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La Svizzera studiata a Milano

Il professor Roberto Romano, co-fondatore del Centro Bruno Caizzi swissinfo.ch

Da alcuni anni all'Università degli studi di Milano ci si interessa da vicino alla Confederazione, grazie al Centro interdipartimentale di storia della Svizzera Bruno Caizzi. Swissinfo.ch ha intervistato uno dei suoi fondatori e Direttore fino al 2010, il professor Roberto Romano.

Professore di storia dell’industria fino al termine del 2011, Roberto Romano esordisce con una constatazione: «Svizzera e Italia sono due paesi confinanti, ma la conoscenza reciproca è purtroppo piuttosto scarsa da ambo le parti. Durante una conferenza in Ticino, per esempio, diversi presenti non credevano possibile che il reddito pro capite della Lombardia fosse superiore a quello del cantone».

Proprio per conoscere meglio la realtà elvetica, negli anni Novanta il professore ha deciso di fare un simbolico passo. «In quel periodo si è sviluppato il mio interesse per la storia della Svizzera: ho quindi scelto di attraversare il confine per studiare meglio un paese dalla storia così movimentata», spiega Romano.

Infatti, aggiunge, «la Confederazione non è affatto la patria degli orologi a cucù come può sembrare a qualcuno. Gli spunti interessanti sono moltissimi: basti pensare che la Svizzera moderna nasce da una guerra civile, e che sul suolo elvetico sono passati personaggi come Lenin, Cattaneo, Mazzini. Senza dimenticare che – prima ancora del sistema bancario – verso gli anni ’70 e ’80 del Novecento la Svizzera era uno dei più grandi paesi industriali del mondo».

Lo spirito di Caizzi e Cattaneo

Roberto Romano varca quindi regolarmente il confine per recarsi all’Archivio storico di Bellinzona, dove conosce il professor Fabrizio Panzera, anch’egli storico. Dalla loro amicizia nasce il progetto per un’associazione denominata appunto «Centro studi di storia della Svizzera Bruno Caizzi», in omaggio al professore italiano che lasciò l’Italia fascista e si trasferì in Ticino. Caizzi ha insegnato dal 1936 al 1969 presso la Scuola di commercio di Bellinzona, fornendo un importante contributo culturale al cantone.

Nel 2003 viene poi costituito il Centro Interdipartimentale vero e proprio, che si propone di «diffondere in Italia la conoscenza della storia economica, sociale, politica, culturale e religiosa della Svizzera e in particolare della Svizzera italiana», favorendo in quest’ottica «ricerche, tesi di dottorato e tesi di laurea di storia svizzera e inerenti i rapporti tra la Svizzera e l’Italia».

Lo spirito che anima l’attiva del Centro – evidenzia Romano – è quello di personalità come Carlo Cattaneo e lo stesso Caizzi: «Pur restando italiani in tutto e per tutto, erano legatissimi alla Svizzera e soprattutto al Ticino. Si tratta di due splendidi esempi di quell’amicizia culturale che cerchiamo a nostra volta di coltivare».

Congressi, libri, ricerche

Dalla sua fondazione, il Centro di storia svizzera ha dato prova di parecchia vivacità, sottolinea Romano. Tra le molteplici iniziative figurano per esempio le giornate di studi sui rifugiati italiani nella Confederazione durante il fascismo (2004), quelle sull’industria del cioccolato in Svizzera e Italia (2006) e il convegno internazionale del 2007 intitolato Il S. Gottardo: dalla galleria di Favre all’AlpTransit. Nel 2011 è stato inoltre organizzato un congresso su banche e banchieri in Italia e Svizzera nei secoli XVI-XXI.

Parallelamente a queste attività, il Centro ha contribuito alla pubblicazione degli atti dei congressi e ha promosso numerose tesi di dottorato e ricerche su svariate tematiche legate alla Confederazione. Alcuni titoli: Diventare ticinesi. Le naturalizzazioni nel Canton Ticino dal 1861 al 1915 (Tatiana Conti); L’immigrazione in Svizzera e le iniziative contro l’inforestieramento degli anni Settanta del secolo scorso (Anna De Bernardi); Internati polacchi in Svizzera tra guerra, lavoro e sentimento (Christian Bernardo).

Tra passato e futuro

Lo studio dei rapporti tra Italia e Svizzera nel corso dei secoli fornisce a Romano la base per un’osservazione in prospettiva futura. «Il periodo di maggiore interazione tra Milano e il Ticino corrisponde al Risorgimento, ovvero un’epoca in cui i ticinesi si sentivano perfettamente svizzeri e senza il benché minimo interesse di unirsi all’Italia».

Ciononostante, continua, «vi era fino alla prima metà dell’Ottocento una notevole amicizia, basata su affinità culturali e sulla difesa dei principi comuni di democrazia e solidarietà, molto sentiti nella Lombardia sotto la dominazione austriaca».

È quindi importante, conclude il professore, «che – pur restando ovviamente cosciente della proprie specificità – il Ticino non dimentichi che la sua cultura di riferimento è quella italiana: ne va anche del suo peso all’interno della Confederazione. Le affinità tra queste due realtà sono pure fondamentali in vista degli importanti appuntamenti futuri come Expo 2015 e l’apertura della nuova galleria stradale del San Gottardo».

Nato a Livorno nel 1950, si è laureato in lettere all’Università degli Studi di Milano nel 1974. Formatosi alla scuola di Franco Della Peruta e Bruno Caizzi, è diventato ricercatore confermato nel 1981 e in seguito professore di Storia dell’industria presso lo stesso ateneo.

Tra i primi in Italia ad occuparsi di storia d’impresa, in particolare industriale, è riuscito ad individuare ed utilizzare almeno una ventina di archivi d’impresa o familiari sino ad allora ignoti. Ha anche pubblicato un manuale di storia industriale ed economica per l’università. I suoi lavori sono apparsi sulle principali riviste storiche, oltre che negli Annali della Storia d’Italia (Einaudi).

I suoi contributi alla storia economico-sociale hanno toccato vari altri temi: la formazione della classe operaia, le condizioni sanitarie nelle fabbriche, gli infortuni sul lavoro, il movimento cooperativo, gli spacci aziendali, la direzione tecnica delle imprese e il paternalismo degli imprenditori. È anche autore di diversi saggi sulla storia economica del Canton Ticino.

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