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Le stazioni sciistiche sulla via di Kyoto

Le Alpi, qui Arosa, sono particolarmente sensibili ai cambiamenti climatici Keystone

Per tentare di evitare le dolorose ripercussioni economiche del surriscaldamento globale, alcune località invernali hanno deciso di adottare il proprio «Protocollo di Kyoto».

Compensare le emissioni di CO2 investendo nello sviluppo durevole, promuovere le energie rinnovabili e ridurre il consumo di combustibili fossili. Delle belle iniziative che secondo gli ecologisti non impediranno tuttavia il disastro.

Negli Stati Uniti ci hanno già pensato da tempo. Mancando la firma del presidente George W. Bush sul Protocollo di Kyoto – che impegna le nazioni a ridurre le emissioni di CO2 – alcuni Stati e municipalità a stelle e strisce hanno deciso di agire autonomamente, promuovendo progetti a favore dell’ambiente.

Con un «giustificato» ritardo (Berna ha già ratificato il protocollo nel 2003), questa volontà ecologica regionale si sta diffondendo anche in Svizzera. È in particolare in quota, sulle Alpi, che si assiste a questa presa di coscienza. Poco sorprendente: sarebbero in effetti le stazioni sciistiche ad essere maggiormente minacciate dal surriscaldamento climatico.

A mostrare la via ci ha pensato Arosa, a 1700 metri d’altitudine: da questo inverno, la località grigionese si impegna a compensare le emissioni di gas ad effetto serra prodotte dai suoi turisti, finanziando programmi ecologici all’estero.

Compensare le emissioni

«Il cliente ci indica con quale mezzo di trasporto giunge ad Arosa, quale attività svolge sul posto e in che tipo di infrastruttura alberghiera alloggia», spiega a swissinfo Hans-Kaspar Schwarzenbach, direttore dell’ufficio del turismo locale.

Sulla base di queste informazioni, viene poi calcolato il consumo totale di CO2 durante la vacanza. «La compensazione si fa attraverso il mercato internazionale del CO2: per ogni tonnellata di gas prodotto dal turismo versiamo 7,50 euro (dodici franchi)», afferma Schwarzenbach.

I soldi messi a disposizione da Arosa – che per la stagione in corso dispone di un budget di 40’000 franchi – sono in seguito investiti in un progetto di sviluppo durevole certificato. «Abbiamo deciso di sostenere delle centrali a biogas in Baviera», indica Schwarzenbach.

La scelta di Arosa – 900’000 pernottamenti l’anno – è certo lodevole. Ma invece di compensare, non sarebbe più sensato ridurre le proprie emissioni nocive? «Siamo già rispettosi dell’ambiente: la prossimità tra hotel e piste di sci rende superflua l’automobile, il 50% dei turisti ci raggiunge in treno e i bus locali sono gratuiti», ci risponde il responsabile dell’Ufficio del turismo.

Troppo CO2 in montagna

Sulla strada di Kyoto si è messa anche Davos, una delle maggiori località sciistiche dell’arco alpino. Di fronte alle constatazioni emerse da uno studio dell’Istituto federale per lo studio della neve e delle valanghe – secondo cui le emissioni locali di CO2 sono mediamente del 25% superiori a quelle in pianura – la stazione engadinese ha deciso di dare un taglio al suo consumo. Entro il 2014, si è prefissata di diminuire le emissioni del 15%.

Davos è sorprendentemente dipendente dai combustibili fossili, sottolinea lo studio. Gli esperti raccomandano quindi di promuovere le energie rinnovabili ed il ciclo locale del legno, di migliorare l’efficienza energetica (isolamento nelle abitazioni) e di sensibilizzare la popolazione.

A qualche decina di chilometri da Davos, pure St. Moritz è consapevole dell’incombente disastro ecologico (ed economico). Ha così richiesto ai proprietari di ricorrere maggiormente a fonti rinnovabili o di abbassare il consumo isolando meglio le case.

Inverno finito? Puntiamo sull’estate

I comuni della stazione di Crans-Montana, in Vallese, hanno invece optato per un sistema a bonus per incoraggiare i costruttori edili a rispettare i principi dello sviluppo durevole. I proprietari che si impegneranno oltre le obbligazioni minime legali otterranno delle agevolazioni per la costruzione del loro edificio.

Diverso, al contrario, l’approccio auspicato nell’Oberland bernese. Stando alle conclusioni dei climatologi, la regione sarebbe particolarmente toccata dai cambiamenti climatici. Forse rassegnate di fronte all’inevitabile, le stazioni invernali locali puntano più sull’economia che sull’ecologia. Fra qualche anno mancherà la neve? Non fa nulla: si investirà maggiormente nelle attività estive. E per accontentare comunque gli sciatori, gli operatori turistici mirano a conquistare nuovi territori sciabili in altitudine.

Il discorso su riscaldamento e turismo invernale è invece differente in Ticino, dove le stazioni sciistiche sono poche e di piccole dimensioni. «Siamo l’unica destinazione a vocazione esclusivamente estiva e anche in inverno puntiamo su un clima mite», ci dice Michela Fiscalini di Ticino Turismo.

Tardi per cambiare rotta

Di fronte alle iniziative dei singoli comuni, Greenpeace Svizzera reagisce favorevolmente. «È positivo che le stazioni tentino di ridurre le proprie emissioni. D’altronde, è ciò che chiediamo alle collettività e alle imprese», afferma il portavoce Clément Tolusso.

La buona volontà è tuttavia tardiva. «Il turismo invernale che conoscevamo dagli anni ’70 è destinato a finire. La dinamica in atto è già troppo avanzata per ritornare indietro», conclude Tolusso.

swissinfo, Luigi Jorio

L’Organizzazione di cooperazione e di sviluppo economico (OCSE) stima tra i 60 e gli 80 milioni il numero di turisti annuali sull’intero arco alpino.

Secondo il suo rapporto di dicembre 2006, le regioni sciistiche sono gravemente minacciate dal riscaldamento globale: un aumento di 2 gradi (previsto entro il 2050) potrebbe costringere la chiusura di un terzo delle stazioni medio-grandi.

La Germania è il paese più vulnerabile, seguita da Austria, Francia, Italia e Svizzera.

Nella Confederazione, gli impianti più a rischio sono quelli dell’Oberland bernese, delle Alpi vodesi e friborghesi, della Svizzera centrale e del Ticino.

Il Protocollo di Kyoto è un trattato internazionale sull’ambiente sottoscritto in Giappone nel 1997.

Il documento, in vigore dal febbraio 2005, impegna i paesi industrializzati firmatari a ridurre, entro il 2012, le emissioni di elementi inquinanti (tra cui il CO2) del 5,2% rispetto al 1990.

Il protocollo prevede lo scambio (acquisto e vendita) di quote di emissione di gas nocivi sul cosiddetto mercato del CO2.

Per il periodo 2008-2012, la Svizzera si è impegnata a ridurre le emissioni di gas ad effetto serra dell’8% rispetto al 1990.

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