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Lenta ripresa dei rapporti economici con la Libia

La raffineria di Tamoil a Collombey, nel canton Vallese Keystone

Max Göldi è libero, ma la normalizzazione delle relazioni economiche tra Svizzera e Libia potrebbe richiedere ancora parecchi mesi. Nel 2009, il flusso commerciale tra i due paesi si è drasticamente ridotto.

L’anno scorso le esportazioni svizzere verso la Libia sono diminuite del 45%. Ancor più accentuata la contrazione delle importazioni nella Confederazione, scese di oltre il 75%. Inoltre, le forniture di petrolio sono crollate e dalle banche elvetiche è stata ritirata gran parte dei depositi libici.

Sono le conseguenze economiche della crisi diplomatica tra Berna e Tripoli innescata nel luglio 2008 dall’arresto a Ginevra di Hannibal Gheddafi, figlio del leader libico Muammar.

Nel marzo di quest’anno, la Libia ha annunciato un «embargo commerciale totale» nei confronti della Svizzera, in particolare per i prodotti industriali e farmaceutici. Va detto tuttavia che gli scambi commerciali tra Svizzera e Libia rappresentavano già prima della crisi una frazione molto ridotta del volume totale delle esportazioni dei due paesi.

Max Göldi, collaboratore del gruppo tecnologico elvetico-svedese ABB, è tornato in Svizzera il 14 giugno scorso. Vittima suo malgrado della crisi con la Libia, l’elvetico è stato trattenuto nel paese nordafricano per quasi due anni.

Secondo gli esperti, il suo rilascio, favorito anche dalle pressioni di alcuni Stati europei, costituisce però soltanto un passo nel lungo cammino verso la riconciliazione.

Elias Attia, consulente economico a Ginevra ed ex segretario della camera di commercio arabo-svizzera, ritiene che per migliorare le relazioni commerciali saranno ancora necessarie diverse azioni diplomatiche.

Poche conseguenze per ABB

Tra i passi più importanti vi è la creazione di un tribunale arbitrale, chiamato a esaminare le modalità dell’arresto di Hannibal Gheddafi e la pubblicazione delle sue foto segnaletiche su un quotidiano ginevrino. L’istituzione di tale tribunale è in principio sostenuta da entrambe le parti, sebbene alcuni dettagli debbano ancora essere definiti.

«Ci vorrà molto tempo per ristabilire le relazioni economiche, siccome in primo luogo ci sono parecchi problemi da risolvere», afferma Elias Attia a swsisinfo.ch. «Ci vorranno diversi mesi, forse un anno».

La Libia offre contratti lucrativi alle aziende attive nel campo petrolifero. Il mercato libico è tuttavia poco redditizio per le aziende svizzere. Persino durante gli anni precedenti la crisi, la Svizzera indirizzava verso la Libia soltanto lo 0,14% dei suoi beni.

Paradossalmente, ABB, ovvero l’azienda maggiormente coinvolta nella vertenza, comunica che i dissapori con Tripoli non hanno inciso eccessivamente sugli affari, nonostante un suo collaboratore sia finito in prigione.

La maggior parte dei progetti, incluso l’ampliamento della rete elettrica libica, proseguono normalmente attraverso gli uffici di ABB in altri paesi, fa sapere il portavoce del gruppo, Wolfram Eberhardt.

«L’unico cambiamento è che non abbiamo inviato impiegati di ABB dalla Svizzera», afferma Eberhardt a swissinfo.ch. Bisognerà attendere alcune settimane, aggiunge, per stabilire in che modo si svilupperanno gli affari in futuro. Sul mercato libico, ABB genera lo 0,1% dei suoi profitti.

Via i soldi dalle banche

Il gigante dell’alimentazione Nestlé è stato costretto a spostare la sua sede regionale dalla Libia all’Egitto. Non ci sono comunque state ripercussioni sulla vendita dei prodotti, ha comunicato Nestlé. Anche per il fabbricante di orologi Swatch, la crisi con la Libia non ha compromesso gli affari.

Il congelamento delle relazioni commerciali si è invece fatto sentire maggiormente per l’industria farmaceutica. Al giornale romando Le Temps, Roche ha affermato che le relazioni economiche «non sono normali», senza però fornire ulteriori informazioni sulle conseguenze sugli affari.

