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Legami d’interesse: i parlamentari svizzeri non vogliono troppa trasparenza

Une vue du Conseil national pendant la session parlementaire d automne.
Immagine del Consiglio nazionale durante la sessione autunnale 2020. Keystone / Alessandro Della Valle

È una particolarità della politica svizzera: quasi l’80% dei membri del Parlamento hanno almeno una funzione extraparlamentare retribuita. Da dicembre i rappresentanti eletti sono obbligati a dichiarare per quali mandati ricevono denaro, ma la trasparenza sugli importi incontra tuttora una forte resistenza. Inchiesta di swissinfo.ch.

La proposta è stata respinta con 113 voti contro 67Collegamento esterno. Nel primo giorno della sessione autunnale una netta maggioranza della Camera del popolo (Consiglio nazionale) ha deciso di non dare seguito all’iniziativa parlamentare del deputato socialista Mathias Reynard, intitolata “Dichiarare in modo trasparente le relazioni d’interesse dei parlamentariCollegamento esterno“.

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Il testo, sostenuto dal Partito Socialista (PS) e dai Verdi, chiedeva l’introduzione dell’obbligo per i rappresentanti eletti di dichiarare tutte le somme ricevute in relazione ai loro legami di interesse. Questo, per “proteggere la democrazia dalle lobby” e per evitare di esporre i parlamentari a “sospetti generalizzati”.

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I legami d’interesse si riferiscono alle funzioni che i parlamentari svizzeri possono svolgere parallelamente al loro mandato politico, sia che si tratti di imprese private, gruppi economici, organizzazioni non governative, sindacati o istituzioni pubbliche.

Questi mandati, remunerati o meno, non si limitano all’attività professionale principale e vanno dalla presidenza del consiglio di amministrazione di una grande azienda alla partecipazione volontaria ad un’associazione locale.

I legami d’interesse sono legali e spesso presentati come indispensabili nel sistema svizzero di milizia, ossia il fatto che in Svizzera, a differenza di altri Paesi, i parlamentari non sono politici di professione e dovrebbero mantenere un’attività remunerativa.

Tuttavia, i mandati devono essere dichiarati dai rappresentanti eletti al momento dell’entrata in carica e all’inizio di ogni anno. Essi appaiono sul sito web del Parlamento e nel Registro degli interessiCollegamento esterno. L’obiettivo è quello di garantire una certa trasparenza in relazione ai potenziali conflitti di interesse.

Quasi la metà dei mandati sono rimunerati

I 246 parlamentari svizzeri (200 “deputati” nel Consiglio nazionale e 46 “senatori” nel Consiglio degli Stati) annoverano un totale di 1688 relazioni d’interesse, una media di quasi 7 per ogni rappresentante eletto, secondo un conteggio effettuato da swissinfo.ch delle dichiarazioni che figurano sul sito web del Parlamento (stato: 8 settembre).

Poco più di 900 di questi legami d’interesse sono presentati come volontari e 780 (46%) come retribuiti. Quaranta consiglieri agli Stati (87%) e 155 consiglieri nazionali (77,5%) hanno almeno un mandato retribuito.* In media, ad averne di più sono i membri del Partito liberale radicale (PLR, destra) e del Partito popolare democratico (PPD, centro destra).

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La rimunerazione è un conflitto di interessi?

L’obbligo di specificare se i mandati sono esercitati gratuitamente o dietro compenso è stato introdotto solo all’inizio di questa legislatura, nel dicembre scorso. La NZZ ha poi fatto un conteggio simile, ottenendo cifre leggermente inferiori – il che non sorprende, dato che ai parlamentari vengono spesso offerti nuovi mandati una volta installati sotto la cupola.

Invitando le Camere ha respingere l’iniziativa di Mathias Reynard, la maggioranza della Commissione delle istituzioni politiche del Consiglio nazionale (CIP) ha sostenuto che i suoi obiettivi erano già in parte raggiunti con il nuovo regolamento. Ma questo non è sufficiente per l’organizzazione Transparency International (TI) Svizzera, secondo la quale anche gli importi percepiti dai parlamentari devono essere resi noti al pubblico.

“I parlamentari sono diventati i principali lobbisti a causa dei numerosi mandati che esercitano e difendono le organizzazioni dalle quali ricevono degli incarichi. Ciò implica un rischio di conflitto di interessi e ancora di più quando ci sono in gioco dei soldi”, sottolinea il direttore di TI Svizzera Martin Hitli. Per l’organizzazione, “più si è pagati e più si è dipendenti”.

