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Le vie dei canti per uscire dal silenzio

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Sono donne. Provengono dai quattro angoli della Terra, come Kosovo, Turchia, Angola, Algeria, Georgia, Iran o Somalia. Sono migranti e vivono in Ticino, dove sono presenti 153 nazionalità.

Una trentina di loro ha interpretato canti e musiche di quelle terre lontane, ora raccolti e custoditi nel CD “Voci dal silenzio”, presentato recentemente a Lugano.

Musiche, ninne-nanne, canti di libertà e di amore che raccontano storie, esperienze di vita, lamenti e fatiche delle casalinghe, sogni e paure; canti che danno voce a culture diverse.

Frutto di un progetto curato dal Soccorso operaio svizzero sezione Ticino, il disco è il punto di approdo di un percorso impegnativo, ma anche molto creativo, durato tutto il 2006.

La condizione delle migranti

“Abbiamo scelto di rivolgerci alla donne migranti – spiega Cristina della Santa, responsabile del progetto – perché hanno più difficoltà di inserimento in ambito lavorativo e, di conseguenza, hanno minore possibilità di esprimersi e di socializzare. Queste donne, spesso, vivono fra noi in silenzio. Condizione che ha dato origine al titolo del disco “Voci dal silenzio”.

La situazione delle donne è in effetti più complessa rispetto a quella degli uomini. “Non si tratta comunque di difficoltà legate al paese di origine – spiega a swissinfo Pelin Kandemir, esperta di integrazione – quanto piuttosto alla provenienza: le donne delle zone rurali hanno oggettivamente problemi maggiori rispetto alle donne che provengono dalla città, poiché su di loro le tradizioni e i legami familiari pesano in modo diverso”.

Secondo Kandemir, di origine turca, le donne sono molto più forti di quanto si pensi. “Certo, sono preoccupate per l’integrazione dei propri figli, vorrebbero che le figlie avessero maggiore visibilità e maggiori diritti di quanto ne abbiano avuti loro. La loro forza, in base alla mia esperienza, è la determinazione, la capacità di aiutarsi tra di loro, di esprimere i loro timori, di condividere molte speranze e di crearsi spazi di libertà”.

Un linguaggio universale

E, in fondo, il percorso che ha portato alla nascita del CD, ha permesso alle donne che hanno preso parte al progetto di crearsi, appunto, questi spazi di libertà. “La realizzazione del CD – spiega Cristina Della Santa – ci ha permesso non solo di raccogliere e rivalutare un importante patrimonio culturale e sociale, ma anche di condividere intensi momenti di storia personale di ogni donna legati alla ritualità del canto”.

Il canto popolare ha sempre avuto, del resto, un grandissimo valore di testimonianza. “In questo disco – spiega l’esperto di musica popolare Pietro Bianchi – ci sono molti canti di lavoro, che nella musica popolare assumono grande rilievo. Attraverso il lavoro la donna si emancipa, trova una ruolo sociale, si afferma. E il canto diventa espressione di libertà”.

In Ticino i primi canti popolari erano quelli delle sigaraie e delle filandare. “Erano canti inventati sul momento, in cui le donne esprimevano le fatiche del lavoro, in cui raccontavano come si comportava il loro capo. Ma chi dice lavoro – continua Pietro Bianchi – dice anche rivolta politica, pensiamo alle mondine. Spesso i canti popolari, che creano un sentimento di unione, servivano proprio a denunciare soprusi e a rivendicare diritti”.

Dal profondo di ogni donna

Ascoltando il CD spicca la bravura delle donne, la spontaneità, la freschezza che lascia trasparire senza filtri le emozioni, sicure o esitanti, dirette o sussurrate. Una freschezza che fa vibrare i sentimenti di chi è capace ad ascoltare con il cuore.

“Queste donne – commenta ancora Bianchi – non si sono alienate, non hanno cercato di assumere un atteggiamento professionale: sono state loro stesse. E non è tutti giorni che si riesce a penetrare nell’intimo di una persona. Perché il repertorio dei canti si porta nel cuore. E si canta a chi si vuole. Non al primo che passa, ma a chi si ama”.

Questo disco mostra, semmai ce ne fosse bisogno, che la musica e il canto sono linguaggi strettamente legati alla cultura dei popoli e nel contempo sono universali, poiché fanno emergere sensazioni profonde che ci accomunano tutti.

Ogni giorno che passa

A volte si ha però l’impressione che, nel campo dell’integrazione, i valori universali facciano fatica a fare breccia. “Per migliorare l’integrazione – suggerisce Pelin Kandemir – occorre fortemente promuovere la quotidianità delle forme di partecipazione, dove le persone possano essere valorizzate per quello che sono e per la ricchezza che portano”.

“Ma non deve essere un progetto tra i tanti. Deve essere un impegno quotidiano, sul luogo di lavoro, a scuola, nella società. Fare leva sulle paure, come è stato fatto ad arte in occasione delle votazioni dello scorso 24 settembre, è una strategia perdente. In fondo la Svizzera ha dimostrato di essere capace di accogliere e valorizzare gli stranieri”.

“La strada – conclude Kandemir – può essere solo quella del dialogo, della conoscenza reciproca. Altrimenti si rischia che ognuno si chiuda nel suo guscio, perdendo così il meglio di quanto può dare il ticinese e il meglio di quanto può dare il migrante”.

swissinfo, Françoise Gehring, Lugano

Il progetto di Soccorso operaio svizzero Ticino, come altri che l’anno preceduto, è stato realizzato nell’ambito dei piani occupazionali per richiedenti l’asilo ed è stato finanziato dall’Ufficio federale della migrazione (UFM).

Il disco – che contiene 28 brani e che costa 20 franchi – è stato realizzato anche grazie alla presenza di mediatori culturali, che hanno aiutato le donne nella traduzione dei testi delle loro canzoni.

Alla fine del 2000 gli stranieri erano 78 mila 789. Prevalentemente di sesso maschile, prevalentemente italiani e originari della ex Jugoslavia. Sono 153 le nazionalità presenti sul territorio cantonale, e la maggior parte delle persone abita nel Luganese.

Secondo i dati dell’ultimo censimento,dunque, la popolazione legale permanente di origine straniera rappresenta il 25,7% della popolazione totale. Una percentuale ben superiore alla media nazionale (20,5%) e inferiore solo a quella di Ginevra (38,1%), Basilea Città (27,9%) e Vaud (27,6%)..

La maggior parte degli stranieri, ossia il 73%, proviene dall’area dell’Unione europea e dell’Associazione europea di libero scambio. Il 13,7% del totale delle persone di origine straniera del Cantone risiede a Lugano, comune con il più alto numero di residenti stranieri.

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