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Magiche atmosfere nella notte di Natale

Magie di Natale nelle vie della Svizzera italiana. Qui come altrove swissinfo.ch

Da sempre la notte di Natale è ricordata come un momento magico, colmo di mistero. Una notte in cui gli animali della stalla parlano e l'acqua diventa miracolosa.

Credenze e tradizioni popolari, che nella regione Insubrica confluiscono, sono spesso lo specchio di leggende ed usanze che vengono da molto più lontano.

Contaminazioni culturali, ricorrenze “rubate” o prese in prestito che poi tornano nei luoghi di origine, riti e cerimonie che fanno il giro del mondo svestite o private della loro identità originaria, sottolineature forzate che rispondono piuttosto ad esigenze commerciali.

Esigenze che sembrano voler violare, nella frenesia di accelerare i consumi, il tempo, che si aggrappa come può al ciclo perpetuo del calendario.

Nel grande calderone della globalizzazione tutto finisce per fondersi, omologarsi. Anche le tradizioni. Allora per non dimenticare, per recuperare qualcosa di autentico, facciamo capo alla memoria della storia. Abbiamo così chiesto a Franco Lurà, direttore del Centro di dialettologia e di etnografia (CDE) della Svizzera italiana, di rinfrescarci, appunto, la memoria.

Insubria, crocevia di tradizioni natalizie

Il presepe venuto da Sud, l’albero di Natale portato da Nord: nella Svizzera italiana e nella vicina Italia molte tradizioni si sono incontrate per diventare un comune patrimonio collettivo. In questa mescolanza di usanze e culture, c’è comunque un aspetto che, in qualche modo, rappresenta un punto fisso, una sorta di stella polare nel firmamento delle tradizioni: la notte di Natale è una notte magica.

“La cultura popolare ci tramanda che nella notte di Natale, avvolta in un manto di magia, era importante indossare qualcosa di nuovo per ingraziarsi la buona sorte. Si narra – spiega a swissinfo Franco Lurà – che le bestie parlassero e che l’acqua avesse dei poteri miracolosi”. Credenze e superstizioni attestate tanto nel meridione del canton Ticino, quanto in Lombardia.

Al di qua e al di là della frontiera, i segni della tradizione più evidenti sono legati al presepe e all’albero di Natale. “Il presepe, che parte originariamente da San Francesco, giunge in questa nostra area risalendo da Sud. L’albero, usanza originariamente nordica, penetra invece dal Nord mettendo poi solide radici anche nella nostra realtà”.

Le trasformazioni di Babbo Natale

Un capitolo a parte riguarda Babbo Natale, il cui arrivo imponente sulla scena natalizia dopo il suo soggiorno americano, ha creato confusione con la figura di Gesù Bambino. “Gesù Bambino è la classica figura santa, sacra e dispensatrice di doni della nostra regione. Figura – sottolinea Franco Lurà – che andava ad affiancarsi ad altri grandi portatori di doni, ossia i Re Magi”.

“Da ormai molti anni, a queste tradizionali figure si è affiancata quella di Babbo Natale, la cui storia è perlomeno singolare. Così come lo conosciamo ora, ci viene dall’America”. Perché arriva dall’America e come mai è giunto lì? Per scoprirlo occorre fare qualche passo indietro.

“Nell’area europea – continua Lurà – il protettore dei bambini era, e lo è tuttora, San Nicolao, a cui si attribuirono una serie di miracoli. In questa veste di protettore dell’infanzia, che fisicamente si condensava nella figura di un frate o di un vescovo, nell’Ottocento San Nicolao emigra negli Stati Uniti. E in America diventa Santa Klaus”.

Sennonché nel corso del Novecento, e più precisamente a cavallo tra gli anni Venti e Trenta, la Coca Cola decide di appropriarsi di Santa Klaus: nel 1931 compare per la prima volta in una campagna pubblicitaria natalizia della Coca Cola con le sembianze giunte fino a noi: un vecchio bonaccione dalla barba canuta, vestito di rosso e con gli abiti bordati di bianco.