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Il consigliere nazionale del PLR Frédéric Borloz ritiene invece che “sapere cosa guadagnano i rappresentanti eletti non informa realmente sul rischio di conflitto d’interessi”.

A suo avviso, persone che, come lui, hanno molti mandati in consigli di amministrazione, ma “nessun legame preponderante”, non devono essere confuse con coloro che, per esempio, hanno un solo mandato nell’industria farmaceutica. In tal caso, afferma Borloz, non è necessario divulgare l’importo del compenso per sapere che sarà alto.

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“Incompatibile con un parlamento di milizia”

“Bisogna smettere di pensare che siamo comprati”, dice la consigliera nazionale Isabelle Chevalley del Partito dei Verdi liberali (centro). Sebbene abbia accettato di rivelare l’importo complessivo dei suoi mandati, la deputata si è opposta alla proposta di statuire la dichiarazione dei redditi come regola.

Da un lato, per rispettare il segreto commerciale e dall’altro, perché, come la maggioranza dei parlamentari, ritiene che ciò sarebbe incompatibile con un parlamento di milizia. “Si pretende tutto dai politici, ma con ciò che guadagniamo come parlamentari dobbiamo avere un altro lavoro retribuito, e trovo malsano andare a vedere ogni centesimo percepito”.

Il redditoCollegamento esterno dei rappresentanti eletti consiste, da un lato, in un’indennità annuale di 26’000 franchi per la preparazione dei lavori parlamentari e, dall’altro, in un’indennità di 440 franchi per ogni giorno di presenza alle sedute. Ricevono un’indennità supplementare di 440 franchi per ogni riunione delle commissioni. I relatori delle commissioni ricevono una mezza indennità di 220 franchi per ogni rapporto.

I deputati percepiscono un importo annuo supplementare di  33’000 franchi come contributo alle spese per il personale e il materiale necessari per l’esercizio del loro mandato parlamentare. Inoltre, vengono risarciti per i pernottamenti, i pasti, i viaggi di lunga distanza tra il loro domicilio e Berna e i viaggi in relazione al loro mandato parlamentare.

Martin Hitli di Transparency International Svizzera considera “falso” affermare che i legami di interesse sono una conseguenza del sistema di milizia. “Si mescolano due cose molto diverse: il mito del parlamentare che fa politica accanto al suo lavoro (…) e i mandati che vengono accettati dopo l’elezione in parlamento. In questo caso, le organizzazioni sollecitano i parlamentari proprio perché sono in parlamento, ‘comprano’ i rappresentanti eletti affinché diventino loro lobbisti”.

“La stragrande maggioranza dei parlamentari si comporta molto bene; in generale, si impegnano in attività extraparlamentari che sono vicine ai loro valori”, dice Chevalley. Da parte sua, Frédéric Borloz sostiene la trasparenza per le entrate pagate con denaro pubblico, ma considererebbe “disuguaglianza di trattamento” dover rendere pubblici i guadagni delle sue attività professionali.

Più della metà dei neoeletti dichiara il proprio reddito

Il direttore di TI Svizzera prevede che la situazione di stallo legislativo non cambierà a breve. Tuttavia, la questione della trasparenza sembra fare presa su un numero crescente di rappresentanti eletti. L’organizzazione Lobbywatch pubblica ogni anno l’elenco di coloro che divulgano gli introiti derivanti dai loro mandati extraparlamentari (esclusa la loro principale attività professionale).

Secondo l’ultima “lista di trasparenzaCollegamento esterno“, pubblicata in giugno, oltre il 58% dei nuovi eletti, entrati in Parlamento nell’ottobre del 2019, hanno accettato di dichiarare i redditi dei loro mandati. Mentre quasi tre quarti dei parlamentari interrogati si erano rifiutati di farlo per l’edizione precedenteCollegamento esterno, pubblicata nel settembre dell’anno scorso. Rimane sempre molto marcato il divario tra destra e sinistra.

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Intanto giovedì 17 settembre il Consiglio Nazionale ha respinto il controprogetto indiretto all’iniziativa popolare sulla trasparenza, elaborato dal Consiglio degli Stati, su cui dovranno esprimersi i cittadini alle urne (il servizio del TG): 

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Aggiunto il 17 settembre: va notato che anche  parlamentari che presiedono il consiglio di amministrazione della propria azienda e che hanno dovuto dichiarare questa funzione come relazione d’interesse, si ritrovano in questa categoria. È il caso per esempio del parlamentare senza affiliazione di partito Thomas Minder.

Traduzione di Armando Mombelli

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