Tra i perdenti certi vi è la compagnia aerea Swiss, che l’anno scorso è stata costretta a sospendere i collegamenti con Tripoli.

Per le banche elvetiche, la crisi si è manifestata nel 2008 con il ritiro di depositi libici per un valore di circa 5 miliardi di franchi (i dati per il 2009 non sono ancora disponibili).

Riconquistare la fiducia

L’analisi delle ripercussioni della vertenza con la Libia è più semplice per ciò che concerne il flusso commerciale verso la Svizzera (soprattutto petrolio). La minaccia libica di sospendere completamente la fornitura di greggio non si è materializzata. C’è tuttavia stato un forte calo: dai 3,8 milioni di tonnellate del 2008 agli 1,4 milioni dell’anno scorso.

Ciononostante, la diminuzione non ha avuto ripercussioni sul settore automobilistico, indica Rolf Hartl, responsabile amministrativo dell’Unione petrolifera svizzera.

«La Svizzera è una consumatrice di petrolio talmente piccola che la sospensione [delle forniture di petrolio libico] può essere compensata in altri paesi».

Nemmeno l’industria petrolifera libica dovrebbe aver sofferto per la crisi diplomatica, aggiunge Hartl, ricordando la limitatezza del mercato svizzero.

Il gruppo libico Tamoil è presente in Svizzera con diverse stazioni di servizio e una raffineria a Collombey, nel canton Vallese. Al momento non sono noti gli effetti su tali attività.

Per la federazione delle imprese svizzere, economiesuisse, a dover pagare maggiormente per la contrazione degli scambi commerciali è la Libia. «La normalizzazione delle relazioni economiche necessita di tempo, ma non costituisce una priorità», si legge in un comunicato di economiesuisse. «Le aziende devono dapprima riconquistare la fiducia».

Matthew Allen, swissinfo.ch
(traduzione e adattamento dall’inglese di Luigi Jorio)

15-17 luglio 2008: arresto a Ginevra di Hannibal e Aline Gheddafi.

19/7/08: arresto di Rachid Hamdani e Max Göldi in Libia. Altre misure di ritorsione colpiscono aziende elvetiche attive in Libia.

26/7/08: la Libia esige scuse ufficiali. La Confederazione respinge le richieste.

20/8/09: a Tripoli, il presidente della Confederazione Merz si scusa per l’arresto di Hannibal Gheddafi; firma un accordo per l’istituzione di un tribunale arbitrale e annuncia che Göldi e Hamdani torneranno in patria in tempi brevi.

4/11/09: il governo elvetico sospende l’accordo con la Libia e inasprisce la politica restrittiva sui visti.

30/11/09: condanna di Göldi e Hamdani a 16 mesi di carcere per violazione delle norme sui visti. Hamdani sarà assolto in appello il 7 febbraio 2010; l’11, la pena di Göldi sarà ridotta a quattro mesi.

14/2/10: la stampa di Tripoli rivela l’esistenza di una lista nera svizzera, in base alla quale 188 personalità libiche non possono ottenere un visto Schengen.

18/2/10: la Spagna, presidente di turno dell’UE, invita a Madrid Micheline Calmy-Rey e il suo omologo libico Mussa Kussa.

22/2/10: Max Göldi – fino a quel momento rifugiato nell’ambasciata elvetica di Tripoli – si consegna alle autorità libiche; Rachid Hamdani può lasciare il paese.

3/3/10: Gheddafi annuncia un embargo commerciale totale nei confronti della Svizzera.

27/3/10: la Libia revoca il blocco dei visti per i cittadini dello spazio di Schengen in seguito all’annuncio del presidente dell’UE che la lista nera svizzera è stata soppressa.

13/4/10: un tribunale di Ginevra sancisce che la pubblicazione delle foto segnaletiche di Hannibal Gheddafi viola la sua sfera privata; respinge però la richiesta d’indennizzo di 100’000 franchi.

10/6/10: Göldi esce di prigione al termine della sua pena detentiva.

14/6/10: Göldi rientra in Svizzera dopo la conclusione di un accordo tra Svizzera e Libia, siglato in presenza del ministro degli esteri spagnolo.

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