“In questa figura – osserva Lurà – si cristallizza il portatore di doni per eccellenza. Con la fine della Seconda guerra mondiale, Santa Klaus torna in Europa e trova il ruolo di San Nicolao, che porta i doni il 6 dicembre, già occupato. L’inconografia “americana” viene presto trasferita anche al nostro San Nicolao, per cui i bambini faticano a capire come mai il 6 dicembre arriva un signore con la barba bianca e il manto rosso a portare doni e, qualche settimana dopo, torna lo stesso signore ma con un altro nome”.

Usanze da mangiare

Ma le tradizioni si consumano anche attraverso il palato. “Il tronchetto di Natale che troviamo nei negozi di alimentari come leccornia – ricorda il direttore del CDE – trae ispirazione da un’usanza tipica dell’area lombarda. Un tempo, nella notte di Natale, si usava mettere un grosso ceppo sul fuoco affinché bruciasse completamente. La cenere avrebbe poi avuto poteri taumaturgici e propiziatori, tanto che veniva sparsa nei campi per assicurasi un buon raccolto”.

Delizie dolci da gustare anche con il tradizionale panettone, “che però non ha nulla a che vedere con il pane del fornaio Toni che l’avrebbe creato per compiacere ad una bella giovane che desiderava conquistare”.

Protagonisti del Natale anche busecca e cappone. “Nell’area lombarda – spiega Lurà – il Natale era visto come il momento in cui anche i poveri potevano finalmente mangiare carne, anche se spesso si trattava di carne povera, ossia di interiora di animali”.

Era un pasto tipico che si gustava al ritorno della messa di mezzanotte. Quanto al cappone, che veniva mangiato il giorno di Natale, la sera prima veniva esposto alla finestra perché si pensava che il freddo e la brina conferissero al pasto una magia supplementare.

Ma di questa magia che cosa rimane? “Nell’era del consumismo sfrenato ben poco – commenta Lurà – anche se credo che il Natale rimanga un’occasione per esprimere sentimenti di pace e di fratellanza come valori universali, al di là di tutte le religioni”.

swissinfo, Françoise Gehring, Bellinzona

In Lombardia e nella Svizzera italiana le tradizioni natalizie sono simili – se non addirittura identiche – tanto dal profilo della ritualità, quanto dal profilo culinario. E’ un’area in cui si sono unite diverse usanze, giunte da Nord e da Sud.

Secondo alcune fonti, in Ticino la comparsa del primo albero di Natale risale agli inizi del Novecento, quando fu introdotto dalla comunità di naturisti del Monte Verità, sopra Ascona.

La tradizione dell’albero di Natale (illustrata in modo dettagliato su wikipedia e di cui proponiamo una sintesi), risale almeno alla Germania del XVI secolo. Fra i primi riferimenti storici una cronaca di Brema del 1570, secondo cui un albero veniva decorato con mele, noci, datteri e fiori di carta.

La città di Riga è fra quelle che si proclamano sedi del primo albero di Natale della storia (vi si trova una targa scritta in otto lingue, secondo cui il “primo albero di capodanno” fu addobbato nella città nel 1510).

Per molto tempo, la tradizione dell’albero di Natale rimase tipica delle regioni a nord del Reno. Furono gli ufficiali prussiani, dopo il Congresso di Vienna, a contribuire alla sua diffusione negli anni successivi. A Vienna l’albero di Natale apparve nel 1816, per volere della principessa Henrietta von Nassau-Weilburg, ed in Francia nel 1840, introdotto dalla duchessa di Orleans.

Nei primi anni del Novecento gli alberi di Natale sono stati al centro di grande diffusione, diventando gradualmente e probabilmente il simbolo del Natale più conosciuto a livello planetario.

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