fatto che lo sviluppo sostenibile “passa attraverso il sapere”. E il sapere viene trasmesso da docenti ed educatori.

All’unanimità i relatori hanno ammesso che è indispensabile investire nella formazione degli inseganti e, nel caso specifico della Svizzera, unificare i vari esperimenti cantonali.

Una volta formati gli insegnanti è necessario entrare nel vivo della materia. Francine Pellaud, dell’Università di Ginevra ha notato che l’approccio ad un’educazione allo sviluppo sostenibile è ancora molta classica e tradizionale. La protezione dell’ambiente, ad esempio, viene ridotta allo studio di piante o di specie animali.

Lezioni più flessibili

Come integrare dunque la complessa tematica nelle griglie orarie? Secondo Gianni Ghisla, la scuola lavora ancora troppo per compartimenti stagni, per orari fissi.

“Bisogna rompere la dittatura della griglia oraria”, spiega l’esperto a swissinfo, “lavorando di più per progetti, che hanno la facoltà di far collaborare studenti e docenti in un’ottica diversa, più tesa ad integrare i singoli contributi del sapere nella visione dei problemi”. Molti relatori hanno posto l’accento proprio su questa interdisciplinarità.

Per il ministro degli esteri è importante che la Confederazione e i cantoni elaborino nuovi strumenti didattici per tutti i livelli d’insegnamento, allo scopo di contribuire concretamente alla realizzazione dell’educazione allo sviluppo sostenibile.

Joseph Deiss ha anche sottolineato l’importanza di riservare uno spazio ben preciso della griglia oraria alla tematica, per evitare che questa disciplina venga ridotta ad un ruolo marginale.

Globali e non locali

Anche se gli esperti presenti hanno discusso del sistema d’insegnamento svizzero, non va dimenticata l’importanza di orientarsi anche verso i Paesi dell’OCSE, dimenticando, per una volta, la dimensione puramente nazionale.

Il recente studio PISA sul livello scolastico dei giovani europei lo ha dimostrato.

Gli studenti, presenti al congresso, hanno detto di essere pronti ad affrontare questo nuovo tipo di insegnamento interdisciplinare: più aperto, più interessante, più responsabilizzato.

Gli addetti ai lavori si rendono conto dell’immenso lavoro che li attende. Ma l’entusiasmo con il quale intendono realizzare gli obiettivi proposti dal vertice di Johannesburg nel campo della formazione, era palpabile.

Elena Altenburger, swissinfo

1960-1970: Le Nazioni Unite proclamano il primo decennio dello sviluppo
1970-1980: Il secondo decennio dell’ONU dedicato allo sviluppo
1980-1990: Il decennio dell’indebitamento
1990-2002: Vertici di Rio (1992) e di Johannesburg (2002)
Iniziano le riflessioni sullo sviluppo sostenibile

L’opera di sensibilizzazione allo sviluppo sostenibile delle nostre società deve avvenire nelle scuole. Educando i giovani ad un nuovo modo, più globale e interdisciplinare di concepire i grandi problemi attuali, si può sperare di contribuire alla creazione di una società futura più equa.

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