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La Spagna domenica saprà se ha un nuovo governo

Un'immagine mostra la bandiera spagnola (foto d'archivio). Keystone/AP/DANIEL OCHOA DE OLZA sda-ats

(Keystone-ATS) Dopo 10 mesi di paralisi politica la Spagna finalmente saprà fra 5 giorni se avrà un nuovo governo la settimana prossima, o se l’ex Paese più stabile d’Europa dovrà tornare a votare a Natale per la terza volta in un anno.

Il Psoe riunirà domenica il consiglio federale per decidere su un possibile via libera a un governo di minoranza del premier uscente il Pp (Partito popolare) Mariano Rajoy. Sarà una nuova riunione drammatica, dopo quella infuocata del 2 ottobre che aveva defenestrato il segretario Pedro Sanchez.

Il Psoe è profondamente diviso fra chi propone di dare via libera a Rajoy per evitare nuove elezioni che i sondaggi annunciano catastrofiche per i socialisti e chi vuole un ‘no’ ad ogni costo alla destra. La spaccatura fra le due anime rischia di spaccare il socialismo spagnolo, fino a una scissione.

La maggior parte dei ‘baroni’ è per una astensione che salvi il partito. È la linea che dovrebbe prevalere. In questo senso pesa la potente federazione andalusa – un quarto dei deputati Psoe – di Susana Diaz, nuovo ‘uomo forte’ del partito, presidente dell’Andalusia. Il fronte del ‘no’ è guidato dal capo dei socialisti catalani Miguel Iceta, vicino a Sanchez: oggi però per la prima volta non ha escluso che si astengano alcuni deputati Psoe.

Nei due anni di gestione Sanchez il partito è passato da una sconfitta storica all’altra, scendendo dal 48% degli anni ’80 al 22%. I sondaggi, se si tornasse a votare, prevedono un nuovo crollo al 18%, la perdita di un deputato su 4, l’umiliante ‘sorpasso’ di Podemos, una trionfo del Pp di Rajoy, che per la prima volta dalla morte di Franco otterrebbe il doppio dei voti socialisti.

Il bivio per i socialisti è fra un suicidio e un altro. Il via libera a Rajoy darebbe tempo per ricostruire il partito, offrendo però munizioni a Podemos per presentarsi come ‘l’unico’ ‘solo’ partito della sinistra spagnola. Con un ‘no’ il rischio è di andare a una ulteriore marginalizzazione nelle urne, cedere a Podemos la supremazia nella sinistra e nell’opposizione: fare cioè la fine del Pasok in Grecia, divorato da Syriza.

Per il presidente della direzione provvisoria Javier Fernandez e per Diaz l’astensione “fra i due mali” è quello meno peggiore. I militanti, infiammati dalla retorica frontista di Sanchez, sono però per il ‘no’.

Se prevarrà un ‘sì’ sofferto all’astensione, i tempi saranno strettissimi. Senza un nuovo premier entro il 31 ottobre scatterà la convocazione di nuove elezioni a Natale. Re Felipe VI ha già convocato un giro di consultazioni dei leader.

Se ci sarà il via libera del Psoe, martedì designerà Rajoy. Mercoledì o giovedì si riunirà il Congresso. I 350 deputati dovranno votare due volte la fiducia in 48 ore. Al primo turno è necessaria la maggioranza assoluta di 176 voti. Rajoy ne ha solo 170. Al secondo, a maggioranza semplice, passerà con l’astensione o l’uscita dall’aula di tutti (o almeno 11) socialisti.

Per Rajoy poi però la vita rischia di essere molto difficile: dovrà governare contro un’opposizione largamente maggioritaria al Congresso. Per lui, prevede l’indipendentista Francesco Homs, sarà “un calvario”.

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