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Luci internazionali sul Museo d’Arte Moderna

Nel Museo d'Arte Moderna di Lugano esposizioni d'eccezione e di grande richiamo. Museo d'Arte Moderna

Ha organizzato mostre di strepitoso successo, ha saputo attirare migliaia di visitatori. Il Museo d'Arte Moderna (MdAM) della Città di Lugano è certamente uno dei più importanti del Ticino.

Ed è sicuramente diventato, in questi ultimi anni, il museo ticinese più noto all’estero grazie all’organizzazione di mostre su artisti di fama mondiale di indiscusso richiamo.

Dalle ceneri di Villa Malpensata (sede del museo cittadino), che per anni aveva ospitato mostre molto diverse tra loro per genere e spessore, nel 1992 ha preso dunque il volo, come la Fenice, una nuova stagione per la politica culturale della città di Lugano.

Il volto di questa metamorfosi e di questa rinascita è quello dell’attuale direttore Rudy Chiappini, un uomo pacato – “la force tranquille” direbbero i francesi – con una grande passione e conoscenza del mondo dell’arte.

Le origini della svolta

“Le origini di questa svolta in campo culturale e artistico sono apparentemente negative, perché coincidono con la partenza da Lugano della collezione Thyssen. Questa partenza – spiega a swissinfo il direttore del MdAM – ha indotto la città ad esplorare altre vie e a compiere nuove scelte”. Occorreva insomma colmare il vuoto lasciato con la chiusura di Villa Favorita.

La risposta della città è stata chiara. E dal 1990 si è cominciato a progettare un nuovo concetto espositivo. Un concetto che non appena sbocciato si è dimostrato subito un fiore all’occhiello. Cambiato, naturalmente, anche il nome della sede. “All’anonimo Villa Malpensata abbiamo preferito Museo d’Arte Moderna della città di Lugano”.

Il filone espressionista

Da subito il museo ha voluto parlare al grande pubblico, proponendo dunque non delle esposizioni di nicchia, ma mostre che potessero interessare un ampio numero di visitatori. “Abbiamo cercato – spiega Chiappini – di individuare un filone, diverso da quello della Thyssen, che puntava soprattutto sugli impressionisti”.

“Ci siamo così indirizzati, in senso molto lato, al filone espressionista, ossia quello di artisti che hanno sempre posto l’uomo al centro della loro ricerca. Abbiamo inoltre cercato di estendere il nostro bacino di pubblico”. Operazione riuscita, visto che il MdAM richiama gente da tutta la Svizzera e, in particolare, dal Nord Italia.

La qualità, prima di tutto

“Al di là di tutto, per noi l’importante non è tanto il nome, ma la qualità delle opere che esponiamo. Abbiamo proposto nomi di chiara fama come Munch, Chagall, Modigliani. Ma abbiamo anche saputo proporre – aggiunge il direttore – nomi e volti forse meno noti – come Permeke, Basquiat, Saura – ma con una forza espressiva straordinaria”.

Assodato che la ricerca di artisti di qualità è il criterio principe delle scelte del MdAM, la presentazione di figure meno conosciute resta comunque un’alternativa molto percorsa.

“Se pensiamo ai grandi nomi che abbiamo presentato, occorre comunque ricordare che si trattava di artisti che da anni non vedevamo più in Svizzera”. Un esempio: l’ultima mostra dedicata a Munch, prima di quella di Lugano del 1998, risaliva a 15/18 anni di distanza.

“Qualità e valore delle opere sono dunque criteri di scelta imprescindibili. Cerchiamo inoltre di presentare artisti che non sono stati al centro di mostre negli ultimi 6-7 anni, tanto in Svizzera quanto nel Nord Italia. In questo modo l’attenzione e l’interesse del pubblico saranno maggiori”.

“Nella misura del possibile – sottolinea Rudy Chiappini – cerchiamo di alternare artisti di grande fama con artisti meno noti, di nicchia. Una scelta affinché si capisca che la ricerca dei grandi numeri non è il nostro obiettivo. Noi puntiamo ad una giusta alternanza”.

