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Lo sguardo un po’ distante del Ticino

Ticino zona di frontiera. Da Chiasso l'appello di Calmy-Rey a votare si agli accordi di Schengen/Dublino swissinfo.ch

Sugli accordi di Schengen e Dublino, in votazione il prossimo 5 giugno, regna un clima di relativa incertezza in Ticino.

Soprattutto non c’è, attualmente, un vero e proprio dibattito. Note, invece, le chiusure della destra nazionalista.

Nella sua recente visita in Ticino, la consigliera federale Micheline Calmy-Rey ha perorato la causa degli accordi. “La Svizzera non deve isolarsi – ha più volte ripetuto – non deve auto escludersi dal grande mercato dell’Unione europea”.

Ma in un cantone di frontiera come il Ticino, a ridosso del colosso economico lombardo, l’appello ad approvare gli accordi rischia di non essere totalmente ascoltato. A giudicare dall’ultimo sondaggio SRG SSR ideé suisse, le perplessità infatti crescono: calano i favorevoli e aumentano gli indecisi.

Tra chiusura, paure e bisogno di apertura

Nelle votazioni federali il Ticino ha, quasi sempre, chiuso le porte all’Europa. E la riuscita del referendum contro gli accordi di Schengen/Dublino porta anche la firma della Lega di Ticinesi. La paura della criminalità transfrontaliera è uno degli argomenti ricorrenti contro gli accordi.

La fobia anti-europea, da parte della destra nazionalista, fa il resto. Eppure anche a sinistra le critiche, seppur di segno opposto, non mancano: la costruzione di una “fortezza europea” chiusa a migranti e ai richiedenti l’asilo piace poco.

“Schengen non è solo sicurezza” ha ripetuto più volte Calmy-Rey nel corso della sua visita, che l’ha condotta fino a Chiasso e anche al Centro comune italo-svizzero di cooperazione doganale e di polizia.

“Schengen – ha aggiunto la ministra – è il mezzo del XXI secolo per lottare proprio contro la criminalità transfrontaliera. Un no agli accordi sarebbe come mettere la prima pietra nella costruzione di una ‘fortezza Svizzera’, sempre più isolata”.

Altre preoccupazioni a sinistra

“Nella sinistra ticinese – spiega a swissinfo Gianfranco Helbling, direttore del settimanale di critica sociale “area” – la votazione su Schengen/Dublino non solleva grossi interrogativi. Il Partito socialista ad esempio ha raccomandato di votare sì senza troppe discussioni”.

“D’altra parte a sinistra –continua il direttore – è molto più sentito il voto del 25 settembre sull’allargamento ad est della libera circolazione delle persone. Sia perché la sezione ticinese del più grande sindacato svizzero, Unia, si era espressa per il lancio del referendum. Sia perché è molto forte in Ticino la paura per un’ulteriore pressione sui salari e sulle condizioni di lavoro”.

“Per Schengen/Dublino invece anche la sinistra ticinese si riconosce nel bisogno di apertura della Svizzera. Quanto alla paura dell’avvento di uno Stato poliziesco – conclude Helbling – questa non sembra aver varcato il Gottardo, nemmeno a sinistra.

Via libera dalla destra

Lineare la posizione padronale. Schierate compatte sul fronte del sì le maggiori organizzazioni economiche, come l’Associazione industrie ticinesi (AITI) e la Camera di commercio, dell’industria e dell’artigianato del Cantone Ticino (Ccia-TI), che vedono in questi accordi dei sicuri vantaggi.

In un paese, come la Svizzera, situato nel cuore dell’Europa, un traffico transfrontaliero senza disagi è fondamentale per l’intera economia. Una posizione condivisa anche da liberali e popolari democratici.

L’aspetto umanitario

Un sì senza entusiasmi è la posizione dell’Organizzazione svizzera di aiuto ai rifugiati (OSAR), condivisa anche dal giurista del Soccorso Operaio svizzero Mario Amato, da anni in prima linea nella difesa dei diritti dei migranti e dei richiedenti l’asilo.

“Nei confronti di questi accordi, prevalentemente di controllo, posso solo esprimere un sì fortemente critico. L’adesione della Svizzera a questi accordi europei – dichiara a swissinfo Mario Amato – sono un mezzo necessario in un contesto di grandi flussi migratori, a cui il Ticino come zona di frontiera è inevitabilmente esposto”.

“Tuttavia la costruzione di un’Europa che privilegia gli interessi economici alla solidarietà, che fa comunque del controllo alle frontiere e della repressione un catenaccio per limitare la libera circolazione di tutte le persone, mi preoccupa”.

L’ombra lunga della libera circolazione

Nella sua visita a Sud delle Alpi, Micheline Calmy-Rey ha voluto porgere lo sguardo su un orizzonte relativamente più lontano, invitando esplicitamente i ticinesi a votare sì anche all’estensione ad est della libera circolazione delle persone, in votazione il 25 settembre.

L’insidia per il voto del 5 giugno è tutta qui: l’innestarsi dei timori legati a quella votazione nella popolazione e l’ assenza di un vero dibattito su Schengen/Dublino, potrebbe anche essere problematico.

Tuttavia l’idea di sentirsi più sicuri proprio grazie all’introduzione di questi due accordi, sembra ancora sostenere – a un mese dalla votazione – la maggioranza dei ticinesi.

swissinfo, Françoise Gehring, Lugano

A Sud delle Alpi non c’è praticamente dibattito sulla votazione del 5 giugno concernenti gli accordi di Schengen/Dublino
Secondo il sondaggio della SRG SSR idée suisse del 29 aprile i sì nella Svizzera italiana perdono terreno
le posizioni favorevoli raggiungono quota 43% (49% in marzo)
crescono gli indecisi che raggiungono quota 26% (22% in marzo)

Acque chete in Ticino, almeno per ora, sugli accordi di Schengen/Dublino sostenuti dagli ambienti economici, dalla maggioranza dei partiti borghesi e dalla sinistra. Sul fronte opposto la Lega dei Ticinesi e l’UDC.

L’attenzione del Ticino è tutta spostata verso l’appuntamento del 25 settembre, l’estensione ad est della libera circolazione delle persone desta grandi preoccupazioni.

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