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Lacune nelle centrali nucleari svizzere

Le maggiori carenze a livello di sicurezza sono state riscontrate nell'impianto di Mühleberg, nel canton Berna Ex-press

È stato pubblicato un rapporto sulla sicurezza delle centrali svizzere. I risultati non sono positivi ma per ora nessuno dei cinque impianti deve essere chiuso. Le reazioni della stampa alle carenze che secondo l'autorità non costituiscono un «pericolo immediato».

La stampa ha reagito in modo critico ai risultati del rapporto pubblicato dall’Ispettorato federale della sicurezza nucleare (IFSN) sulla situazione riguardante la sicurezza nelle cinque centrali svizzere che risponde alle richieste formulate della ministra dell’energia Doris Leuthard in considerazione della catastrofe giapponese.

Le voci contrarie riguardano soprattutto l’imparzialità dell’autorità di vigilanza, il suo stretto legame con l’industria nucleare e la tendenza della politica ad appropriarsi dei temi nucleari per strumentalizzare il dialogo.

Carenze in tutte le centrali

«Mühleberg pericolosa come Fukushima» intitola il Blick. «Siamo seduti su di una bomba che potrebbe scoppiare in qualsiasi momento» continua l’articolo.

Infatti, nessuna delle centrali svizzere ha superato il test indenne. I problemi maggiori inerenti alla resistenza ai terremoti sono emersi per le centrali di Mühleberg (in prossimità di Berna) e Beznau (nel cantone Argovia). Entrambi gli impianti non hanno un sistema di raffreddamento sufficiente in caso di terremoto.

Secondo il commento del Blick è spaventoso «che solo ora si rilevano le importanti carenze delle centrali nucleari. Ciò dimostra che i rischi di questa tecnologia non sono sotto controllo nonostante il loro alto prezzo. Tipicamente, i rischi emergono solo quando avviene un incidente di ampia portata».

Il direttore dell’IFSN, Hans Wanner, ha invece affermato che nonostante in tutte le cinque centrali elvetiche siano state rilevate molte carenze, non occorre spegnerle all’istante, poiché tali mancanze non rappresentano un «pericolo immediato».

Messa in dubbio l’imparzialità

Il Partito socialista (PS) e i Verdi ritengono che le migliorie richieste agli operatori nucleari non sono sufficienti per prevenire i rischi. Gli ambienti ecologisti aggiungono che l’organo non è imparziale a sufficienza. I partiti di destra, invece, sono soddisfatti del lavoro eseguito.

Il problema delle implicazioni politiche e dell’imparzialità sono sollevati da diversi quotidiani. «Che le possibilità di rischio siano finora state sottovalutate non è un risultato piacevole», si legge in un commento della Neue Zürcher Zeitung (NZZ). «Ma riporta una volta di più alla ribalta l’esistenza di rischi residui dell’energia nucleare».

Il quotidiano zurighese continua, affermando che la politica e l’IFSN si passano la palla senza riuscire a definire quale livello di rischio è da considerarsi ragionevole. Inoltre, non sempre il parlamento dispone delle conoscenze necessarie per definire le direzioni da prendere.

Conclude la NZZ che occorre definire ancora meglio l’imparzialità dell’IFSN e istituire organi per una seconda opinione. «Non possiamo assistere a uno scetticismo fondamentale nei confronti dell’organo di vigilanza nucleare. Questo non migliora la tecnologia nucleare. […] Attualmente si mischia politica, semplificazione tecnica, critica all’IFSN  e profezie energetiche in un grande calderone.  […] Occorre un dibattito serio sui rischi e gli scenari di catastrofe».

Anche il Tages Anzeiger (TA) si interroga sull’imparzialità dell’IFSN e ribadisce l’importanza di controlli seri, seconde valutazioni e vigilanza da parte degli esperti dell’Unione europea.

Responsabilità politica

«Molti vedono una contraddizione poco rassicurante se da una parte l’IFSN afferma che non ci sia un pericolo acuto ma dall’altra parte rileva che nelle nostre centrali nucleari ci sono notevoli lacune nel sistema di raffreddamento», si legge nel commento del TA. Infatti è proprio stato questo tipo di mancanza a rendere la situazione a Fukushima particolarmente drammatica.

Il Blick intitola il suo commento «Il momento giusto per lasciare il nucleare». Si chiede: «Possiamo ancora avere fiducia nell’organo di vigilanza dopo tutto quello che abbiamo appreso in merito ai legami tra l’industria nucleare e la vigilanza nucleare?».

Il 24heures riassume: «In base a quali criteri bisogna definire la sicurezza nucleare? Quanto contano i rischi? Bisogna immaginarsi anche i rischi più improbabili? Tocca alla politica fissare i limiti dei rischi accettabili». «E questo dibattito dovrebbe avvenire in modo democratico. La sicurezza nucleare è una decisione della società, non una norma scientifica».

La Svizzera dispone di 5 impianti nucleari: Beznau I (1969), Beznau II (1971), Mühleberg (1971), Gösgen (1978) e Leibstadt (1984).

I primi tre dovranno essere disattivati entro il 2020, mentre le autorizzazioni di servizio degli altri due scadono nel 2040 e nel 2045.

Queste centrali atomiche producono quasi il 40% dell’energia elettrica consumata a livello nazionale. La parte rimanente proviene quasi esclusivamente da impianti idroelettrici.

Le nuove energie rinnovabili (sole, vento, biomassa, ecc.) forniscono soltanto il 5% dell’energia elettrica e meno del 2% dell’energia complessiva consumata in Svizzera.

I tre progetti per nuove centrali nucleari – presentati dalle Forze motrici bernesi, dall’Axpo e dall’Alpiq – prevedono la costruzione di reattori ad acqua leggera, il cui rendimento è molto più elevato rispetto agli impianti attuali.

Secondo il rapporto è la centrale più vecchia della Svizzera ad avere più carenze.

I sistemi di raffreddamento della vasca di contenimento del combustibile sono insufficientemente protetti contro il rischio di terremoti e inondazioni, e le misure urgenti per abbassere la temperatura sono incomplete.

I gestori delle 5 centrali hanno tempo fino a fine agosto per presentare un piano d’intervento volto a porre rimedio alle lacune.

Inoltre sono previsti altri test riguardanti inondazioni di grande portata e terremoti di magnitudo sette in concomitanza con un alluvione.

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