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Le autorità ginevrine reagiscono alle violenze della polizia

Il consigliere di Stato ginevrino Laurent Moutinot e il capo della polizia Monica Bonfanti Keystone

Due settimane dopo la pubblicazione di un rapporto d'esperti che denunciava le violenze della polizia su dei detenuti, il ministro ginevrino competente ne relativizza l'ampiezza.

Laurent Moutinot annuncia comunque che il governo ha varato una serie di misure per cercare di porre fine a questo problema.

Presentandosi giovedì davanti alla stampa, il magistrato socialista ha voluto subito minimizzare le accuse contenute nel rapporto d’esperti sulla prigione ginevrina di Champ-Dollon – il 30% dei detenuti si era lamentato per maltrattamenti fisici – sottolineando la principale debolezza del documento. Le allegazioni dei prigionieri non sono state verificate e i poliziotti accusati non sono stati ascoltati.

Una delle accuse più gravi – il supplizio dell’affogamento subito da un minorenne – sarebbe solo un’affabulazione, secondo Laurent Moutinot, il quale precisa che nessuna inchiesta sarà aperta su questo caso preciso. Il ministro suggerisce inoltre che alcune delle accuse potrebbero essere state frutto di un’azione concertata di bande criminali dei Balcani attive a Ginevra.

Dopo aver ricordato che i poliziotti sono sempre più spesso confrontati ad arresti difficili di individui pericolosi, Moutinot ha comunque ammesso che vi sono stati dei casi in cui l’uso della violenza era illegittimo.

Riforme in corso

Cosciente di non poter dar prova di immobilismo, Laurent Moutinot e la responsabile della poliza Monica Bonfanti hanno presentato un piano d’azione per riformare la polizia.

Le forze dell’ordine ginevrine miglioreranno la formazione degli aspiranti gendarmi e dei poliziotti già in servizio. La gendarmeria e la polizia di sicurezza internazionale saranno riunite in un unico corpo.

Una nuova ripartizione delle competenze tra agenti di sicurezza municipali e poliziotti dovrà inoltre permettere alla polizia cantonale di concentrarsi sulla sua missione di base. A tal proposito, potrà contare su una rete più fitta di telecamere di sorveglianza. Delle videocamere saranno installare pure nei commissariati.

Entro la fine dell’anno, saranno pure riformate le procedure disciplinari. L’obiettivo è di coniugare semplicità, rapidità e trasparenza, rispettando i diritti dei poliziotti chiamati in causa.

Ciò dovrebbe permettere di far fronte alla maggior parte dei casi di violenza da parte della polizia, sostiene Laurent Moutinot. Per i casi più difficili, il magistrato socialista sta valutando l’idea di creare un’Ispezione generale dei servizi a livello dei cantoni francofoni. Un progetto di “polizia delle polizia” sarà sottoposto prossimamente ai suoi colleghi della Svizzera romanda.

Fine della logica corporativista

L’insieme di queste misure dovrebbe porre fine alle disfunzioni che hanno colpito la polizia ginevrina negli ultimi mesi, comprese le lotte tra clan.

“Vi sono una decina di persone che litigano e 1’600 che lavorano – ha dichiarato Moutinot. Queste lotte tra clan sono possibili se le procedure sono poco chiare. Le riforme renderanno il funzionamento della polizia fluido e trasparente”.

Infine, Laurent Moutinot e Monica Bonfanti sperano che questa serie di misure permetteranno un cambiamento nella cultura d’impresa e di rompere la logica corporativista di una polizia dotata di sindacati estremamente potenti. Una situazione del tutto inedita in Svizzera.

swissinfo, Frédéric Burnand, Ginevra
(traduzione di Daniele Mariani)

Il rapporto d’esperti sulla sovrappopolata prigione di Champ Dollon, effettuato su incarico dell’ufficio del parlamento ginevrino, è stato reso pubblico il 18 aprile scorso.

Trentotto dei 125 detenuti interrogati in maniera confidenziale hanno fatto stato di maltrattamenti da parte dei poliziotti, spesso accompagnati da insulti a carattere razzista, prima dell’arrivo in prigione.

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