“Per il Museo d’Arte Moderna l’importante è presentare esposizioni che, al di là del nome, siano rappresentative della produzione dell’ artista. Il nome non deve diventare un alibi, deve essere sostanziato dalla presenza di opere capitali all’interno della produzione di questo o quell’artista”.

In fila indiana per vedere la mostra

Il cambiamento di indirizzo ha subito raccolto un vasto consenso. Soprattutto quello del pubblico, che ha risposto alle nuove proposte al di là di ogni più rosea aspettativa.

“Nessuno si sarebbe mai immaginato – commenta il direttore del museo – che Lugano potesse presentare mostre da 150 mila e oltre visitatori”. Visitatori che, in fila indiana, hanno pazientemente fatto la coda per Edvard Munch, per Egon Schiele e altri ancora.

Questo straordinario successo ha naturalmente avuto un impatto sulla struttura stessa del museo. “Abbiamo chiaramente dovuto adeguare la nostra macchina organizzativa, aumentare le nostre risorse per rispondere in modo professionale”.

Come si gestisce allora un successo così? Rudy Chiappini sorride e non si scompone. “E’ un compito molto difficile perché il successo spesso crea delle invidie, crea delle situazioni poco piacevoli. Io penso che sia importante andare per la propria strada”.

Come? “Proponendo esposizioni che possono piacere al pubblico, ma gradite innanzitutto a chi le propone. Perché questo è il modo migliore per credere in quello che si fa. A lungo andare il tempo saprà rendere merito delle cose positive e rendere attento su quelle negative”.

Un mercato difficile in cui muoversi

Ma il successo costa anche fatica. Muoversi nel complesso ed esigente mercato dell’arte non è affatto scontato. “E’ difficile per tutta una serie di motivi e specialmente per un museo medio-piccolo come quello di Lugano. La difficoltà maggiore – osserva il direttore – è legata al fatto che il museo non ha una collezione così importante da poter fungere come merce di scambio. E questo ci penalizza”.

C’è un altro aspetto da considerare. “Assistiamo ad un numero sempre più crescente di esposizioni e per il pubblico non è sempre facile orientarsi. L’unico modo per conquistarlo – conclude Chiappini – è puntare ulteriormente sulla qualità, affiancando alla mostra iniziative ed eventi collaterali. E avvicinando il più possibile il pubblico e i giovani all’arte, attraverso visite guidate e programmi speciali per le scuole”.

swissinfo, Françoise Gehring, Lugano

Villa Malpensata, oggi sede del Museo d’Arte Moderna della Città di Lugano, è stata costruita nella prima metà del XVIII secolo
Dopo diverse trasformazioni e ampliamenti, nel 1845 diventa proprietà della famiglia Caccia
Nel 1893 viene ceduta dall’erede alla Città di Lugano con il vivo desiderio di vederla trasformata in museo
Nel 1967 si decide di restaurarla e trasformarla in una vera e propria sede espositiva
Dal 1973, data della riapertura, al 1990 Villa Malpensata ha accolto circa un centinaio di mostre
Il 1992 segna l’anno della svolta: Villa Malpensata diventa il Museo d’Arte Moderna della Città di Lugano

Con la partenza della collezione della baronessa von Thyssen da Villa Favorita, la città di Lugano decide di reagire. E nel 1992 nasce il Museo d’Arte Moderna della città d Lugano.

La scelta del Museo e del suo nuovo direttore Rudy Chiappini è orientata alla promozione dell’arte del XX secolo, con particolare attenzione al filone espressionista, da intendere in senso ampio.

Rivolto dunque a quegli artisti dalla spiccata personalità, che hanno fatto dell’uomo, della sua condizione, delle sue inquietudini e ansie, il cardine stesso della loro ricerca creativa.

Il museo ha ospitato nomi di eccezione: Bacon, Munch, Modigliani, Kirchner, Chagall, Basquiat e, ultimi in ordine di tempo, Christo e Jeanne-Claude.

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