Prospettive svizzere in 10 lingue

La torre di Soletta

Soletta ha ospitato anche una mostra di abbecedari di tutto il mondo, dove si poteva imparare a scrivere il proprio nome in arabo o cinese swissinfo.ch

Babele in scala ridotta, le Giornate letterarie di Soletta hanno rinunciato quest'anno a un tema guida, per dare ampio spazio al multilinguismo.

Solothurn – Soleure – Soletta – Soloturn. E altro ancora, se nel manifesto delle Giornate letterarie si volessero aggiungere, alle lingue nazionali, le lingue che vi si parlano o perlomeno vi si leggono.

Tedesco francese italiano romancio. E poi ladino dell’Alto Adige, rumeno, jiddisch, russo, greco. E schwyzerdütsch per ordinare la birra al ristorante Kreuz, centro di gravità della manifestazione, e comunicare con gli autori svizzero-tedeschi, anche loro in qualche modo bilingui – una lingua per parlare, una per scrivere. E di certo qua e là l’inglese.

Finora Soletta aveva orientato i propri programmi ad un tema di fondo. L’anno scorso era, per esempio, il turno della letteratura online. Ma quest’anno la manifestazione – che vive di un budget di appena 250’000 franchi svizzeri e molto volontariato – ha rinunciato a scegliere un vero fil rouge.

Le molte forme del plurilinguismo

Tuttavia la natura stessa della Svizzera, paese quadrilingue e paese d’immigrazione, e alcune scelte degli organizzatori hanno finito per porre al centro la questione del plurilinguismo. «In assenza di un grande tema», osserva Markus Bundi a nome della commissione responsabile del programma, «la parola è lasciata a voci che spesso rischiano di non essere ascoltate.»

Il plurilinguismo a Soletta si coniuga in molte forme. C’è per esempio il «renshi svizzero-rumeno», un esperimento di cooperazione fra scrittori svizzeri e rumeni attorno ad una catena poetica – il renshi – mutuata dalla tradizione giapponese. Oppure lo spazio dedicato alla nuova letteratura jiddisch, con Lev Berinski, autore in jiddisch e russo e traduttore in russo, Gennady Estraikh e Michael Felsenbaum.

O un autore come il giurassiano Daniel De Roulet, che durante la lettura passa senza difficoltà dal tedesco al francese e concede interviste in un italiano impeccabile. Per non scordare le varie lingue, tra cui il ladino altoatesino di Rut Bernardi, che si incontrano nella «sezione aperta» delle Giornate: «Opennet 2002», 176 testi – di cui 150 in tedesco; anche a Soletta il plurilinguismo ha i suoi limiti – di autori esordienti, anonimi o già affermati inviati via internet.

E poi ci sono gli immigrati che si sono impossessati della lingua del paese di immigrazione. È il caso del curdo Yusuf Yesilöz, autore di romanzi in tedesco ed editorialista del settimanale «züritipp». O di Aglaja Veteranyi, autrice rumena di testi in tedesco, morta suicida pochi mesi fa, a cui le Giornate hanno dedicato una serata omaggio. Sue è una citazione che ben si adatta alla manifestazione di Soletta: «In ogni lingua, la stessa cosa si dice altrimenti.»

Atelier di traduzione

Un motto che pareva risuonare in un altro punto forte del programma, gli atelier di traduzione. Autori e traduttori hanno avuto occasione di dibattere il complesso lavoro di trasposizione di un testo da una lingua ad un’altra, offrendo così una panoramica interessante delle sfumature che dividono un idioma da un altro.

Sfumature che non sono solo interne alla lingua. A questo proposito è assai indicativo un aneddoto raccontato dal poeta ticinese Fabio Pusterla, riferito a una sua poesia intitolata «Due aironi». A lui gli aironi, visti di sfuggita nella regione del San Bernardino, apparivano animali belli, misteriosi, carichi di significato. Ma al suo traduttore inglese, abituato a vedere gli aironi nei laghi della sua regione, essi sembravano uccelli brutti e cattivi. Gli aironi sono rimasti aironi, ma certo il traduttore inglese ha avuto difficoltà ad entrare nell’atmosfera della poesia.

Tra letteratura e realtà

Fra tante lingue, a Soletta sono passati autori noti e meno noti, critici e appassionati, curiosi ed editori. Godendosi i momenti di sole sui tavoloni all’aperto del Kreuz, discutendo appassionatamente, leggiucchiando qua e là fra i tanti testi disponibili sui banchi di vendita di fronte alla sede delle Giornate, il Landhaus.

E forse dimenticando un po’ il mondo circostante, anche solo quello della Soletta fuori le mura, della Soletta industriale, in cui, come dice Daniel De Roulet, «si svolge buona parte della vita della città.» La manifestazione letteraria nella cornice idillica della città vecchia si capovolge così, nelle parole dello scrittore giurassiano, in una metafora della letteratura che si sottrae alla realtà.

Salvo che la realtà a volte irrompe anche nei salotti letterari. Sabato, all’ora di pranzo, i tavoli del Kreuz sono stati circondati dai manifestanti silenziosi del «Coordinamento nazionale di solidarietà con la Palestina», che chiedevano agli scrittori e intellettuali di impegnarsi in favore della causa palestinese.

E che ricordavano, indirettamente, che la letteratura difficilmente può sottrarsi alle domande complesse che pone il presente, salvo rifugiarsi nell’assoluta irrilevanza della pura arte, e deve elaborare delle risposte, pur se interne alle regole letterarie.

Andrea Tognina

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